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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS | ANNO XVIII - Numero 6/2000 - GIUGNO 2000 |
Trasporto intermodale
Nuove prospettive per il trasporto intermodale in Europa
Poche persone oggi contestano l'affermazione secondo la quale
l'Europa ha bisogno di un sistema di trasporti maggiormente "sostenibile".
I cronici intasamenti stradali ne forniscono una testimonianza
quotidiana e quindi ora si riconosce che il semplice espediente
consistente nel costruire altre autostrade non rappresenta più
una soluzione ambientalmente accettabile a lungo termine.
Nel corso degli ultimi 10 anni, la Commissione Europea di Bruxelles
si è confrontata con questo problema dando impulso ad un
certo numero di iniziative, che sperava avrebbero contribuito
a liberalizzare il settore del trasporto merci ferroviario, togliendo
così dalle strade il traffico in eccesso. Sfortunatamente,
questi provvedimenti hanno avuto scarso successo e la quota di
mercato dell'autotrasporto ha continuato a crescere; tutto ciò,
peraltro - come vedremo tra breve - è destinato a cambiare,
Di converso, si stima che la quota delle ferrovie del mercato
intermodale complessivo nell'Unione Europea sia adesso scivolata
sino ad appena il 14%. Queste statistiche, peraltro, sono fuorvianti
poiché non tutte le distanze hanno i medesimi problemi.
Ad esempio, più del 96% di tutte le movimentazioni dell'autotrasporto
coprono distante inferiori ai 500 km (vale a dire, la distanza
- poniamo - da Rotterdam o Bremerhaven a Francoforte), mentre
oltre quel chilometraggio il trasporto ferroviario è predominante.
Inoltre, laddove solo il 20% circa delle movimentazioni ferroviarie
in genere copre distanze inferiori ai 500 km, la percentuale è
assai più alta nel Regno Unito ed in Germania. Ad esempio,
approssimativamente il 70% delle movimentazioni containerizzate
oltre i 150 km in Germania attualmente viaggiano via rotaia.
Anche qualsiasi confronto storico tra la ferrovia e la strada
è fuorviante, a causa del modo in cui il mercato stesso
è cambiato. Ad esempio, la creazione di un numero maggiore
di centri distributivi in prossimità della costa ha distorto
il mercato a favore del trasporto stradale, così come lo
ha fatto la crescente domanda di merci ad alto valore sensibili
ai tempi di viaggio.
Quali che siano i fatti, poca gente al giorno d'oggi spende parole
gentili circa la qualità del trasporto ferroviario in Europa,
compresi alcuni di coloro che concretamente forniscono i servizi
ferroviari: questa è un'altra ragione per cui la Commissione
Europea è determinata a rivoluzionare completamente il
proprio sistema ferroviario ed a renderlo maggiormente vicino
all'utenza.
Jean Paul Meunier, direttore della divisione logistica francese
della Elf Atochem, è uno dei più espliciti critici
delle ferrovie. Commenta infatti: "La Elf Atochem attualmente
trasporta annualmente per ferrovia in tutta l'Europa più
di due milioni di tonnellate di carichi alla rinfusa, oltre a
350.000 tonnellate di traffico intermodale, di modo che possiamo
essere considerati uno dei principali clienti del servizio, in
particolar modo in Francia. Ma potremmo fare molto di più,
se le ferrovie fossero maggiormente competitive. In primo luogo,
la nostra analisi in ordine alla puntualità mostra come
oltre il 10% delle nostre consegne complessive per ferrovia arrivino
ancora in ritardo, mentre via strada la cifra scende a meno del
2%. In secondo luogo, in molti casi le ferrovie non riescono proprio
a competere con la strada per quanto attiene ai prezzi".
La maggiore difficoltà che la Commissione Europea ha incontrato
nella propria crociata per la riforma ferroviaria è consistita
nel fatto che non tutti i paesi membri desiderano assistere ad
una conduzione dei propri mercati locali esclusivamente basata
sulle forze di mercato. Vi sono in gioco grandi questioni sociali.
