- RELAZIONE DEL PRESIDENTE PAOLO COSTA
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- Venezia, 19 aprile 2010 - Inaugurazione anno portuale
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- Introduzione
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- Il 2009 verrà ricordato come “annus horribilis”
per la crescita e l'occupazione lungo ogni meridiano e sotto ogni
parallelo dell'intero globo terracqueo.
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- Il sistema portuale mondiale, europeo, italiano e quindi anche
il porto di Venezia non hanno potuto che riflettere questa crisi. La
crisi ha travolto i settori e le imprese più deboli di ogni
economia. La ripresa, per contro, si sta oggi affidando solo ad aree
geografiche, settori merceologici ed imprese capaci di affermarsi
nel nuovo scenario competitivo.
- I traffici portuali e la crisi mondiale
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- Secondo i dati ESPO i traffici portuali in Europa nel 2009 hanno
avuto un calo medio dell' 11,9%, in tonnellate, con i maggiori cali
nel settore delle rinfuse solide (-24,1%) ed un contenimento nei
traffici di rinfuse liquide pari a -3,4%. Il traffico in container
(numero di TEU trattati) è diminuito del 14.5% . Sono invece
aumentati i passeggeri crocieristi del 12%.
- Andamento dei traffici nel porto di Venezia e confronto con
altri porti
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Porto di Venezia |
Media UE |
Media ITALIA |
Media porti NAPA |
TRAFFICI TOTALI |
-16,7% |
-11,9% |
-14,3% |
-15,8% |
RINFUSE LIQUIDE |
-5,3% |
-3,4% |
-5,2% |
-5,8% |
RINFUSE SOLIDE |
-25,7% |
-24,1% |
-27,0% |
-25,6% |
GENERAL CARGO |
-23,4% |
-13,2% |
-22,0% |
-23,5% |
TEU |
-2,5% |
-14,5% |
-14,8% |
-8,5% |
PASSEGGERI CROCIERISTI |
16,9% |
12,0% |
n.d. |
8,9% |
[Fonte: ESPO]
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- Nel 2009 le performance del porto di Venezia sono state
sostanzialmente in linea con quelle dei porti NAPA- Associazione dei
porti del Nord Adriatico (-15,8%) e della media dei porti italiani
(-14,3%).
- Rispetto alla media europea il porto di Venezia ha fatto meglio
solo nel traffico di passeggeri crocieristi e nel settore container.
- Analizzando il dettaglio dei traffici di Venezia si nota come il
calo complessivo sia stato determinato da una contrazione dei
traffici di merci in colli (principalmente prodotti siderurgici) e
di rinfuse solide (cereali, clinker e carbone su tutte) che hanno
interessato in modo trasversale il settore commerciale e quello
industriale. Il comparto petrolifero ha evidenziato una sostanziale
tenuta, soprattutto nella parte di prodotti grezzi.
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- Le sole caselle con il segno più nei dati del 2009 del
porto di Venezia sono quelle del traffico passeggeri, aumentato
nell'anno da poco trascorso del 9,7%, e se riferito ai soli
crocieristi del 16,9%, e quelle dei container in esportazione del
1,3%.
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- Un dato positivo quest'ultimo che non ha compensato del tutto la
contrazione dei container in importazione, ma che, fermando comunque
a - 2.5% la caduta del traffico container totale (e a - 6% quello
dei soli container pieni), rende la performance accettabile,
soprattutto per confronto con il - 8,5% dei porti NAPA, il - 14,8%
della media italiana e il - 14,5% della media europea.
- L'uscita dalla crisi
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- Nella profonda rivoluzione mondiale in atto il ruolo e la
prospettiva di ogni porto, dipende dal modo nel quale la geografia
della ripresa aumenta o diminuisce il valore della sua collocazione
geografica e dalla capacità relativa di ognuno dei porti
di adattare, quanto più rapidamente possibile, le proprie
dotazioni infrastrutturali, l'operatività delle reti
di trasporto terrestre ad esso connesse e l'efficienza delle
catene logistiche nelle quali riesce a restare o ad
inserirsi, raggiungendo le necessarie economie di scala.
