|
CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS | ANNO XIX - Numero 10/2001 - OTTOBRE 2001 |
Porti
Periodo duro per i porti africani
Problemi di operatività recentemente riscontrati nei
porti di Lagos e Monrovia nell'Africa Occidentale stanno rendendo
molto difficile la vita sia agli spedizionieri che ai vettori
oceanici. In queste ore ci si sta chiedendo se ci sarà
un futuro un po' più roseo per questi scali.
Le compagnie di navigazione europee che servono le regioni dell'Africa
Occidentale di solito hanno problemi nel persuadere i rappresentanti
o i managers del settore commerciale delle compagnie europee a
volgere lo sguardo ai porti dell'Africa Occidentale. Non c'è
da meravigliarsi, dato che negli ultimi anni ci sono state una
serie di conflitti, piraterie, congestionamenti, corruzione, carestie
e altri eventi poco piacevoli. Quello che fa ancora peggio sperare
è che la situazione non sembra evolversi verso scenari
più positivi. Senza alcuna sorpresa, non ci sono stati
nuovi ingressi nel flusso di trade Europa-Africa Occidentale in
questi anni.
Nel 2000, i traffici tra Europa e Africa Occidentale sembravano
voler entrare in una fase leggermente più stabile, soprattutto
in termini di tassi, dopo la nascita dello Europe West Africa
Trade Agreement (EWATA). Le compagnie che fanno parte di questo
accordo sono la P&O Nedlloyd (P&ON), la Safmarine, la
Maersk Sealand, la Nile Dutch Africa Line e la West-Afrika Linien-Dienste.
Comunque, il quadro è completamente mutato da quando il
governo nigeriano ha imposto un'ispezione del 100% delle merci
importate nel Paese alle dogane a partire dal Maggio 2001. Nel
Maggio del 1999 era stata creata la Cotecna quale ente incaricato
di effettuare le ispezioni.
Può darsi che il provvedimento sia stato introdotto anche
per dei buoni motivi, dato che il governo ah perso un grande ammontare
di denaro per la sbagliata o mancata dichiarazione di carichi
in termini sia di valore che di contenuto. Comunque, non è
un segreto che spesso le pratiche siano state falsificate volutamente,
e il metodo di imposizione e di inflessibilità del nuovo
sistema è stato visto, da alcuni importanti osservatori,
come uno dei tanti cinici tentativi del governo e della National
Port Authority (NPA) di fare più denaro. Qualunque siano
le ragioni alla base dell'atto, le procedure da esso innescate
hanno completamente fermato il porto di Lagos, il maggiore della
regione, e hanno introdotto ulteriore caos nella già travagliata
comunità di shipping.
Perché Lagos operi in modo efficiente, almeno nel contesto
dell'Africa Occidentale, dovrebbero essere movimentati dai 500
ai 600 containers al giorno attraverso il porto, ma si è
ancora lontani da questo. L'impatto globale delle nuove procedure
ha portato a un considerevole calo nei volumi importati, dato
che gli importatori spesso sperimentano delle scocciature, tra
cui un aumento nel costo dei beni di consumo locali e la chiusura
di alcune fabbriche produttrici di materie prime vitali. C'è
stata anche una reazione a catena che ha colpito altri porti dell'Africa
Occidentale. Con l'aumento dei costi per le compagnie di navigazione
che fanno scalo ai porti nigeriani, soprattasse di E325 (US$285)
per Teu e di E650 (US$570) per Feu sono state imposte dai membri
della EWATA a partire dal 31 Maggio 2001.
Peter McNamara, commercial manager della Safmarine in Lagos, appena
ritornato a Cape Town dopo due anni e mezzo di assenza, dice:
"Certamente questa è un'istanza a carattere prettamente
politico, ma il governo dice che non c'è traccia di congestione.
L'ironia sta nel fatto che il governo stesso la sta causando da
un lato e dall'altro la sta negando. E non si accorge che questa
situazione va a tutto vantaggio dei principali concorrenti dei
porti dell'Africa Occidentale, gli scali Messicani, che stanno
progressivamente accrescendo la loro importanza".