La situazione è stata riassunta - in modo frustrante -
lo scorso anno dall'allora direttore dei trasporti terrestri della
Commissione Europea, Gunther Hanreich, allorquando aveva affermato:
"Nella nostra esperienza, dovunque siano stati introdotti
nell'Unione Europea mercati totalmente liberi, com'è avvenuto
nel settore dell'autotrasporto, l'incremento dell'innovazione
ha condotto ad una migliore qualità dei servizi ed a prezzi
inferiori".
Continua Hanreich: "Sfortunatamente, i maggiorenti del settore
non sono ancora stati in grado di convincere tutti i governi della
necessità di aprire l'accesso al sistema ferroviario comunitario
sulla medesima base". Non che la privatizzazione rappresenti
la soluzione definitiva, com'è testimoniato dagli eventi
occorsi nel Regno Unito. Oltre alle questioni inerenti all'efficienza,
occorre rammentare che la Railtrack - la società privatizzata
che gestisce le infrastrutture - ha recentemente chiarito di non
considerare il trasporto merci intermodale una fonte di profitto
sufficiente. Se il governo del Regno Unito desidera ripulire l'ambiente
dovrà, perciò, pagare per questo ovvero rendere
meno allettante il trasporto stradale.
Ma, con una mossa a sorpresa alla fine del 1999, tutti i ministri
dei trasporti dell'Unione Europea hanno concordato una soluzione
di compromesso che riguarda le prospettive di un reale progresso
nel breve-medio termine. L'ingrediente essenziale di questo compromesso
consiste nel fatto che - anche se gli stati membri potranno continuare
a proteggere i propri mercati ferroviari locali - sarà
accettata la libera concorrenza internazionale in ordine ai traffici
transfrontalieri, fatti salvi i controlli affinché essa
avvenga in modo sicuro e responsabile.
Al fine di mettere concretamente in atto questa politica, le
attuali direttive in materia ferroviaria 440/91/CEE, 18/95/CE
e 19/95/CE dovrebbero essere sostanzialmente rivisitate allo scopo
di istituire una TERFN (Rete TransEuropea Trasporto Merci Ferroviario)
aperta ad una libera e leale concorrenza di società ferroviarie
"autorizzate" a tariffe maggiormente concorrenziali.
La rete comprenderà i principali terminali e porti e dovrebbe
divenire progressivamente effettiva nel corso dei prossimi due
anni.
Tuttavia, come si sottolineerà in seguito, il difficile
percorso finalizzato a rendere maggiormente concorrenziale il
sistema ferroviario europeo dipende anche da altri fattori operativi.
Un problema spinoso in merito alle attuali direttive in materia
ferroviaria consiste nel fatto che, sebbene esse fossero già
mirate alla creazione di un piano livellato in termini di concorrenza
locale, i nuovi arrivati non hanno sempre avuto la certezza di
un trattamento eguale. In altre parole, i sospetti di protezionismo
nazionale e di tariffazioni sleali restano tanti.
Ai sensi del nuovo sistema, pertanto, le autorità nazionali
che gestiscono le infrastrutture ferroviarie, le quali dovrebbero
essersi già separate dalle proprie rispettive società
ferroviarie nazionali, dovranno in futuro separarsi in modo ancor
più netto. Esse potranno continuare ad essere di proprietà
statale, ma dovranno conservare una contabilità profitti
e perdite nonché bilanci distinti, eliminando così
il pericolo che una parte protegga l'altra attraverso una fornitura
incrociata di servizi (tra cui i servizi passeggeri).