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- Circa la geografia della produzione e del consumo mondiale il
2009 ha già fatto intravvedere linee di tendenza che anche i
dati più recenti dell'FMI (Fondo Monetario Internazionale)
stanno confermando.
- La realtà è contrassegnata da una ripresa molto
lenta dei paesi europei (con l'Italia che purtroppo si muove con una
velocità tra le più basse ) che viaggiano più
lenti degli Stati Uniti, a loro volta enormemente meno veloci dai
paesi asiatici. Andamenti che non è più possibile
percepire come transitori, ma come passi di un grande cambiamento
secolare nel quale potere e ricchezza si muovono verso nuovi
orizzonti e in particolare verso l'Asia.
- I riflessi di questo scenario sui traffici marittimi mondiali
sono, per quello che qui ci interessa, riassumibili in tre cifre: i
5,2 milioni di TEU scambiati nel 2009 tra gli Stati Uniti e l'
Europa, i 16 milioni di TEU scambiati tra l'Europa e l'Asia e i 56,
sì 56, milioni di TEU scambiati dai paesi asiatici tra di
loro.
- Ne consegue che il commercio marittimo che ci interessa dipende
e dipenderà sempre più dai rapporti fra l'Europa ed
Asia e che l'entità del traffico intra-asiatico caratterizza
i paesi asiatici come mercati finali e non solo come luoghi di
produzione, fino a ieri a basso costo.
- Ogni porto europeo dovrà puntare, per crescere, ad
intercettare traffici euro-asiatici, soprattutto in esportazione
dall'Europa.
- E lo farà con maggior successo quanto più si
troverà ubicato in modo utile lungo le rotte principali e
quanto più si troverà vicino a sistemi produttivi
orientati all'esportazione, dei quali potrà diventare un
potente alleato.
- I porti mediterranei possono in più aggiungere
l'opportunità di sfruttare meglio degli altri porti europei
il risveglio delle economie africane e medio-orientali, Egitto e
Turchia su tutte, che si affacciano sull'altra sponda del
Mediterraneo.
- È il caso del porto di Venezia che si trova lungo la
rotta più corta - quella che assicura il miglior tempo di
transito - tra l'Asia e l'Europa e che ha alle spalle la parte
dell'economia italiana - il Veneto, il Nordest e la Lombardia
orientale - maggiormente votata all'esportazione, così come
lo sono l'Austria occidentale, la Germania meridionale e la
Svizzera: aree ricche, sia come mercati sia come poli produttivi.
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- La collocazione naturale dà al porto di Venezia un
vantaggio competitivo che sta solo ad esso non perdere.
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- E per non perderlo, Venezia deve vincere - e non da sola -
almeno cinque sfide.
- Le cinque sfide del porto di Venezia
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- La prima è quella dei porti mediterranei rispetto ai
porti del Mar del Nord, da Le Havre ad Amburgo. Sfida nella
quale il porto di Venezia deve costruire le necessarie alleanze con
tutti i porti che vanno da Valencia, in Spagna, a Costanza, in
Romania, sul Mar Nero.
- La seconda sfida - parte integrante della prima - è
quella dei porti dell'alto Adriatico che devono guadagnarsi il ruolo
di multi-porto d'Europa convincendo le navi che entrano in
Mediterraneo da Suez a risalire l'Adriatico. Sfida da vincere
battendo la concorrenza degli altri multi-porto del Mediterraneo e
affrontabile con successo solo sulla base di una stretta alleanza -
fatta di cooperazione e competizione - con i porti di Ravenna, di
Trieste, di Koper e di Rijeka.
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- La terza sfida è quella che Venezia può vincere
solo assieme all'intera portualità italiana, che ha
bisogno di essere messa in condizione di competere con gli altri
porti europei sulla base di un quadro normativo all'altezza dei
tempi. La quota italiana di transhipment mediterraneo, da mantenere
soprattutto con i porti del Mezzogiorno e la quota del mercato
europeo finale da conquistare con i multi-porto dell'Alto Tirreno e
dell'Alto Adriatico sono la posta in gioco.
