L'associazione dei porti europei teme che la prossima
Commissione Europea, che dovrebbe entrare in carica a dicembre per
svolgere il suo mandato quinquennale sino al 2029 sotto la guida
della presidente Ursula von der Leyen, si appresti a definire
un'approfondita riforma del bilancio comunitario che prevederebbe
l'inserimento dei finanziamenti europei per i trasporti in un unico
piano di finanziamento per ciascun Stato membro, limitando la
gestione diretta dell'UE dei finanziamenti per i trasporti ai soli
grandi progetti transfrontalieri come Rail Baltica, il tunnel del
Fehmarnbelt o il collegamento ferroviario Lione-Torino.
L'European Sea Ports Organisation (ESPO) ha esortato la prossima
Commissione, piuttosto, a mantenere e potenziare l'attuale strumento
di finanziamento dedicato alle infrastrutture di trasporto europee,
denominato Connecting Europe Facility (CEF), e ad adattarlo meglio
alle esigenze dei porti e dei loro stakeholder. Secondo ESPO,
«questo strumento rappresenta l'unico modo efficace per
assicurare il completamento di una rete di trasporto europea
all'avanguardia, estesa e ben funzionante che funga da spina dorsale
e da facilitatore del mercato interno europeo. Una rete di trasporti
ben funzionante - ha evidenziato l'associazione - è
essenziale anche per rafforzare la resilienza dell'Europa e per
migliorare la sua preparazione in campo militare».
ESPO ha rilevato che «il piano della Commissione di far
rientrare gli investimenti per i trasporti e per i porti nei singoli
piani nazionali è in contrasto con la necessità di una
valutazione comune e di una maggiore pianificazione europea, come
indicato nella relazione Draghi. Se ESPO comprende che i singoli
piani nazionali dovranno soddisfare criteri rigorosi e seguire le
priorità dell'UE - ha rilevato l'associazione dei porti
europei - l'approccio previsto indebolisce il coordinamento europeo
delle infrastrutture in tutta Europa e rischia di compromettere la
parità di condizioni tra gli Stati membri. Infatti, un
approccio basato su dotazioni nazionali rischia di riportare la
politica dei trasporti agli anni '80, con priorità nazionali
e un mosaico di 27 Stati membri e di un numero ancora maggiore di
regioni. In assenza di stanziamenti sufficienti per i porti e per
importanti progetti che si svolgono in un contesto portuale (come
quelli relativi alla transizione energetica), i trasporti, e in
particolare gli investimenti portuali, rischiano di essere
trascurati nei singoli piani a favore di priorità
politicamente più interessanti».
«La fine dei finanziamenti CEF o di qualsiasi altro
analogo strumento di finanziamento delle infrastrutture di trasporto
- ha osservato ancora ESPO - significherebbe che i porti devono
rispettare i severi requisiti previsti nella nuova politica TEN-T
mentre affrontano una situazione in cui le opportunità di
finanziamento e la stabilità degli investimenti a lungo
termine sono messe a rischio e dipenderanno dalle priorità
(in divenire) dei governi nazionali (in divenire). Ciò non
favorirà il mantenimento di visioni coerenti lungo i corridoi
di trasporto che sono destinati a collegare le economie di
un'entità, l'Unione Europea, e ad aiutarla a competere con
altre potenze economiche globali».
«Inoltre - ha proseguito l'associazione - non bisogna
dimenticare che gli Stati membri hanno diverse strutture statali e
la gestione e la proprietà dei porti sono organizzate a
diversi livelli statali, il che ha conseguenze sulle condizioni e
sull'accessibilità ai finanziamenti dei porti. Inoltre,
collegando il finanziamento nazionale per i trasporti (e per i
porti) ad un programma di riforme in alcune (altre) aree, la
Commissione potrebbe innescare una condizionalità incrociata
che potrebbe mettere pericolosamente a rischio i progressi degli
investimenti dei porti, che non hanno alcuna responsabilità
né competenza per spingere per queste riforme». Secondo
ESPO, «qualsiasi piano futuro della Commissione dovrebbe
evitare che il finanziamento dei porti possa essere ostacolato dalla
mancata conformità delle riforme a livello di Stato membro».
«I porti europei - ha sottolineato ESPO - ritengono che i
piani e i progetti di investimento nei trasporti debbano essere
essenzialmente verificati in base alla loro conformità con le
priorità indicate nella politica TEN-T europea e debbano
essere prioritari sulla base del fatto del loro apporto di maggior
valore aggiunto all'UE».
Inoltre, l'associazione ha ricordato che se «i porti
(spesso) non sono entità “transfrontaliere” in
senso stretto, tuttavia hanno un impatto transfrontaliero cruciale.
Sono solitamente il punto di partenza delle operazioni intermodali
transfrontaliere e servono flussi di trasporto marittimo
transfrontalieri, il mercato locale in cui sono posizionati e anche
molti collegamenti transfrontalieri con l'hinterland. Pur essendo
importante - secondo ESPO - il fattore “transfrontaliero”
non deve essere percepito come l'unico indicatore di valore aggiunto
dell'UE. Il settore dei trasporti è un'industria di rete. Un
collegamento mancante o un'infrastruttura di trasporto poco
performante in una regione ha un impatto sull'intera rete e quindi
compromette il corretto funzionamento dell'economia e della società
europea. Viceversa, un porto ben funzionante garantisce la
connettività e apporta valore aggiunto ben oltre i confini
nazionali di un Paese. Come già affermato dalla Commissione
nel 2003, i collegamenti di trasporto sono le arterie del mercato
interno europeo. Se hanno prestazioni inferiori, le ha anche il
resto dell'economia. Se sono efficienti, ne traggono vantaggio tutti
gli altri settori. Ecco perché la politica e i finanziamenti
dei trasporti devono basarsi su un approccio europeo».
Evidenziando il ruolo del settore portuale europeo non solo per
l'economia dell'UE, ma anche per la decarbonizzazione del settore
marittimo, e ricordando che secondo il più recente studio
dell'ESPO sulla necessità degli investimenti nei porti,
questi sono quantificati in 80 miliardi di euro nei prossimi dieci anni
(
del 30
aprile 2024), l'associazione dei porti europei ha proposto sei
elementi che dovrebbero essere parte essenziale del prossimo
strumento per il finanziamento delle infrastrutture di trasporto
dell'UE affinché possa essere pienamente efficace. Secondo
ESPO, «dovrebbe riservare un bilancio per i porti assi più
consistente; dovrebbe assicurare che una parte dedicata e
sufficiente del bilancio sostenga quei progetti portuali che sono
cruciali dal punto di vista sociale e che possono aiutare i porti a
realizzare un'Europa verde, digitale, sicura e competitiva; dovrebbe
garantire che il criterio transfrontaliero in senso stretto non sia
una condizione sine qua non per ricevere finanziamenti; dovrebbe
assicurare maggiore trasparenza nella selezione dei progetti e sul
ruolo degli Stati membri in questo processo; dovrebbe strutturare le
“calls” per modalità, non per argomenti generali,
al fine di migliorare la chiarezza ed evitare sovrapposizioni di
ambiti; dovrebbe ridurre la complessità e gli oneri
amministrativi nei processi di inoltro delle domande».
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