Al fine di rendere il sistema maggiormente concorrenziale, è
stato altresì concordato che gli oneri di accesso ai binari
di ciascun paese siano fondati solamente sui costi marginali,
cioè quei prezzi cui si va incontro direttamente in conseguenza
dell'effettuazione del servizio ferroviario. Si possono applicare
anche prezzi più elevati, ma solo nel caso si riconosca
che il mercato se li possa permettere.
Infine, l'accesso alla TERFN dev'essere concesso singolarmente
a tutte le iniziative ferroviarie regolarmente autorizzate di
ogni stato membro in modo assicurare l'eguale trattamento. La
definizione di "soggetto regolarmente autorizzato" dev'essere
ancora chiarita del tutto.
Secondo Johan ter Poorten, dirigente affari pubblici internazionali
della Railion, la seconda società ferroviaria europea in
ordine di grandezza, se tutto dovesse andare secondo i piani,
questi nuovi provvedimenti dovrebbero essere approvati dal parlamento
europeo entro la fine dell'anno. Dopo di che, potrebbero volerci
altri due anni prima che essi entrino effettivamente in vigore
ai sensi della normativa di ciascuno stato membro.
Il percorso per il pieno successo delle ferrovie europee, tuttavia,
non sarà determinato tanto da questa tabella oraria, quanto
da quella richiesta ai fini del miglioramento del sistema delle
rotaie stesso.
Spiega Ed Smulders, direttore della Railion: "E' facile criticare
le grandi società ferroviarie nazionali perché non
riescono a fornire in modo esauriente un buon servizio: non si
dovrebbe dimenticare, però, che alcune delle nostre difficoltà
sono al di fuori del nostro controllo. Ai servizi passeggeri,
ad esempio, viene quasi sempre garantita la priorità di
accesso ai binari, di modo che se i loro servizi sono in ritardo
anche i nostri fanno la stessa fine e, in relazione ad alcuni
binari, non vi è proprio abbastanza capacità per
far fronte alla domanda. Il sistema nazionale di ogni paese è
pieno di colli di bottiglia".
In ordine alle movimentazioni transfrontaliere, esiste l'ulteriore
complicazione della scarsa "interoperabilità"
tra sistemi ferroviari (per quanto attiene ai binari) di paesi
vicini. Solo la Germania, l'Austria e la Svizzera (che non fa
parte dell'Unione Europea), ad esempio, hanno esigenze di voltaggio
comuni e tutti quanti hanno ciascuno un proprio sistema di segnalamento
elettronico. Di conseguenza, solamente convogli specificamente
adattati, quali quelli che attualmente viaggiano da Anversa a
Rotterdam, possono passare in tutta sicurezza da un sistema nazionale
all'altro e - anche in questo caso - i loro macchinisti bilingui
debbono essere qualificati alla conduzione in entrambi i paesi.
Negli altri casi, occorre tuttora procedere al cambio del locomotore
alla frontiera. A complicare ulteriormente le cose, in Spagna
e nella maggior parte dell'Europa Orientale esistono scartamenti
diversi.
La Commissione Europea è - naturalmente - pienamente consapevole
di tutti questi problemi e così le è stato chiesto
di predisporre una direttiva finalizzata al miglioramento dell'interoperabilità
della rete ferroviaria di ciascuno stato membro. Ci vorranno,
d'altro canto, molti anni prima di arrivare ad un simile risultato,
ma almeno qualcosa è stato iniziato. Nel frattempo, si
riconosce che la capacità della TERFN potrebbe già
essere notevolmente incrementata mediante l'eliminazione di certi
colli di bottiglia-chiave e ai fini di tale progetto sono stati
accantonati 200 milioni di euro.
Ma, per quanto riguarda i vettori marittimi, dove porta tutto
ciò? Per farla semplice, se il trasporto ferroviario in
tutta l'Europa crescesse come deve, ciò potrebbe annunciare
l'alba di una nuova era nel trasporto da porta a porta per gli
armatori, dal momento che - a differenza dell'autotrasporto -
il trasporto ferroviario dei carichi marittimi è ancora
controllato in modo preponderante dai vettori. Al contrario, il
predominio dell'autotrasporto controllato dalla merce sulle medie
distanze potrebbe cominciare a declinare, venendo sostituito da
un maggior numero di servizi basati su centri di snodo.