- La quarta sfida, urgente, che il porto di Venezia può
vincere solo assieme ai protagonisti del suo hinterland “naturale”
punta a ridare la “sua” base portuale al sistema
logistico e produttivo del Nordest e della Lombardia orientale.
- La quinta è la sfida, tutta locale, che deve dare al
porto - in armonia con lo Stato, la Regione del Veneto, la
Provincia di Venezia e i comuni di Venezia, Mira e
Cavallino-Treporti - un assetto infrastrutturale ed organizzativo
all'altezza delle sfide precedenti.
- Un assetto disegnato in coerenza con la politica di salvaguardia
di Venezia e della sua laguna, in forme compatibili con una
morfologia lagunare da valorizzare, in modi coerenti con la storia
passata della “Venezia da mar” e, più recente, di
porto anche industriale.
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- Un assetto sostenuto da una efficienza trasportistica e
logistica di sistema.
- Una sfida nella quale coinvolgere attori pubblici, come gli
Interporti, a partire da quelli maggiori che gli stanno alle spalle,
come Verona, Padova e Bologna, e da coltivare con gli attori privati
della produzione, del trasporto e della logistica: quelli che alla
fine decidono con le loro scelte della fortuna di ogni porto.
- Uno sforzo collettivo, dunque.
- Ma uno sforzo che ha dalla sua l'interesse - mediterraneo,
italiano, nordestino e veneto - a poter contare di nuovo sul porto
che ha fatto per secoli la fortuna di Venezia, che è
all'origine della sua cultura, ma che negli ultimi quarant'anni era
stato indotto, o si era rassegnato, a sfruttare solo la sua rendita
di posizione: rinsecchendosi in un ruolo comodo, ma poco utile
all'Italia, al Veneto, al Nordest.
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- Mediterraneo versus Northern Range
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- Il confronto competitivo fra la portualità del Mar del
Nord, da Le Havre ad Amburgo, e la portualità mediterranea,
da Valencia a Costanza, non è mai stato tanto intenso quanto
esercitato senza clamore. Sarebbe un grande errore sottovalutarlo.
- Perché l'efficienza dei sistemi trasportistici e
logistici che hanno come base portuale i porti del Mar del Nord
rende oggi contendibili da questi gli stessi mercati - nel nostro
caso quelli della pianura padana - un tempo immaginati retroterra
naturali dei porti mediterranei.
- I corridoi europei nord-sud - quello tra Rotterdam e Genova,
quello parallelo, da costruire, tra il Nord Adriatico e il Baltico e
quello centrale lungo l'asse del Brennero fino a Berlino - sono
ovviamente armi a doppio taglio, che al momento aiutano più i
porti del Mar del Nord a servire anche i nostri mercati locali
piuttosto che aiutare i nostri porti a superare le Alpi.
- Per contro, ed è questa la novità messa crudamente
a nudo dalla crisi, l'inaridirsi delle relazioni transatlantiche con
l'America del Nord - non ancora sostituite dalle relazioni con il
Brasile, e le altre economie dell'America del sud oltre che
dell'Africa occidentale- e la centralità delle relazioni con
l'estremo oriente che passano soprattutto per Suez, danno ai porti
mediterranei, e quindi anche a quelli italiani del Nord Adriatico e
del Nord Tirreno, un vantaggio sui tempi di transito, che si
esalterebbe in un mondo che rendesse esplicito l'obiettivo di
“decarbonizzare” le catene logistiche. Un vantaggio che
potrebbe rovesciare lo scenario e rendere contendibili dai porti
mediterranei gli stessi mercati dell'Europa centrale ed occidentale.
- Il confronto fra l'alimentazione dei mercati europei da nord
contro l'alimentazione degli stessi mercati da sud si gioca ogni
giorno e su molti tavoli.
