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Allarme della Federagenti sulle criticità del settore marittimo-portuale italiano ed europeo
Le previsioni - ha detto il presidente Luigi Negri - sono molto negative, soprattutto per i porti dell'alto Tirreno
22 maggio 2002
La relazione del presidente di Federagenti, Luigi Negri, all'assemblea generale della federazione, che si è svolta questa mattina a Roma, ha messo in evidenza i principali motivi di preoccupazione per lo sviluppo delle attività marittimo-portuali. Le difficoltà e i timori sono riferiti sia all'andamento del mercato dello shipping che alle azioni politiche attuate o progettate per regolare lo sviluppo del settore.
L'intervento di Negri, che pubblichiamo nella rubrica "Forum dello shipping e della logistica", sottolinea la drammaticità del settore del trasporto marittimo containerizzato, che deve fare fronte all'eccesso di offerta rispetto alla domanda. «Le previsioni in questo settore - ha detto il presidente di Federagenti - sono molto negative, soprattutto per i porti dell'alto Tirreno, e dobbiamo quindi aspettarci un lungo periodo di difficoltà perché questo trend inverta la sua tendenza». In ambito italiano Negri ha criticato l'operato dell'attuale governo che - ha precisato - «non sembra aver preso in considerazione il fatto che l'Italia, priva di risorse naturali, ha come sua unica grande fortuna il mare e la sua posizione strategica, che la rende quasi una piattaforma nel cuore del Mediterraneo verso l'Europa».
Anche il quadro normativo italiano ed europeo suscita apprensioni. In Italia - ha dichiarato Negri - la completa attuazione del processo di riforma dell'organizzazione portuale iniziato nel 1994 si scontra con l'applicazione della normativa «in realtà locali non del tutto omogenee per quanto riguarda sia particolarità strutturali degli scali sia diversi assetti organizzativi degli stessi. Ma pur in questa situazione di base molto diversificata occorre che tali regole trovino un'applicazione uniforme, per non vanificare un lavoro durato anni. E qui purtroppo sembra che le cose non vadano in questo senso». «Le norme che vietano la commistione fra le imprese ex art. 18 (imprese concessionarie), le imprese ex art. 16 (imprese portuali) e le organizzazioni di fornitura di manodopera (ex art. 17) - ha ricordato Negri - non sembra che siano applicate in modo coerente in tutti i porti italiani. Lo spirito della legge prevedeva che le imprese ex art. 16 aiutassero (sotto forma di appalto dei servizi o di segmenti del ciclo) le imprese concessionarie e titolari dell'intero ciclo portuale e che le imprese ex art. 17 fornissero manodopera sia alle imprese ex art. 16, sia alle imprese concessionarie ex art. 18, evitando in tal modo che fra esse vi fosse commistione o identità.
In molti porti italiani, seppure sotto forme diverse, un'unica impresa opera sia come concessionario, sia come impresa portuale di servizi, sia come fornitore di manodopera. Tutto ciò per affermare che l'omogeneità nell'applicazione delle norme è tutta da verificare e che vi sono interessi ben noti che tendono a non fare chiarezza per continuare a difendere privilegi consolidati».
Analoghe le problematiche a livello europeo. «Anche se la stessa nota proposta di direttiva europea sulla regolamentazione dei servizi e del lavoro nei porti - ha detto Negri - sul piano dei principi - fine dei monopoli e spazio alla libera concorrenza - sembra che trovi il generale consenso, le difficoltà nascono anche in questo caso al momento di tradurre tali principi in misure operative».
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