Come accade ciclicamente, questo è il tempo per i governi
di iniziare seriamente a pensare come raggranellare quattrini in
vista della definizione della nuova legge di bilancio. E come sempre
avviene di questi tempi, in questi giorni si parla di
privatizzazioni. A parlarne più o meno esplicitamente sono
membri del governo in carica o rappresentanti delle forze politiche
che ne fanno parte. Quando si tirano in ballo le privatizzazioni,
quando si ventila la cessione di beni pubblici, quasi sempre tra
questi ci sono i porti. Basta ricordare quanto è accaduto
solo un anno fa a seguito della proposta di privatizzarli buttata lì
dal vice presidente del Consiglio dei ministri, Antonio Tajani: qui
trovate alcuni articoli di
inforMARE
sull'ipotesi di privatizzazione degli scali portuali lanciata, come
sempre, quando la calura estiva stava per lasciare il passo a
temperature un pelo meno torride nei giorni
24,
24
e
30
di agosto e
1
e
6
di settembre.
Potevano queste proposizioni non essere rilanciate anche nel
2024? Quindi eccoci nuovamente a disquisire della privatizzazione
dei porti, un tema che di per sé dovrebbe essere affrontato,
se si ritiene necessario affrontarlo, in momenti più indicati
di questo. Giorni questi in cui, pur di fare cassa, si rischia di
assumere decisioni inopportune o del tutto sbagliate, come accaduto
ripetutamente in Italia e all'estero.
Sono questi i giorni in cui l'opposizione e le parti sociali
snocciolano i motivi per cui questo o quest'altro asset pubblico non
sono da vendere. È il turno, oggi, di Valentina Ghio,
vicepresidente PD alla Camera e componente Commissione Trasporti, la
quale denuncia che, «nel solo intento di fare cassa e tenere
in piedi una manovra che si preannuncia lacrime e sangue, il governo
sembra confermare, stando alle notizie di stampa, la privatizzazione
di Poste, Ferrovie e porti, quest'ultima non più proposta dal
solo ministro Tajani ma convalidata da dichiarazioni di MIT e
Ministero economia. Parliamo di privatizzazioni che incidono
direttamente sui cittadini o sulla protezione della nostra economia
e che sono ingiustificate e inaccettabili». Soffermandosi sui
porti, Ghio evidenzia che «la situazione è surreale: si
legge - spiega - che da una parte si pensa di aprire ai privati
seguendo il modello degli aeroporti e dall'altra di creare una
holding statale per il controllo dei porti che sarà quotata
in Borsa, nell'ambito dell'ennesimo annuncio di una riforma dei
porti che questa volta avrebbe come deadline la fine dell'anno.
Ancora una volta idee confuse sul tema della portualità,
sottoposta a continui cambi di impostazione, senza nessun percorso
concreto».
«Ad oggi - denuncia l'esponente del Partito Democratico -
la volontà del governo per rispondere alle richieste della
portualità è questa: privatizzazione degli scali e
holding quotata in Borsa per assumere le decisioni. Ossia con una
mano si privatizza e si prova ad accentrare, e con l'altra si
propone il quadro potenzialmente devastante dell'autonomia
differenziata, con i porti materia esclusiva delle regioni, che
parcellizzerà ancora di più pianificazione,
competitività e tutele negli scali italiani. Tutto l'opposto
di quanto chiesto da chi nel porto lavora».
Dopo l'opposizione, le parti sociali, con Uiltrasporti che
ribadisce «ancora una volta la nostra assoluta contrarietà
all'idea più volte emersa a mezzo stampa da parte di
esponenti del governo di privatizzare i porti italiani». «Fare
cassa su uno degli asset economici maggiormente strategici del
nostro Paese come quello dei porti - sottolineano il segretario
generale e il segretario nazionale del sindacato, Marco Verzari e
Giuliano Galluccio - sarebbe un gravissimo errore. I porti italiani
devono rimanere sotto l'egida pubblica per garantire una concorrenza
basata sulla trasparenza e sul rispetto delle regole a partire dal
contratto, un importante elemento di competitività del
settore per il quale inoltre auspichiamo si arrivi presto al
rinnovo».
«Gli spazi in concessione - proseguono Verzari e Galluccio
- debbono essere affidati sulla base della capacità degli
operatori di essere attrattivi in termini di traffico, e su una
selezione basata sull'efficacia ed efficienza organizzativa ed
operativa ed in base alla congruità degli organici. Il
governo - concludono i due segretari della Uiltrasporti - rinunci a
questo progetto di privatizzazione e dia risposte concrete al mondo
portuale italiano, a partire dal fondo di incentivazione all'esodo!
Abbiamo bisogno di mantenere ed esaltare il valore dell'impianto
regolatorio incentrato sul contesto pubblicistico perché
questo tipo di regolazione ha garantito lo sviluppo equilibrato dei
porti tra interesse pubblico, interessi privati e la tutela dei
lavoratori che sono una parte fondamentale della portualità».