- Significativo è sicuramente quello, in corso, che
riguarda la revisione della geografia delle reti transeuropee di
trasporto Ten-T ed i pochi soldi europei che verranno destinati a
collegare le reti terrestri primarie europee (ferroviaria, stradale
e di navigazione interna) ai principali porti europei. Questo tavolo
è oggi di fronte al dilemma: investire nell'estensione
delle reti trasportistiche e logistiche, già efficienti, che
hanno base portuale a Rotterdam, Anversa, Amburgo, Brema o Le Havre
per consentire loro di servire anche i mercati dell'Europa orientale
e meridionale, o, per contro, investire nell'irrobustire le porte di
accesso dal Mediterraneo, attrezzando alcuni dei porti mediterranei
a sostenere volumi di traffico in qualche caso di un ordine di
grandezza superiore a quelli attuali?
- Considerazioni relative ai tempi di transito, ai costi
dell'energia e all'opportunità di ridurre le emissioni lungo
l'intera catena logistica spingerebbero verso questa seconda scelta;
le economie di scala e l'efficienza dei sistemi logistici attuali
spingerebbero verso la prima.
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- È una battaglia che l'Autorità Portuale di Venezia
non può vincere da sola, ma che può e deve segnalare
al Governo italiano e alla Regione del Veneto e ai propri
rappresentanti al Parlamento europeo, perché facciano valere,
al momento giusto e nel posto giusto, gli interessi di quella
portualità mediterranea alla quale il porto di Venezia si
sente di appartenere.
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- Alto Adriatico nel Mediterraneo
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- Una battaglia, ed è questo il contenuto della seconda
sfida, che ha bisogno di specificarsi sui porti dell'Alto Adriatico.
Qualora si riuscisse a convincere le navi che entrano da Suez a
fermarsi nei porti mediterranei si aprirebbe immediatamente la
concorrenza tra un utilizzo dei porti del Mar Nero (il porto di
Costanza da solo è arrivato a servire in numero di TEU le
stesse quantità dell'intero sistema alto Adriatico), i porti
dell'alto Adriatico, i porti dell'alto Tirreno, il porto francese di
Marsiglia e quelli spagnoli di Barcellona-Valencia.
- Concorrenza che il nord Adriatico può vincere solo
coalizzando le forze.
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- Esiste dunque un grande spazio - e c'è un gran bisogno -
di cooperazione tra i porti dell'alto Adriatico (Ravenna, Venezia,
Trieste, Capodistria e Fiume): quella che può far compiere al
sistema quel salto di scala che rende ragionevole puntare, a scala
europea, su un corridoio Adriatico-Baltico - parallelo al corridoio
Genova Rotterdam - proiettato a servizio delle economie emergenti
della nuova Europa. Cooperazione che non esclude, anzi, la
competizione tra gli scali; ma solo tra scali che si sono prima
tutti attrezzati per superare almeno collettivamente quella scala
operativa, dai 5 milioni di TEU nel medio periodo ai 10 milioni di
TEU nel lungo periodo, necessaria per convincere il grande shipping
a risalire l'Adriatico.
- È un obiettivo che nessuno dei porti di Ravenna, di
Venezia, di Trieste, di Capodistria o di Fiume può immaginare
di raggiungere da solo. È interesse comune che ognuno dei
nostri porti punti a superare almeno il limite del milione di TEU,
con progetti come quello al quale lavora Capodistria, quello
lanciato recentemente per Trieste-Monfalcone e quello che il porto
di Venezia sta mettendo a punto.
- Naturalmente non basta promettere o anche realizzare grandi
investimenti infrastrutturali. Occorre colmare, e subito, il ritardo
nel coordinamento trasportistico e logistico lungo l'intera catena,
coinvolgendo con gli operatori marittimi quelli i che si occupano
del trasporto terrestre e della logistica connessa.
- È per questo che è stata costituita
l'associazione dei porti del Nord Adriatico - N.A.P.A (North
Adriatic Port Association) con il compito di creare ogni forma di
coordinamento tra i porti stessi.