Ciò non vuol necessariamente significare che un numero
maggiore di treni-blocco sarà controllato dai vettori marittimi
stessi; vorrà dire solamente che per loro sarà più
facile - rispetto ai singoli clienti che essi servono - riuscire
a riempire i treni in questione. I treni-blocco sono come le navi
e devono essere pagati che vengano utilizzati o meno, il che favorisce
così i movimentatori di grandi volumi.
Questo è stato uno dei principi di fondazione dello ERS
(Navetta Ferroviaria Europea), un consorzio fondato sulla ferrovia
con sede a Rotterdam che in origine era stato costituito dalla
Maersk, dalla Sea-Land (ora Maersk-SeaLand) e dalla P&O Nedlloyd
al fine di trasportare i carichi appartenenti a quelle linee di
navigazione. Lo scorso anno la società ha movimentato circa
220.000 TEU, con un aumento del 49% rispetto al 1998. Tanto per
chiarire, lo ERS in realtà non possiede alcun treno né
carro ferroviario, ma li affitta solamente per conto dei suoi
soci, che ora si dividono gli spazi su base paritaria (al 50%).
I principali servizi dello ERS spaziano da Rotterdam alla Germania,
all'Italia ed al Belgio.
La maggior parte degli altri vettori per lo più condividono
lo spazio su treni-blocco concorrenti organizzati da fornitori
di servizio diversi. Un certo numero di tali operatori si sta
già attrezzando per trarre vantaggio dai nuovi regolamenti.
La svizzera ICF (Intercontainer-Interfrigo), ad esempio, ha chiarito
che entro breve chiederà una concessione quale operatore
TERFN. La società sta attualmente preparando le carte finalizzate
a tale richiesta in Belgio.
La ICF è uno dei più grandi operatori di trasporto
merci ferroviario d'Europa, avendo trasportato 500.000 TEU nel
1999. Sono stati altresì trasportati altri 500.000 TEU
di traffico intra-europeo puro. Fino adesso, gli oneri di accesso
ai binari dell'ICF hanno dovuto per lo più essere negoziati
in qualità di parte integrante dei prezzi applicati dalle
società ferroviarie nazionali di cui essa si serve, e cioè
la DB (Deutsche Bahn) in Germania e la NS Cargo (ora Railion)
in Olanda per quanto attiene le movimentazioni da Rotterdam alla
Germania.
René Hellinghausen, presidente della società, commenta:
"Il vantaggio del nuovo sistema ferroviario sta nel fatto
che, una volta assicurataci la concessione, non saremo più
costretti a limitarci a contrattare con la società ferroviaria
nazionale di ciascun paese - anche se potremmo scegliere di fare
così - mentre saremo altresì in condizione di negoziare
i nostri oneri relativi alle infrastrutture".
Continua Hellinghausen: "L'unico problema è che non
potremo essere sempre sicuri che i prezzi relativi al nostro accesso
ai binari siano inferiori a quelli che pagavamo prima. Ciò,
perché fino ad ora ci è stato spesso chiesto dai
nostri fornitori di servizio di pagare solamente una somma cumulativa
per binari e trazione". La capacità nel riuscire a
mettere in gara due o più fornitori di trazione, tuttavia,
potrebbe in futuro contribuire a risolvere tale problema.
Peraltro, le società ferroviarie nazionali stanno già
iniziando a sgomitare per guadagnare posizioni. Anche se in passato
alcune di loro avevano sostenuto che gli elevati oneri di accesso
erano stati in parte responsabili delle tariffe ferroviarie poco
concorrenziali, ora le cose sembrano non stare più così.