Secondo McNamara, le operazioni non sono poi condotte così
malamente a Port Harcourt, perché le dogane lì lavorano
24 ore su 24, e sono sempre più flessibili nei confronti
dei bisogni degli importatori. Ma in generale la situazione a
Lagos e, in particolare, presso il Terminal Apapa, è estremamente
deludente. A metà del Giugno 2001, al giorno erano mossi
dai 50 ai 60 containers attraverso il terminal, ma alla fine del
mese la media era di 5 o 6 unità. Lagos ha la capacità
di gestire fino a 8.000 containers, ma ci sono anche forse il
triplo di questo numero sulla banchina attualmente, e nessuno
sembra saperlo con precisione.
In condizioni di normalità, la NPA riserva uno spazio per
accatastare i containers ordinatamente per ogni nave, ma da molte
settimane or sono, i containers sono stoccati disordinatamente
ovunque ci sia un po' di spazio, in un ordine puramente casuale.
Al momento attuale, una volta effettuato lo sdoganamento, è
responsabilità dell'importatore trovare la catasta di containers.
McNamara commenta così: "il problema principale risiede
nel riuscire a trovar il tuo container. E ciò genera ritardi.
Gli importatori sono riluttanti ad andare avanti così,
perché pensano di rischiare di essere denunciati per mancata
dichiarazione di carichi".
In più, gli importatori devono anche pagare squadre per
aprire e disfare i containers per permettere le ispezioni. McNamara
ha fatto notare che il risultato di questa situazione è
che sono aumentati considerevolmente i furti. In più, quando
i containers sono richiusi, l'operazione è spesso fatta
così male che a volte fino a un quarto del contenuto del
container è dimenticato sulla banchina.
Un rappresentante di un altro vettore oceanico facente scalo all'isola
di Tin Can (Lagos), si lamenta anche di più: "I carichi
Ro-Ro e le macchine sono un grosso problema a Tin Can perché
il porto è utilizzato come area di stoccaggio dai commercianti
di veicoli. Il disordine con cui sono disposti i veicoli stessi
è di ostacolo a una qualunque movimentazione ordinata di
carichi, all'accesso degli ispettori e a qualunque piano razionale
di evacuazione dell'area portuale. Tutti i generi di carichi sperimentano
un ritardo che va dai 10 ai 12 giorni dalla data di arrivo alla
procedura di sdoganamento e di via". Il numero di containers
sdoganati è stato superiore a quello di Apapa, ma la NPA
cerca di dipingere un quadro più positivo. Questo perché
la NPA cerca di minimizzare e nascondere le sue scarse performances
e di proteggersi dalla pubblicità negativa. Ma il quadro
è ancora piuttosto negativo.
I vettori oceanici non hanno ancora un'opinione definitiva, ma
si adattano alla svelta alla situazione. La Safmarine ha movimentato
circa 2.000 containers verso un deposito a Kiri-Kiri, quasi 10
km al di fuori di Lagos. Globalmente, l'impresa ha un arretrato
di 6.000 containers da movimentare. Lo stesso per le altre principali
aziende del settore che operano a Lagos, e questa può essere
considerata una delle cause dei rallentamenti del porto.
Il traffico in esportazione ha subito gli effetti anch'esso di
questa disorganizzazione, e in particolare del fatto che la NPA
non consente il packing nel porto. Sono anche pochi i containers
vuoti a disposizione degli esportatori. Per fortuna, quest'anno
la stagione della raccolta e del trasporto delle noci di cocco
è terminata prima dell'imposizione delle restrizioni, ma
con la stagione dei raccolti generali di Novembre/Dicembre sembrano
profilarsi all'orizzonte problemi di maggiore portata.
