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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS | ANNO XIX - Numero 4/2001 - APRILE 2001 |
Trasporto intermodale
Una nuova generazione
Il mercato dei trasporti si sta evolvendo, con tutta una nuova
generazione di operatori che ama fare sperimentazioni di carattere
più multimodale tra linee di navigazione, ferrovie e strada.
In qualità di gigante indiscusso dello shipping di containers,
la Maersk Sealand dispone di una zona di copertura talmente vasta
che gli altri spedizionieri possono solo sognarsela.
Con 325 uffici in tutto il mondo e un numero incredibile di imprese
partner, che offrono servizi relativi al trasporto (dalla riparazione
dei containers alle operazioni intermodali), nonché un
gruppo di base che effettua operazioni portuali e costruzioni
navali, che cosa resta da conquistare al colosso danese?
"La nostra copertura globale in termini di Paesi serviti
è molto completa", dice Jesper Kjaedegaard, dirigente
capo operativo della Maersk Sealand. "Comunque, ci siamo
proposti di crescere ancora e di tappare i buchi nella nostra
offerta; ad esempio siamo deboli in alcuni tipi di servizi, come
nelle connessioni ferroviarie e intermodali in Nazioni particolari.
Abbiamo intenzione anche di rafforzare e potenziare la nostra
copertura globale dei mercati mondiali".
"Non escluderei ulteriori acquisizioni, ma siamo interessati
soprattutto a proposte di affari allettanti. Non vogliamo acquistare
solo per il gusto di accrescere la nostra quota di mercato".
"Al momento non abbiamo intenzione però di cambiare
il marchio Safmarine acquisito lo scorso anno. È un affare
molto rispettato e molto redditizio".
Sebbene la Maersk Sealand abbia deciso di allearsi con la Safmarine
per offrire dei servizi, Kjaedegaard ha confermato che il gigante
danese non crede più nell'utilità di avere un partner
globale al di fuori del gruppo come in passato.
"La Maersk Sealand è grande quanto la Grand Alliance
e più voluminosa della New World Alliance", spiega.
"Possiamo soddisfare le richieste dei clienti senza dover
consultare nessun partner, e ciò significa che possiamo
reagire velocemente e venire incontro ai loro desideri in maniera
dinamica".
"Per di più, se fai parte di un network unito e ampio,
sei molto vulnerabile. Un partner deve comandare l'altro e tutti
i servizi hanno bisogno di essere ridefiniti".
"Infine, il successo in qualunque partnership globale dipende
dall'avere un partner di uguali dimensioni, che la Maersk non
riesce attualmente a trovare (perché non esiste)".
Il lato negativo di un'organizzazione di questo tipo è
che, naturalmente, si generi del potenziale caos amministrativo.
Il vettore oceanico risolve il problema dando autonomia a ciascuno
dei suoi uffici nella scelta e nell'amministrazione delle società
locali affiliate.
Un principio simile è applicato dall'AP Møller Group
al suo interno. "Ogni divisione (come la Maersk Sealand,
la Maersk Logistics, la Maersk Ports, il parco navale Odense Steel
e la Maersk Container Industry) ha una propria individualità
e una propria gestione autonoma, e ognuna deve raggiungere un
preciso e cospicuo target finanziario", spiega Kjaedegaard.
"Le divisioni non devono rispettare le gerarchie della capogruppo
in merito alla scelta dei fornitori o quant'altro. Ad esempio
la Maersk Logistics può, e poi effettivamente lo fa, scegliere
di utilizzare dei fornitori diversi dalla Maersk Sealand".
Il vettore, a sua volta, non è obbligato a ordinare le
proprie navi dall'azienda Odense Steel o a fare scalo ai porti
Maersk. Quale fornitore di un'altra divisione del gruppo, ci si
aspetta che ognuna offra prezzi competitivi per vincere il contratto.
Ugualmente, se una divisione ha una qualche capacità di
risparmiare, cercherà di attirare altri clienti a investire
nel capitale accresciuto, ottimizzando così i suoi beni.