Il ministro francese dei trasporti Hubert du Mesnil, ad esempio,
ha recentemente affermato che la sua società ferroviaria
nazionale, la SNCF, attualmente non paga assolutamente alcun onere
di accesso ai binari. E in Olanda sembrava che la NS Cargo fosse
- sino all'inizio di quest'anno - nella medesima posizione.
Commenta Smulders: "Sfortunatamente, non è stato
ancora istituito alcun sistema tariffario uniforme. Attualmente,
noi dobbiamo pagare gli oneri più alti in Germania. Ciò
che ora Bruxelles deve istituire è un sistema comune di
prezzi che elimini la concorrenza tra i porti. Ma, a prescindere
dal livello concordato per tali prezzi, non ne consegue necessariamente
che tutti i vantaggi dovranno essere automaticamente trasferiti
ai clienti, perché nessuno di noi sta ancora traendo ricavi
da ciò".
Qualsiasi cosa accada in futuro, la ICF ammette che dovrà
essere più scaltra sui prezzi di trasporto transfrontaliero
dal momento che si trova a dover affrontare la crescente concorrenza
da parte di altri operatori, quale la TFGI (Transfracht International),
che in origine erano stati costituiti allo scopo di concorrere
solamente nei propri mercati locali.
La TFGI, con sede a Magonza in Germania, è una consociata
interamente partecipata della DB (Deutsche Bahn) Cargo. Nel 1999,
essa ha trasportato più di 630.000 TEU di carichi marittimi,
il che rappresenta un incremento del 14% rispetto al 1998. Il
40% circa di questi carichi è stato trasportato sul servizio
Albatross Express della società che ogni giorno effettua
circa 21 treni notturni da e per Amburgo e Bremerhaven (vale a
dire, con partenza alla sera ed arrivo al mattino).
La TGFI deve ancora chiarire le proprie intenzioni in ordine
a che cosa succederà una volta che saranno entrati in vigore
i regolamenti dell'Unione Europea, ma già lo scorso anno
essa aveva annunciato un modo di pensare diverso allorquando era
stato inaugurato un nuovo servizio da Rotterdam a Colonia per
mezzo della Short Lines e della HGK (Hafen und Guterverkehr Koln
AG). Nessuna di queste società ha nulla a che fare con
la DB Cargo, società-madre della TFGI.
Sebbene le preferenze della TFGI e della ICF le pongano in diretta
concorrenza, esse talvolta condividono ache gli spazi su treni-blocco
effettuati congiuntamente, più o meno nello stesso modo
in cui i consorzi marittimi condividono gli spazi sulle rispettive
navi.
Ad esempio, i loro equivalenti in Belgio e Francia, rispettivamente
la IFB (Inter Ferry Boats) e la CNC, effettuano un certo numero
di convogli congiunti dal Belgio alla Francia (oltre ad avere
una comune partecipazione azionaria del 10% ciascuna nell'altra
società). Lo scorso anno la IFB ha movimentato un totale
di 347.747 TEU (traffico intra-europeo puro compreso). Sebbene
ciò rappresenti un incremento del 67% rispetto al 1998,
la cifra comprende 66.802 TEU di traffico in precedenza trasportato
dalla TFGI per la Sea-Land da Anversa a Rotterdam.
Inoltre, la IFB, la CNC, lo ERS e la Railion lavorano tutte insieme
nell'ambito dell'organizzazione denominata NEN (Rete Nord Europea),
che effettua servizi transfrontalieri attraverso il centro di
snodo terminalistico centro-europeo di Muizen, in Belgio.
Mentre tutti questi operatori si contendono l'attività
relativa al trasporto marittimo, le grandi società ferroviarie
nazionali che stanno dietro di loro allo stesso modo si stanno
dando da fare per guadagnare una buona posizione in vista di una
nuova era. Agli occhi di molti, la formale costituzione della
Railion all'inizio di quest'anno, che ha messo assieme la tedesca
DB cargo e l'olandese NS Cargo, è appena un assaggio delle
grandi cose a venire.