Per quanto concerne il coinvolgimento della Safmarine, la congiuntura
attuale ha prodotto implicazioni molto negative sul livello di
copertura economica che la compagnia ha da sempre garantito in
Nigeria. Lo scalo di Lagos, che in media genera ritardi di 4-7
giorni, è stato eliminato dalle agende di programmazione
dei principali servizi europei del gruppo, Maxi ed Elisa. Altri
vettori oceanici hanno escluso temporaneamente il porto di Lagos.
McNamara ha notato che capita che fino a 60 navi si trovino a
essere in coda davanti alle banchine del porto africano.
Un effetto diretto di tutto ciò è stato lo spostamento
del traffico containers nigeriano al vicino porto di Cotonou,
a Benin. Lì il carico è disfatto e trasportato in
un secondo momento come rinfusa solida oltre i confini via camion,
e attualmente un camion aspetta anche più di un mese prima
di passare la dogana, dato che ci sono code che raggiungono i
400 veicoli. In aggiunta a ciò si consideri il fatto che
il traffico attraverso un altro porto nigeriano è stato
vietato dal governo locale, e questo ha prodotto un aggravarsi
del livello di congestione dell'industria a Benin.
McNamara l'ha presa con molta filosofia in proposito agli effetti
globali delle nuove politiche: "Perché l'NPA non ha
pensato e non ha dato a tutti almeno 6 mesi per portare a termine
tutte le azioni intraprese, invece di solo una notte? Dal canto
loro i vettori oceanici stanno facendo pressione sui canali usuali,
come la European Community Shipowners Association (ECSA), ma c'è
ancora molto da farsi. Però, il popolo nigeriano è
pieno di risorse e cercherà di sopravvivere al meglio al
congestionamento dei traffici".
In aggiunta agli svariati problemi nigeriani, i vettori oceanici
e gli spedizionieri stanno fronteggiando un incubo in Liberia.
I volumi possono essere piccoli in termini globali, con soli 6.200
Teus all'anno importati dall'Europa e 2.500 Teus esportati attraverso
il porto principale di Monrovia, ma al momento attuale le circostanze
non sono le più favorevoli.
Il 6 Giugno 2001, l'Autorità Portuale Nazionale della Liberia
ha comunicato solo verbalmente agli operatori portuali esistenti
che per continuare a lavorare le compagnie di stoccaggio devono
essere al 100% di proprietà della Liberia. Sembra che gli
attuali operatori abbiano minato la posizione delle altre compagnie
liberiane ed abbiano dato alla Stevefor la giurisdizione per ingaggiare
dei gruppi di lavoratori portuali per gestire la totalità
delle navi containers che fanno scalo a Monrovia (la Stevefor
è rimasta latente per 18 mesi prima di ottenere la giurisdizione,
ma come sussidiaria della Denco, un agente di proprietà
liberiana che rappresenta i vettori oceanici). Sebbene non sia
una situazione di monopolio ufficiale, le fonti locali dicono
che de facto lo sia. La ragione sottostante a ciò, come
spiega un rappresentante di una compagnia di navigazione, è
che il governo della Liberia cerca ulteriori fonti di denaro dopo
che le sanzioni dell'UN hanno iniziato a farsi sentire. La LMSC,
la maggiore compagnia di stoccaggio di liberiani, anche se non
al 100% di proprietà liberiana, è stata pian piano
costretta a uscire dal mercato.
Un portavoce di una compagnia di navigazione locale operante a
Monrovia ha dichiarato che non ci sono contratti scritti tra la
Stevefor e i vettori oceanici. In più, voci di corridoio
sostengono che l'impresa non accetterà alcuna responsabilità
in merito. La compagnia di stoccaggio ha dichiarato che ha una
propria assicurazione ce l'ha già, ma che non è
stata presentata alcuna prova o accusa effettiva. Come risultato,
le associazioni sindacali rappresentative della P&I sono estremamente
infelici dell'ambente operativo, e ciò ha prodotto un aumento
dei premi. Per coprire questi costi, i membri dell'EWATA sono
stati costretti a imporre un sovraccarico agli spedizionieri di
E300 (US$255) per Teu, con effetto dal Luglio 2001. Del resto,
essi non sono in grado di imporre soprattasse locali nel tentativo
di recuperare i costi operativi in crescita.
