Assicurare il libero accesso al mercato e imporre la trasparenza dei bilanci finanziari: sono i due punti cardine su cui si basa la proposta di direttiva della Commissione Europea sui servizi portuali. Il documento è stato illustrato oggi dal vicepresidente del governo comunitario, Loyola de Palacio, nel corso della visita al porto di Genova e nell'ambito della sua partecipazione al seminario sul "Port Package", che si è svolto nella sede dell'ente portuale a Palazzo San Giorgio.
Loyola de Palacio, che nella Commissione è responsabile dei settori Energia e Trasporti, ha sottolineato il ruolo fondamentale dei porti nel sistema intermodale e logistico europeo. Un ruolo che è stato riconosciuto ieri dal Parlamento e dal Consiglio UE con la definitiva approvazione del loro inserimento nelle reti di trasporto transeuropeo (inforMARE del 5 aprile 2001).
«Ma sulle banchine europee - ha detto il vicepresidente UE - non si possono mantenere situazioni di monopolio come quelle che esistono in alcuni porti». Né è accettabile - ha aggiunto parlando degli aiuti pubblici concessi ai porti - «che i livelli di trasparenza non siano sempre idonei a permettere di identificare i flussi dei finanziamenti». L'iniziativa della Commissione relativa ai servizi portuali è analoga - ha spiegato - «a quella che abbiamo fatto per i servizi aeroportuali», che ha introdotto criteri e norme di concorrenzialità ed ha contribuito al miglioramento delle attività di ground handling aeroportuali.
Presentando la proposta di direttiva (che inforMARE ha pubblicato nella rubrica "Forum dello Shipping e della Logistica") Loyola de Palacio, di fronte ai rappresentanti del mondo marittimo-portuale genovese, ha spiegato come il documento, che dovrà essere discusso nei prossimi mesi con le istituzioni governative, portuali e con gli operatori del settore, voglia essere una normativa rigorosa, ma anche realista. «In Europa - ha detto - non ci sono due porti uguali» e quindi, quando la nuova legge comunitaria sarà approvata dal Parlamento e dal Consiglio, sarà necessario calare il dettato della normativa nelle differenti realtà portuali. Non ci saranno ingerenze sulla forma di governo portuale scelta dalle nazioni UE: «la Commissione - ha sottolineato - non ha scelto di imboccare la strada di uniformare gli assetti delle proprietà portuali e gli Stati membri sono gli unici soggetti legittimati a deciderli».
Loyola de Palacio vuole però chiarezza, non solo dal punto di vista dei finanziamenti, ma anche negli atti amministrativi compiuti nei porti. «Non è possibile - ha spiegato - che un terminalista apprenda da un giornale alla mattina che un suo concorrente ha ottenuto una concessione e che non sia stato neppure informato dell'avvio delle procedure di aggiudicazione». Difficile per i presenti in sala, e tanto meno per il sornione Aldo Spinelli seduto in quarta fila, non ricollegare le parole del vicepresidente della Commissione con quanto avvenuto a Genova nelle scorse settimane, quando si è verificato il contestato subentro del gruppo Spinelli nella concessione del Genoa Terminal, alla fine accettato a denti stretti anche da chi aveva invocato l'avvio di una gara.
Sollecitata a definire una tempistica per il varo del provvedimento, il vicepresidente spagnolo ha detto che si dovrà agire rapidamente e che entro fine anno si potrà giungere ad una prima lettura.
L'iniziativa della Commissione è stata accolta con favore, ma con qualche puntualizzazione, dal governo italiano. «L'Italia è un paese che ha coraggio - ha detto il ministro dei Trasporti e della Navigazione, Pier Luigi Bersani, precisando però che «la nostra è sempre stata una linea di liberalizzazione senza traumi. Una liberalizzazione con elementi di realismo e di concretezza». Secondo Bersani, al termine dell'iter approvativo della proposta di direttiva, «avremo un prodotto non astratto, ma abbastanza adatto a noi».
Bersani ha tra l'altro ricordato la candidatura di Genova quale sede dell'agenzia europea sulla sicurezza marittima, che è contesa sinora - ha confermato la de Palacio - solo da Lisbona e dal Pireo.
Se a giudizio di David Whitehead, presidente dell'European Sea Ports Organisation (ESPO), le differenze tra i porti europei possono sparire in fretta anche con l'applicazione della nuova direttiva, meno ottimista si è dichiarato il giurista Sergio Maria Carbone, secondo cui il provvedimento «rischia di mettere in pericolo i risultati sinora raggiunti in Italia». Carbone ha detto che l'esperienza degli ultimi anni non ha dimostrato i supposti effetti negativi dell'attuale sistema dei servizi portuali, puntualizzando che semmai l'Unione Europea ha ampiamente riconosciuto il ruolo di interesse pubblico di alcuni servizi, mentre ora vuole introdurre solo concorrenza e interesse economico: si rischia - ha avvisato - «di creare un mercato selvaggio nei porti». Perplessità sono state espresse anche in merito alla durata eccessivamente breve delle concessioni, giudicando che la proposta di direttiva «assume toni di tipo espropriativo».
Se «la proposta di direttiva era un'esigenza ineludibile, la stessa direttiva rischia di far saltare la legge di riforma portuale italiana» ha affermato inoltre Francesco Nerli, presidente l'associazione degli scali italiani Assoporti, sostenendo che è inconcepibile introdurre la concorrenza in alcuni settori, tra cui quello dei servizi tecnico-nautici.
Concludendo il dibattito Loyola de Palacio ha detto che la soluzione migliore consisterebbe nel far sì che le autorità portuali non esercitino attività portuali e che la situazione italiana, sotto molti punti di vista, è la migliore. Ma il mondo portuale europeo presenta aspetti molto differenti: «nei paesi in cui le autorità portuali forniscono servizi - ha specificato - questo deve essere fatto almeno in modo trasparente».
Bruno Bellio
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