La compagnia di navigazione con sede a Singapore APL è
un altro attore di primo piano, che separa in modo netto gli affari
puramente logistici da quelli relativi al trasporto oceanico.
La chiave del successo sta nell'informazione
David Appleton, vice presidente della APL Europe sezione vendite
e marketing, crede che il trasporto non riguardi più scelte
in merito a navi e carichi, ma soprattutto informazione.
Così, se l'informazione - per lungo tempo considerata appannaggio
dei fornitori di logistica - è ora il servizio "core"
per i vettori, che differenza ci sarà più tra i
businesses di trasporto e quelli di logistica?
"Ci saranno sempre somiglianze tra i due; molte delle compagnie
globali che operano attualmente posseggono anche compagnie di
logistica, così sono in grado di offrire dei servizi in
più ai clienti qualora essi lo richiedano", spiega
Appleton.
"La Logistics sta per fornire una soluzione completa per
quanto concerne la catena dell'offerta ai consumatori, e questi
ultimi sono liberi di scegliere o non scegliere se utilizzare
la compagnia di navigazione che viene loro offerta dall'impresa.
Stiamo già proponendo delle soluzioni, ma sempre all'interno
del nostro network intermodale", dice Appleton.
Una delle chiavi del successo per la nuova generazione è
come sceglieranno di fornire la gamma di soluzioni intermodali:
la APL, per fare un esempio, opera con propri beni solamente nel
settore marittimo, e sceglie di esternalizzare il trasporto stradale
e quello ferroviario.
"Ma è un vero e propriop servizio intermodale door-to-door;
non si deve possedere il bene per poter fornire il servizio",
sottolinea Appleton. Il suo capo, Ken Bloch Sørensen, ribadisce:
"outsourcing but controlling"; questo, sottolinea Appleton,
implica che la APL lavori in modo molto ravvicinato con i suoi
partners per assicurare che i servizi siano completamente integrati
nella catena intermodale.
Piuttosto che investire in beni non strettamente marittimi, la
APL ha scelto di sviluppare la sua rete di servizi, espandendo
il già forte orientamento verso l'Asia e il Pacifico ereditato
dalla fusione di Neptune Orient Lines e di American President
Lines. Un gap nei commerci transatlantici è stato prontamente
riempito, con l'offerta del nuovo servizio pendulum della APL,
che partecipa ai servizi della New World Alliance, e ha messo
in condizioni l'impresa di lavorare fianco a fianco con la Maersk
Sealand. Il prossimo gap da risolvere, nell'opinione di Appleton,
è nei traffici intraeuropei, dove bisogna combattere anche
i servizi, qualitativamente alti, dei Mediterranei e degli Scandinavi.
"Servizio" è la parola magica finché si
tratta di APL. "Vogliamo essere la compagnia di navigazione
con cui sia più facile fare affari", dice Appleton.
La APL persegue i suoi scopi in una varietà di modi diversi:
numerosi servizi on-the-water, espansione del suo proprio network
di uffici e interrealzioni, e, ancora più importante, un'enfasi
tremenda posta sui servizi Internet-based.
Dal suo punto di vista la APL consegna tutta la sua gamma di servizi
al cliente attraverso i prodotti della Homeport. Essa è
un membro estremamente attivo dell'iniziativa GTN, una piattaforma
neutrale che offrirà agli spedizionieri l'opportunità
di smistare il trasporto da uno qualsiasi dei nove vettori membri.
Le due opzioni permetteranno ai clienti di scegliere quale soluzione
meglio loro si addice di volta in volta, dice Appleton.
Fornire una vasta gamma di possibili soluzioni è stato
anche un punto di forza della NYK Line, per la quale il container
shipping altro non è che uno dei tanti aspetti del completo
portafoglio di servizi offerti, spiega James Kirsop, vice amministratore
delegato della NYK Line Europe.