La stessa fonte ha rilevato svariati esempi recenti dei servizi
operativi offerti dalla Stevefor:
- Il danneggiamento del ponte di una nave perché le valvole
blocca torsione non erano state aperte al momento dello scarico
del container;
- Un camion ha dovuto attendere oltre quattro ore prima di essere
svuotato con guide asimmetriche;
- Una nave è stata costretta a far navigare 20 containers
tutti di colpo, con 60 operazioni fatte in 12 ore;
- Le pilotine sono rimaste senza carburante, che ha dovuto essere
pagato dagli agenti stessi;
- I containers frigo sono stati svuotati prima ancora di staccare
le prese elettriche;
- I piani di carico e scarico dei rappresentanti delle compagnie
di navigazione sono stati respinti;
- I costi operativi delle operazioni portuali sono saliti del
100% in due mesi, con doppie fatturazioni della NPA e della Stevefor.
Questi errori hanno contribuito all'incidente accaduto alla Torn
Alexandra il 25 Giugno del 2001, che ha causato la perdita
di 300 Teus. Nessuna responsabilità è stata ancora
ufficialmente attribuita, ma è certo che i dipendenti della
Stevefor, che si sono occupati delle operazioni di scarico, hanno
ignorato le regole di carico e scarico dalle navi, rendendo così
instabile la nave. Tra i 10 e i 15 containers sono caduti in mare,
tra la nave e il muro della banchina, si pensa per il fato che
essi sono stati scaricati con un angolo di 55° contro il
muro stesso. Peter Albeck, vice presidente in carica della Torm
Lines, di base a Copenhagen, dice: "Con rispetto all'incidente
della Torn Alexandra, non si può non rilevare che
questo sia stato un ulteriore intralcio per l'attività
a banchina, che è stata bloccata in una porzione considerevole.
È ancora prematuro a questo punto attribuire delle concrete
responsabilità, ma il clima adesso è molto teso
e la gente è molto arrabbiata". Aggiunge anche: "il
governo della Liberia ha di recente nazionalizzato il settore
dello stoccaggio e la Stevefor sta svolgendo la totalità
del lavoro. Essa ritiene di avere già imparato tutto dal
periodo passato sotto l'egida della Denco, ma in realtà
i fatti sembrano dimostrare il contrario".
Dopo l'incidente, operatori danesi stanno mettendo a posto la
situazione e completando lo scarico dalla nave in questione, che
entro pochi mesi dovrebbe essere di nuovo in grado di salpare.
Nel mentre, la banchina continua ad essere operativa, ma ci sono
problemi di accesso per i containers più pesanti dato che
Monrovia ha un pescaggio limitato. Fortunatamente, a causa della
congiuntura economica, una fonte delle compagnie di navigazione
ha svelato che solo 120 Teus sono stati scaricati per nave, contro
i circa 200 Teus dell'anno scorso, pertanto, nonostante la fase
critica, il quadro globale non si è ulteriormente peggiorato.
È da rilevare anche il fatto che la NPA non fornisce commenti
ufficiali e si mantiene volutamente ambigua sulla situazione a
Monrovia, sebbene ne sia certamente totalmente consapevole.
Il quadro appena dipinto prospetta verso un futuro certamente
poco roseo. Il modo di gestire le navi a banchina deve essere
cambiato, come anche la visione di fondo delle politiche della
NPA. Una volta che ci sarà piena consapevolezza e maggiore
lungimiranza forse si faranno dei passi avanti, che sono necessari
perché se un bel momento le navi smettessero di fare scalo
ai porti africani occidentali la regione intera perderebbe una
delle più consistenti fonti di entrate monetarie. Tutto
sta nelle mani delle autorità istituzionali nazionali.
Le compagnie di navigazione da sole possono fare ben poco, se
non attività di lobbying.
(da: Containerisation International, Settembre 2001)
|