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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS | ANNO XIX - Numero 12/2001 - DICEMBRE 2001 |
Porti
Come guardano i porti americani e quelli europei alla minaccia
terroristica incombente?
Due giorni dopo gli attacchi terroristici dell'11 Settembre 2001
a New York, al tema della sicurezza l'Autorità Portuale
di New York & New Jersey ha dato una nuova priorità.
Sono state introdotte nuove pattuglie di guardia costiera, accanto
a quelle già di stanza prima, e squadre di controllo di
dogane e immigrati per monitorare documenti ed equipaggi, nonché
teams di supervisione alle attività di rimorchio e attracco,
per assicurarsi che le navi andassero tutte ai moli loro assegnati.
All'interno del porto stesso, squadre di agenti federali hanno
aumentato i livelli di targeting e ispezione del carico dei containers,
con numerosi controlli globali e l'aggiunta di checkpoints lungo
i percorsi dei veicoli. In più, adesso ci sono riunioni
periodiche e frequenti dei comitati di sicurezza, che interessano
sia gli operatori che il personale di sicurezza, mentre sono state
messe in atto restrizioni sui nuovi equipaggi che arrivano al
porto.
Il direttore generale dell'Autorità Portuale Richard Larrabee
ha recentemente fatto sapere le sue preoccupazioni in materia
di sicurezza al comitato organizzativo in materia presso il Senato,
e ha segnalato che: "Al momento attuale, non ci sono risorse
sufficienti in termini di personale ed equipaggiamento per fornire
il livello desiderato e auspicabile di protezione e di risposta
immediata che ora noi, come nazione, ci aspettiamo e di cui necessitiamo".
Chiaramente, per Larrabee, come per altre Autorità Portuali
all'interno degli USA, gli attacchi terroristici restano una reale
minaccia. Invero, dopo una lunga inchiesta presso i principali
operatori portuali e i maggiori porti della zona, l'American Association
of Port Authorities ha ora sollevato tutta una serie di moniti
e problemi da risolvere relativi alle misure in tema di sicurezza.
I porti adesso non sono ritenuti bersagli facili, con l'attuale
dispiegamento di forze, le nuove procedure di controllo di veicoli,
merci e persone e i nuovi sistemi di allarme.
L'accesso alle aree portuali è molto più ristretto,
ma la regolamentazione necessita di ulteriori emendamenti. Una
novità è stata l'introduzione obbligatoria per ogni
visitatore di procedure di registrazione tramite badge elettronico,
così gli individui sono perfettamente individuati e localizzati
in tempo reale.
Questo in America. Per quanto riguarda l'Europa, qui l'allarme
terrorismo è un po' meno sentito. La Contship Italia, che
gestisce il La Spezia Container Terminal, e governa anche il più
grande terminal containers di Gioia Tauro, ritiene di non essere
un soggetto sostanzialmente a rischio. Il portavoce della compagnia
Mario Pessano sottolinea che: "I nostri terminals, in specie
Gioia Tauro, hanno già sviluppato e stanno al momento attuale
implementando sistemi di sicurezza altamente sofisticati e avanzati".
Né il governo né la Contship Italia hanno ritenuto
necessario accrescere le misure di sicurezza, e nessuna compagnia
di navigazione ha fatto richieste strane in proposito, ha poi
aggiunto Pessano.
Comunque, la US Sixth Fleet è di stanza al porto di Napoli,
e potrebbe costituire senz'alcun dubbio un bersaglio potenziale.
Mentre gli ufficiali del porto sono molto abbottonati per quanto
concerne le novità in materia di sicurezza, il traffico
di containers militari è fatto arrivare al porto dal servizio
della Famex operato dalla P&O Nedlloyd e dalla Hapag Lloyd,
che, tra l'altro, fa anche scalo ai porti di Salerno e Livorno.
Sul fatto che Salerno possa costituire un altro bersaglio potenziale
del terrorismo internazionale, l'amministratore delegato del Salerno
Container Terminal, Frans Jol, così si esprime: "Non
penso che ci siano più rischi di quanti non ve ne fossero
prima, ma dobbiamo tenere conto del fatto che il 90% dei volumi
di traffico trasportato dalla P&O Nedlloyd Faroe Line è
su base militare".