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- Sul piano promozionale - soprattutto oltre Suez e oltre
Gibilterra - e su quello logistico: qui si sta lavorando, con
l'aiuto dell'Unione Europea, nella prospettiva di costruire un
“Centro logistico comodale” che consenta ad ogni
operatore, in piena trasparenza, di scegliere quale, fra gli scali
dell'alto Adriatico, può garantire l'offerta e i servizi che
meglio rispondono alle sue necessità.
- Non dobbiamo nasconderci le difficoltà che comporta tale
progetto. A partire dal ritardo accumulato nell'armonizzazione
legislativa europea delle differenze che regolano porti diversi:
quelli italiani, appartenenti ad un paese storicamente membro
dell'Europa, quello sloveno, appartenente ad uno Stato di recente
adesione all'UE, e quello croato, appartenente ad un paese che si
candida ad entrare nell'Europa che verrà. Tutto ciò ci
pone di fronte ad uno scenario in cui gli scompensi competitivi
possono assumere dimensioni talvolta marcate.
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- Ma proprio per questo dobbiamo agire con pazienza e lealtà
reciproca per sviluppare la fase di cooperazione fra i porti
dell'alto Adriatico preservando al contempo, fino in fondo, le
occasioni di competizione, che sono il volano dell'efficienza del
sistema portuale d'Adriatico, da intendersi come un tutto.
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- Venezia e l'urgenza della riforma
portuale
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- È il continuo confronto tra il regime e le condizioni
operative dei porti italiani con quelli sloveni e croati nell'ambito
del sistema alto Adriatico che mette in evidenza con urgenza la
necessità di porre mano alla riforma della legislazione
portuale italiana.
- Questa Autorità portuale - come ogni altra fra quelle
italiane - ha seguito con molta attenzione il lavoro svolto dalla
Commissione del Senato e attende oggi dal Ministro indicazioni sul
disegno di legge che il Governo ha appena approvato.
- È una riforma, quella dell'ordinamento portuale italiano,
essenziale per liberare energie produttive e organizzative oggi non
totalmente espresse per la mancanza di altre riforme -economiche,
istituzionali, costituzionali ed elettorali - che ci aspettiamo,
come cittadini, di veder prodotte al più presto.
- Molti sono i temi attesi e trattati dalla riforma portuale in
sede di disegno di legge governativo sui quali deve intessersi una
discussione serrata e finale nelle sedi della Conferenza
Stato-Regioni e in quelle parlamentari: dalla necessaria
semplificazione delle procedure per l'approvazione di Piano
Regolatore Portuale, alla riformulazione della disciplina in materia
di concessioni demaniali di aree e banchine, al coordinamento delle
attività dell'Autorità Portuale con quelle dell'
Autorità Marittima, alle attività a terra nell'”ultimo
miglio”, alle attività di dragaggio dei fondali,
all'affidamento a terzi da parte dell'impresa concessionaria di
alcune attività portuali-- tema sul quale Venezia, più
di altri porti, è intervenuta con azioni mirate; tutti temi
sui quali l'Autorità portuale di Venezia non farà
mancare i contributi propri e quelli che definirà tramite
Assoporti.
- Su alcuni temi,però, come quello relativo alla natura e
alla autonomia tout court delle Autorità portuali, che il
disegno di legge stravolge, o all'allontanamento delle Autorità
portuali dalle decisioni sulle tariffe dei servizi tecnico-nautici--
non ci si potrà esimere dal dimostrarne l'incongruenza ed
esprimere il dissenso.
- Ma sono due temi generali “assenti” dal disegno di
legge (più uno che riguarda direttamente Venezia) che occorre
fin d'ora, anche in questa sede, richiamare all'attenzione di
Governo e Parlamento.