Ragiona Smulders: "In ragione della impellente necessità
di diventare maggiormente competitivi, sono convinto che un ulteriore
consolidamento nell'ambito del settore ferroviario sia inevitabile,
portando forse alla creazione di solo quattro-cinque grossi soggetti
in futuro". Si sa già che la Railion ha parlato con
la DSB (società delle ferrovie nazionali danesi) in ordine
alla fusione di una parte delle proprie attività, mentre
si dice che la FS (Ferrovie dello Stato italiane) sia prossima
a concludere un accordo operativo congiunto con la sua controparte
svizzera (SBB).
Qualsiasi cosa si possa pensare circa tali fusioni in termini
di riduzione delle scelta da parte del cliente, esse in realtà
offrono notevoli vantaggi transfrontalieri che potrebbero svuotare
di significato o alternativamente supportare gran parte di ciò
che Bruxelles sta cercando di conseguire. Ad esempio, la Railion
ha già introdotto in servizio 10 locomotori diesel-elettrici
con equipaggio bilingue in grado di passare senza problemi dall'Olanda
alla Germania. Altri 400 treni, molti dei quali saranno del tipo
multi-voltaggio, dovrebbero essere consegnati nei prossimi cinque
anni. Sebbene non facciano ancora parte di nessun importante consorzio
internazionale, i francesi hanno ordinato locomotori simili per
uso proprio.
Col tempo, i clienti saranno altresì in grado di trarre
vantaggi da un unico sistema informatico al fine di gestire cose
quali il tracking, la fatturazione e la disponibilità delle
attrezzature.
Anche le alleanze transfrontaliere offrono l'opportunità
di ridurre i costi di riposizionamento delle attrezzature vuote.
Gli armatori non sono i soli operatori a dover affrontare il problema
dell'avere l'equipaggiamento sbagliato nel momento sbagliato
Spiega Smulders: "Quando la NS Cargo si serviva del proprio
equipaggiamento, spesso ci trovavamo a dover pagare il riposizionamento
dei locomotori e dei trailers dalle zone di elevata domanda di
importazione alle zone ad elevata domanda di esportazione. Ora
che la società fa parte di un'organizzazione molto più
grande, abbiamo maggiori opportunità di reperire carichi
di ritorno in modo più conveniente".
Continua Smulders: "In tal modo, si migliora notevolmente
l'utilizzazione dei carri. Noi eravamo soliti avere alcuni carri
che percorrevano solamente 14.000 km all'anno. Questo è
solo uno dei modi in cui le società ferroviarie come noi
debbono razionalizzare le proprie attività".
Il vantaggio forse più grande di queste mega-fusioni,
peraltro, sta nel fatto che - nell'attesa che Bruxelles metta
assieme le sue leggi - in questo modo si fornisce ai clienti un
punto di contatto che dovrebbe essere in grado di offrire loro
migliori collegamenti ed un livello molto più elevato di
assistenza alla clientela. Spiega Smulders: "Il cambio del
locomotore alla frontiera, ad esempio, non è davvero un
problema per noi: lo si può fare in 20 minuti. Il vero
problema consiste nell'assicurare che il macchinista ed il mezzo
siano puntuali alla coincidenza".
In conclusione, sia in ragione di tali iniziative di razionalizzazione,
sia attraverso le nuove direttive della Commissione Europea in
materia di attraversamenti transfrontalieri ferroviari, il sistema
ferroviario europeo sembra in procinto di migliorare e potrebbe
di nuovo diventare una parte importante della catena dell'offerta.
I tempi per tale realizzazione potrebbero non essere immediati,
ma nemmeno così distanti da poterne ignorare le conseguenze.
E sono conseguenze importanti.
(da: Containerisation International, maggio 2000)
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