Kirsop dice che la NYK è la maggiore compagnia di navigazione
al mondo, contando la flotta a disposizione del gruppo che spazia
dagli svariati mezzi per la movimentazione a banchina fino alle
navi container di grandi dimensioni.
Il network della NYK comprende anche compagnie di logistica, il
trasporto aereo e le operazioni di trasporto a terra, ma piuttosto
di sottolineare l'indipendenza del suo range di affari, la NYK
tende a volerli tutti integrare l'uno coll'altro.
"Finché tutti i servizi offerti dalla compagnia sono
integrati l'uno con l'altro e si ragiona in un'ottica comune e
seguendo piani e direttive simili, magari elaborati in periodici
meeting dei vertici, si riuscirà a rendere il gruppo più
coeso, unito e forte", dice Kirsop.
Questo approccio è il cuore della filosofia della compagnia
NYK, e chiaramente emerge anche dal marchio della NYK: "NYK
Global Logistics and Megacarrier".
"Il nostro obiettivo è essere una compagnia completa
in quanto a forniture di servizi per i maggiori spedizionieri
mondiali, cosicché non sentano il bisogno di fare affari
con qualcun altro. Una multinazionale che produce automobili,
ad esempio, potrebbe importare acciaio sui nostri vettori per
rinfuse, componenti attraverso le nostre linee containers e altre
parti più urgenti con la nostra compagnia di navigazione,
con l'impiego di tutta la nostra catena di offerta coordinata
dall'alto dal nostro braccio logistico", spiega Korsop.
La NYK evidentemente punta su economie di scala e sinergie che
riesce a creare mediante il suo vasto business bloc. Invece, un'altra
multinazionale ha scelto un approccio diverso. La Canadian Pacific,
la conglomerata fuoriuscita dalla storica Canadian Pacific Railway,
che opera in diversi settori dallo shipping all'estrazione mineraria,
sta per dividersi in cinque imprese ben distinte.
Gli azionisti della compagnia saranno chiamati, dopo il piano
di ristrutturazione annunciato a Febbraio, a scegliere in quale
delle cinque aziende differenti investire le proprie azioni. Ogni
nuova nata sarà trattata come singola entità separata,
e avrà il suo proprio e specifico "core" business.
Per le due imprese di trasporto all'interno del gruppo - CP Ships
e Canadian Pacific Railways - questo significherà irrimediabilmente
un allontanamento definitivo dallo sfruttamento di potenziali
sinergie operative, di possibili servizi congiunti e l'assenza
di un operatore superiore che controlli e aiuti le aziende con
l'offerta di servizi integrati tra mare e terra.
Ray Miles, capo del settore operativo della CP Ships, ha escluso
ogni possibilità di breve periodo di emergere, per questo
tipo di compagnia, dalla Canadian Pacific. Comunque, come Appleton,
egli sottolinea il fatto che la frammentazione che sta avvenendo
nel gruppo non preclude ogni possibilità di svolgere efficienti
operazioni comuni, e ha sottolineato che la vicinanza tra la CP
Ships e la CPR - in effetti è più esatto dire tra
la CPS Ships e qualunque altro possibile alleato operativo - non
sarà in nessun modo affetto dalla transizione verso l'indipendenza.
"Abbiamo ancora in corso degli accordi di lungo termine con
la CPR e un'ampia gamma di altre compagnie che non saranno per
niente toccate dalla disaggregazione in atto", dice Miles.
Le compagnie della Canadian Pacific sono da sempre state gestite
quali entità indipendenti, dice lo stesso Miles, e le esistenti
relazioni riflettono in toto i piani d'azione elaborati dalle
dirigenze nel passato, sempre in quest'ottica globale.