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- Il primo tema generale è quello della definitiva
applicazione del principio di autonomia finanziaria che consenta
ai porti di disporre di un quadro di riferimento certo per le
proprie scelte infrastrutturali. Una scelta che, comprendiamo,
coraggiosa nelle attuali condizioni di finanza pubblica, ma
assolutamente indispensabile per consentire ai porti italiani di
contribuire a riavviare la crescita del Sistema Paese.
- La dotazione di infrastrutture portuali è giustamente
considerata dal World Economic Forum come uno dei più
importanti indicatori di competitività relativa: oggi
l'Italia in questa graduatoria è solamente 84ma!.
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- Una compartecipazione all'IVA (e alle accise) riscossa nei
singoli porti e l'obbligo del ricorso al project financing per una
quota significativa di ogni investimento diverso da quello delle
grandi infrastrutture portuali (escavi e dighe), sono due principi
che, se rispettati, produrrebbero una automatica allocazione delle
risorse verso i porti più efficienti e/o con maggiori
prospettive di sviluppo, contenendo al contempo il rischio di
dispersione e spreco di risorse.
- Ogni porto infatti si assumerebbe direttamente il rischio di
finanziare le proprie infrastrutture dando in garanzia, a copertura
dei finanziamenti richiesti, le proprie entrate previste. La
compartecipazione all'IVA premierebbe immediatamente i porti con
performance più elevate. Introducendo poi la possibilità
di coinvolgere partner privati negli investimenti portuali,
obbligatoriamente per quelli diversi dalle grandi infrastrutture, si
fornirebbe una seconda garanzia di mercato sulla bontà degli
investimenti che si vanno (e si andrebbero) ad effettuare.
- Il secondo tema generale “mancante”, se non presente
con indicazioni contraddittorie, è quello del coordinamento
“gerarchico” delle attività oggi ricadenti in
ogni porto sotto la responsabilità di molti enti:
l'autorità portuale, l'autorità marittima - come
accade per i servizi tecnico nautici, piloti, rimorchiatori e
ormeggiatori, i cui costi sono decisivi per la competitività
del singolo scalo - ma anche l'autorità doganale, l'autorità
sanitaria e quella ferroviaria (per la parte “pubblica”
che FS-RFI continua a svolgere).
- Il coordinamento fra tutte queste attività oggi non è
assicurato né dal mercato né da una catena decisionale
normativamente definita.
- È solo grazie alla buona volontà di tutti - ed è
quanto posso affermare con certezza per il porto di Venezia - che è
stato, ed è ogni giorno, possibile superare innumerevoli
ostacoli “non necessari”. Ma in assenza di un
coordinamento formale non si può avere la garanzia di
eliminare sovrapposizioni di competenze foriere di ritardi e
dispersione di energie.
- Il tema speciale riguarda il tipo di coordinamento che dovrebbe
poi essere riservato dalla legge al Porto di Venezia per le
caratteristiche di “porto regolato” che andrà
presto assumendo. Il porto di Venezia è da sempre porto che
insiste su una laguna raggiungibile solo tramite le tre bocche di
Lido, Malamocco e Chioggia; bocche che verranno presto dotate di un
sistema di dighe mobili (MoSE) e conche di navigazione, finalizzato
a regolare il regime idraulico della laguna ed in grado di
proteggere Venezia dalle acque alte.
-
- Una situazione tanto peculiare che vedrà il sovrapporsi
di più competenze sul traffico marittimo che attraversa le
bocche.
- La gestione dell'accesso nel “porto regolato” deve
contemplare sia le esigenze della salvaguardia dal mare, sia quelle
di sicurezza della navigazione, sia la miglior funzionalità
delle attività portuali utili alle economie internazionali,
nazionali e regionali servite dai porti di Venezia e Chioggia.
-
In considerazione di tali peculiarità, il modello di porto
giuridicamente da configurare per Venezia (e Chioggia) non può
che essere speciale. Appare necessario che sia lo stesso Ministro
delle Infrastrutture e dei Trasporti, anche in deroga alle norme del
codice della navigazione ed alle altre disposizioni di legge in
materia, e d'intesa con il Presidente della Regione competente, a
provvedere direttamente alla disciplina dei porti ad accesso
regolato, ivi compresa l'individuazione delle competenze di
Magistrato alle Acque, Autorità Portuale, Capitaneria di
Porto e di ogni altro soggetto interessato.