Il SCT, oltre alla normale sicurezza portuale, ha anche incaricato
una compagnia privata per fornire una sorveglianza 24 ore su 24
del suo equipaggiamento e delle infrastrutture portuali, con guardie
in tutti i punti di accesso.
"In passato, gli utenti e i lavoratori che arrivavano presso
il porto erano fatti passare indifferentemente, ora, ogni macchina
è fermata e controllata e tutti i pass sono verificati.
Insomma, abbiamo fatto tutto il possibile per quanto concerne
la sicurezza. Comunque, ritengo che se ci fosse un terrorista
con una bomba sotto la giacchetta, egli potrebbe camminare tranquillamente
in tutti i porti europei, dato il livello così scarso di
sicurezza".
Sulla penisola araba, gli interventi militari delle truppe britanniche
in Oman non stanno avendo alcun effetto palpabile sulla sicurezza
generale del porto del Sultanato Salalah, almeno nell'opinione
del marketing manager Bill Burns.
"Non ci riteniamo un target più a rischio di qualunque
altro porto nel mondo al momento attuale. Comunque, penso che
tutti al giorno d'oggi corrano rischi. Ciò nondimeno, non
abbiamo ritenuto necessario introdurre misure di sicurezza aggiuntive
rispetto a quello di cui già disponiamo. Ovviamente, siamo
più attenti, in generale, ovvero controlliamo le navi in
entrata e in uscita con più attenzione. La nostra area
operativa è poi protetta dalla CCTV", spiega Burns.
La maggior parte dell'equipaggiamento utilizzato dalle forze inglesi
in Oman è entrato nel Paese via Salalah, anche se l'attività
delle truppe non è tutta nel porto.
"Abbiamo sempre detto che Salalah gode sia di un'eccellente
localizzazione geografica che di una posizione socio-economica
privilegiata, in quanto si trova in una delle zone più
ricche ed avanzate del Sultanato. Purtroppo però, molte
compagnie di navigazione ci hanno progressivamente abbandonato,
a tutto vantaggio dei nostri vicini concorrenti Aden e Colombo,
nel Golfo, che hanno offerto anche risk premiums per la guerra",
sottolinea Burns. "Penso però", aggiunge poi,
"che i porti del mondo poco si curino della loro sicurezza
interna. Per noi è un vantaggio. Adesso che si parla di
sicurezza, noi, che siamo un porto nuovo e non abbiamo ancora
un vero e proprio sistema interno adibito a questa funzione, possiamo
partire da zero e implementare i sistemi più nuovi e aggiornati.
E questa è una cosa a cui tutti i porti dovrebbero pensare,
non solo dopo gli eventi dell'11 Settembre".
Ancora più a Est, alcuni porti dalle buone performances
dovranno certamente adottare delle misure di sicurezza più
efficaci. A Karachi, le misure di sicurezza sono certamente state
aumentate, e la Marine Security Agency è stata sostituita
dalle navi della Marina Militare Pakistana dall'8 Ottobre 2001.
Tutti i cancelli sono controllati e i pass non necessari all'attività
portuale sono stati annullati.
Pattuglie speciali adesso tengono sotto controllo le banchine
e i moli con i silos per prevenire attività sovversive,
specialmente poiché i lavoratori portuali hanno manifestato
da sempre il loro consenso ai Talebani.
Proprietari locali delle navi hanno chiesto alle assicurazioni
della Lloyd di rivedere i risk premiums, e permettere al governo
di offrire garanzie maggiori per ogni tipo di danno potenziale
ai veicoli. L'accordo da poco c'è stato ed è stato
siglato presso gli Emirati Arabi Uniti.
Khurram Abbas, amministratore delegato della Karachi International
Container Terminal, riduce drasticamente i rischi legati alle
operazioni portuali, sottolineando che il suo terminal ha migliorato
i livelli di sicurezza delle proprie porte di ingresso, cioè,
in pratica, ha aumentato i controlli in entrata.