Fin dall'inizio - "quando c'erano solo due navi e mezzo",
ama dire Miles - nei primi anni Novanta, il gruppo CP Ships è
cresciuto e ha acquisito una serie di marchi della navigazione,
tanto che adesso si trova a pieno titolo tra i primi sette operatori
containers al mondo per grandezza, e addirittura è il leader
nei traffici con il Nord America. La compagnia attualmente possiede
una flotta di 80 navi e nel 2000 ha toccato quota un milione e
ottocentomila Teus, ricavando ben oltre 164 milioni di dollari
USA (179 milioni di Euro).
"Guardiamo al futuro con molta fiducia", dice Miles.
"Veniamo da anni di straordinari successi in termini di performances
finanziarie, siamo in un solido e forte clima di affari e stiamo
perseguendo strategie chiare e definite".
Questi cambiamenti, nell'opinione di Miles, non faranno altro
che dare alla CP Ships nuove opportunità per perseguire
crescita e sviluppo dei propri affari. Con piena indipendenza
dalla propria compagnia madre, la CP Ships avrà la libertà
di cercare di raggiungere nuovi obiettivi e sfruttare al meglio
nuove opportunità a mano a mano che queste ultime si presenteranno.
"Avremo certamente la possibilità di tessere rapporti
con compagnie con cui in passato non riuscivamo nemmeno a trattare",
dice Miles. L'indipendenza assicurerà che le nuove opportunità
saranno valutate puramente sulla loro convenienza e coerenza con
la linea di azione della CP Ships, mutevole di giorno in giorno.
Questa è una strada che ha già portato al successo
un partner della CP Ships, la compagnia Messicana Grupo TMM. Prima
operatore marittimo, la TMM, a causa dei patterns di trade modificatisi
nel suo mercato domestico, si è allontanata dallo shipping
di containers per concentrarsi interamente sul potenziale della
ferrovia.
Nel 2000, la compagnia messicana, infatti, vendette le sue operazioni
su linee di navigazione alla CP Ships, già a suo tempo
partner della TMM. I capitali ricavati da questa vendita furono
poi investiti nelle ferrovie, sfruttando il processo di privatizzazione
allora in atto in Messico, dove l'impresa vinse la concessione
di operare sul network ferroviario che connetteva il Messico agli
USA.
Da quel momento in poi, spiega Brad Skinner, vice Presidente senior
del Grupo TMM, il volume di affari ferroviario della compagnia
(TFM) è cresciuto ad un tasso sorprendentemente elevato,
sia in termini di entrate che di unità di carico. Parte
di questo successo deve certamente ricercarsi nel boom dell'economia
messicana innescato dal NAFTA, ma comunque è una testimonianza
del successo della TFM, che ha avuto il coraggio di cambiare radicalmente
settore e di dare fiducia al trasporto merci ferroviario a danno
dello stradale.
"L'anno scorso, l'economia messicana è cresciuta ad
un tasso del 20%, e la TFM, invece, del 23%", puntualizza
Skinner. Ci si aspetta che i flussi di cassa per il 2001 tocchino
quota 300 milioni di dollari americani, incluso un margine operativo
del 27%. Ci si aspetta che la situazione migliori ancora, con
almeno altri 10 anni di ulteriore crescita attesa in linea con
le previsioni di sviluppo dell'economia messicana.
Il futuro è brillante, afferma Skinner, anche perché
queste statistiche riflettono solo il 13% del scarico complessivo
che viaggia tra Messico e USA. Non tutto è containerizzato,
o è categorizzabile come intermodale: circa 50 anni di
resistenza da parte delle ferrovie messicane hanno praticamente
ucciso l'intermodalità in Messico, precisa Skinner.
Per riuscire a riportare una quota significativa delle spedizioni
di nuovo sulla ferrovia e così sfruttare appieno l'intermodalità,
la TFM intende revisionare innanzitutto l'intero sistema, con
servizi a basso livello di tecnologia, ma vitali, quali aree di
stoccaggio sicure per prevenire furti di merci e nuovi materiali
rotabili e locomotive per accrescere l'efficienza di costo, e
poi accelerare l'intero network. In un secondo momento si introdurranno
servizi di tipo più culturale, da un lato con un training
del personale adeguato e dall'altro con un programma biennale
per installare le nuove tecnologie.