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- Venezia base portuale del sistema
logistico del Nordest
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- La quarta sfida, mi si consenta, la più affascinante,
comporta la ricostruzione di una alleanza tra il porto di Venezia e
il suo retroterra naturale: il Veneto, il Nord-Est, la Lombardia
orientale, e, traguardando oltre le Alpi, la Germania meridionale e
l'Austria.
- Ma anche la Francia, quando sarà possibile far correre le
merci lungo il corridoio V, attraversando la Torino-Lione; la
Svizzera, quando i trafori del Gottardo e del Loetchberg
consentiranno di attraversare le Alpi svizzere; l'Ungheria e
l'Ucraina, quando il corridoio V sarà completato verso
Budapest; e la Repubblica Ceca, la Slovacchia e la Polonia, quando
il corridoio 23 Adriatico-Baltico consentirà di andare oltre
Vienna.
- Tuttavia, per restare al di qua delle Alpi e guardare in primis
al Veneto e al Nordest, è compito inderogabile del porto di
Venezia ridare quanto prima una base portuale e logistica al tessuto
economico e produttivo del Nordest, ancora costretto, ma lo è
purtroppo da anni, decenni, a cercare la propria base portuale
lontano da qui: nei porti del Tirreno se non addirittura nei porti
del Mar del Nord.
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- La cruda realtà è che oggi, su 100 TEU prodotti
nel Veneto e nel Nordest che debbano imbarcarsi per muoversi verso
destinazioni al di là di Gibilterra o Suez, 30 vengono
movimentati attraverso i porti liguri e altrettanti, se non di più,
attraverso i porti di Rotterdam e Anversa.
- L'instradamento di questo volume di merci attraverso il porto
di Venezia costituirebbe il più grande contributo all'aumento
dell'efficienza produttiva del sistema produttivo veneto, oltre che
un contributo a ridurre la congestione del sistema stradale e
ferroviario europeo.
- Ma perché allora, a fronte di tali benefici, il Porto di
Venezia non è ancora riuscito a riprendere il suo ruolo
naturale, di scalo a servizio del Veneto e del Nordest?
- La prima risposta è che oggi siamo in un circolo vizioso
per il quale Venezia non attrae servizi marittimi adeguati perché
non riesce a garantire un raccordo efficiente col suo retroterra; e
il retroterra non si rivolge al porto di Venezia perché non
ha servizi marittimi adeguati.
- Occorre, ed è possibile, rompere questo circolo vizioso,
trasformarlo in circolo virtuoso.
- E per farlo occorre che le navi che arrivano a Venezia trovino i
treni, le chiatte e i camion pronti a inoltrare la loro merce; e che
i treni, i camion e le chiatte che portano merce a Venezia trovino
le navi pronte ad imbarcarle tutti i giorni e con regolarità.
- Questo esige una dimensione di scala che è - in alcuni
settori portuali - di almeno un ordine di grandezza superiore a
quella attuale.
- Gli spazi disponibili a Marghera e una rivoluzione
nell'accessibilità nautica con la costruzione di un terminal
d'altura con fondali naturali a - 20 metri appena al largo della
bocca di Malamocco, consente di garantire questo salto di scala.
- Ma nella stessa direzione vanno il reinserimento del porto di
Venezia fra le origini-destinazioni dei servizi ferroviari regolari
verso Milano, verso Monaco di Baviera, verso Vienna, che verranno
riproposti tra poche settimane.
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- O, ancora, l'organizzazione e la promozione di nuove linee
marittime ro-ro e ro-pax mediterranee, come quella ripristinata per
Siria ed Egitto dal prossimo maggio, da collegare - e di questo va
dato atto agli sforzi fatti dagli spedizionieri veneziani -
all'inoltro veloce delle merci via camion con consegne in Germania,
nei paesi scandinavi e nella stessa Inghilterra in tempi competitivi
con lo stesso trasporto aereo.