"Ci può essere un piccolo decremento nei traffici
nel breve periodo, ma poi il livello di movimentazioni è
prospettato tutto in salita", aggiunge.
Secondo Darayus Divecha, amministratore delegato della Qasim International
Container Terminal (QICT), localizzata a circa 40 km dalla città
di Karachi, le misure di sicurezza esistenti per le entrate al
porto sono state irrobustite, e ora il personale addetto alla
sicurezza sta controllando tutte le macchine che entrano ed escono
dal porto. D'ora in poi l'ingresso al personale sarà permesso
solo dietro presentazione di un valido passport pass o di una
carta identificativa della compagnia di appartenenza.
"Presso il QICT, abbiamo anche istruito il nostro staff permanente
e ufficiale di sicurezza per assicurare che i veicoli che entrano
nel terminal containers siano completamente controllati. In più,
il QICT ha messo delle sue guardie armate in vari punti dell'area
portuale, soprattutto agli ingressi però, alle uscite e
presso le banchine. Inoltre, la sezione sicurezza della Port Qasim
Authority spedisce regolarmente in giro per il porto delle squadre
di sicurezza mobili, mentre le zone a mare sono pattugliate dagli
uomini della Baharia Foundation", spiega Divecha.
Comunque, il porto in questione non è poi così vicino
da Karachi. Però si è dovuta accrescere la sicurezza
dell'area per le incessanti richieste delle compagnie di navigazione,
e per evitare di perdere i clienti più importanti.
In generale, ad oggi i volumi di traffico del porto sono rimasti
pressoché invariati, e non c'è un grande rischio
di perdita di movimentazioni come diretto risultato del conflitto
in Afghanistan.
È significativo notare che i contractors delle assicurazioni
non hanno chiesto a Port Qasim di aumentare il loro premio al
rischio di guerra. Certo non è questo il caso del porto
shrylankese di Colombo, il cui aeroporto è stato bombardato
già il 24 Giugno passato. Ciò è risultato
in un raddoppio, a Colombo, del premio al rischio di guerra per
ogni nave che facesse scalo al suddetto hub. E il prezzo da pagare
per i proprietari delle navi è salito dallo 0,1% allo 0,7%.
Comunque, secondo Sarathkamara Premachandra, amministratore delegato
della Sri Lankan Ports Authority (SLPA): "Il porto di Colombo
non ha più gravi rischi su di sé al momento attuale,
o almeno non più di quanti non ne abbiano gli altri porti
mondiali, a causa del terrorismo internazionale".
Interrogato sui passi che il porto sta facendo per migliorare
la propria sicurezza, Premachandra ha risposto che il porto sta
prendendo tutte le misure necessarie del caso, forte della consulenza
di esperti di sicurezza internazionale, ma per ovvie ragioni non
divulga troppi dettagli sulle misure effettivamente adottate.
Le compagnie di navigazione, aggiunge, sono soddisfatte delle
misure di sicurezza che abbiamo adottato e non ne richiedono altre,
però vorrebbero rimosso l'aumento del premio al rischio
guerra delle compagnie di assicurazione. In linea di massima,
sottolinea anche che nessuna delle compagnie di navigazione se
n'è andata da Colombo per paura della minaccia terroristica.
Per ultimo, si consideri il profilo di rischio NSICT della P&O
Ports presso la costa indiana occidentale allo hub di JNPT. Peter
Smith, senior corporate affairs director della compagnia, ha dichiarato
che: "l'NISCT facility non è particolarmente a rischio"
per gli eventi bellici dell'Asia Meridionale. Però il
livello di vigilanza è stato aumentato notevolmente, sebbene
le politiche generali di sicurezza interna non siano state rivoluzionate.
In più, il governo indiano non ha ritenuto necessario aumentare
la propria presenza al porto, e le compagnie di navigazione non
hanno chiesto alla P&O alcuna nuova misura di sicurezza per
sorvegliare le navi in porto.
(da: Cargo Systems, Novembre 2001)
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