Installati i nuovi sistemi per rendere disponibile l'informazione
sullo stato e sulla localizzazione delle singole macchine, il
Messico diventerà presto parte integrante del network ferroviario
del Nord America, network dal quale è stato a lungo escluso:
i proprietari di veicoli ferroviari statunitensi e canadesi disponibili
per l'affitto hanno sempre scoraggiato il passaggio dei loro mezzi
attraverso il Messico, perché non vi era abbastanza controllo
dei veicoli stessi e non c'era certezza sulle modalità
di pagamento.
Oltre a spingere innanzi il mercato intermodale (nel 2000 ammontava
a 38 milioni di dollari americani, +37% rispetto all'anno precedente)
e a far riconquistare alla ferrovia una quota rilevante del volume
del traffico merci a danno della strada, un'altra priorità
per la TFM è quella di diventare parte integrante del Grupo
TMM di modo che quest'ultimo si presenti agli occhi dei clienti
come un gruppo altamente integrato garantente affari a 360°.
Altre operazioni, specifica Skinner, includono i porti (quali
il maggiore porto container della Costa del Pacifico, Manzanillo)
e una distribuzione effettiva su terra comprendente una flotta
di trucks, una compagnia di logistica e varie infrastrutture di
stoccaggio.
Con una base di clienti di 3.700 compagnie nello spettro del Grupo
TMM, la compagnia ha identificato in poco più di 400 i
conti da queste utilizzate per i servizi della compagnia messicana.
Per alcuni di essi i servizi sono raccolti in un solo prezzo,
comprendente tutto il pacchetto di servizi offerti.
"La Nissan, ad esempio, ha subito colto e sfruttato la nostra
opzione di prezzo combinato. Pagano una volta sola per far arrivare
tutti i loro componenti nei nostri porti, per distribuirli alle
loro fabbriche mediante il nostro network distributivo e per immetterli
sul mercato poggiandosi sulle nostre linee ferroviarie, e così
raggiungere i clienti in tutto il mondo", spiega Skinner.
Il Grupo TMM presenta un eccellente esempio del paradosso tipico
della nuova generazione degli operatori di trasporto globali.
Essi non sono poi così globali - dato che si concentrano
solo su un mercato, nel caso appena esaminato il Messico - né
sono tutti coinvolti nel settore delle operazioni marittime. Però
sono operatori integrati verso ogni tipo di affare e offrono servizi
completi a una base più globale di clienti, con un approccio
focalizzato all'allargamento dell'azione in tutta la catena dell'offerta.
Questo tipo di ambizione emerge dalle politiche di imprese quali
la APL e la CP Ships, seppur in modo differente, come si è
visto. La prima tende a svilupparsi canale su canale per la convenienza
dei singoli clienti, la seconda punta sulla creazione di marchi
di shipping line specifici all'interno della compagnia. Piuttosto
che l'espansione verticale, questi operatori cercano la crescita
orizzontale, attraverso la rifinitura delle loro offerte individuali
ai singoli attuali clienti, con tutta una serie di soluzioni trasportistiche
out-of-the-box. Anche la NYK cerca nuove soluzioni, ma lo fa veramente
in un'ottica globale, differentemente dalle due imprese succitate,
movendosi orizzontalmente e verticalmente all'interno della catena
dell'offerta e in tutto il mondo. E così fa anche la Maersk
Sealand.
David Appleton della APL ha citato l'informazione quale nuovo
elemento nel commercio per gli operatori del trasporto globale.
Guardando meglio, questo è solo una parte di una verità
più grande: la nuova generazione di operatori di trasporto
globali è sì, da un lato, nel business della fornitura
di soluzioni globali, ma, dall'altro, le soluzioni che forniscono,
per loro scelta, non corrispondono esattamente a servizi che raggiungano
effettivamente ogni singolo angolo della terra.
(da: Container Management, Marzo 2001)
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