-
- O, ancora, la riattivazione (o meglio, l'attivazione) di servizi
regolari di trasporto lungo l'asta del canale Fissero-Tartaro-Canal
Bianco fino a Mantova e, lungo l'asta del Po, fino a Cremona, con
modalità già avviate da poche settimane e promosse
dall'Autorità portuale di Venezia attraverso la società
Fluviomar.
- Un servizio che fa di Venezia il solo porto nazionale che può
contare in modo regolare e sempre più promettente sulla
navigazione interna.
- Se all'ampliamento dell'offerta di servizi corrisponderà
una adeguata domanda, il sistema produttivo del Veneto, del Nord-est
e della Lombardia orientale potrà contare su una potente
spinta competitiva; e il porto di Venezia su un riacquistato ruolo
di punto imprescindibile di interscambio fra la Pianura padana e il
mondo.
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- Il nuovo porto di Venezia: “piazzali
a Marghera, banchine in mare”
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- Ma i destini del porto di Venezia si intrecciano ancora una
volta con quelli della laguna e con quelli di Porto Marghera.
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- Le prospettive di rilancio della base portuale di Venezia
dipendono come non mai, da un lato, dall'adattamento di aree
dismesse dalle industrie petrolchimiche a Marghera allo sviluppo di
servizi portuali e logistici e, dall'altro lato, dal miglioramento
della sua accessibilità nautica (correggendo la situazione
per la quale “il porto di Venezia ha gli spazi, ma non ha i
fondali”).
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- Ma altrettanto crucialmente, un sollecito rilancio produttivo ed
occupazionale di Marghera passa per una estensione dei servizi
portuali e logistici a Marghera; così come la laguna può
esser meglio protetta con uno sviluppo portuale basato su un accesso
nautico più compatibile con la sua conservazione e
valorizzazione.
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- Il tema sensibile del rilancio produttivo ed occupazionale di
Marghera parte dall'assunto che, fatto salvo il mantenimento di ogni
attività industriale esistente e competitiva, è
possibile uscire dall'impasse occupazionale solo evitando una
strategia puramente difensiva, di corto respiro, puntando, invece,
su nuove attività capaci di stare sul mercato.
- In questo senso, parte delle aree dismesse dalle industrie
petrolchimiche di Marghera - quelle ubicate all'interno dell'Ambito
portuale e in fregio ai canali portuali interni lagunari - possono
essere destinate, una volta bonificate e rese riutilizzabili, ad usi
portuali e logistici atti a soddisfare l'ingente domanda potenziale
proveniente dal retroterra nazionale (ed europeo) del porto di
Venezia.
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- Non tutte le aree di Marghera hanno le caratteristiche (facile
uso della banchina) per essere riadattate a fini portuali, cosi'
come non tutte le attività industriali che val la pena di
mantenere o avviare a Marghera hanno necessità di stare in
fregio ai canali. Intelligenza strategica vuole che si destinino le
aree alle diverse attività in modo da non perdere alcuna
occasione di nuovo sviluppo.
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- Lo sviluppo portuale e logistico, in somma, non può
essere la sola via per il rilancio produttivo ed occupazionale di
Marghera, ma può dare un contributo reale e immediato.
- La Regione del Veneto con il Comune di Venezia, il Comune di
Mira e la Provincia di Venezia sapranno sicuramente disegnare quel
progetto complessivo ed urgente di rilancio di tutta Marghera.
- L'Autorità portuale sa di dover collaborare; ed è
pronta a farlo per le sue competenze urbanistiche (si ricordi che
tutta l'area industriale di Marghera ricade nell'Ambito portuale) e
assumendosi la responsabilità di guidare una parte del
rilancio con il progetto che oggi qui si delinea.
- I “piazzali a Marghera”
-
- Fra questi progetti sono di particolare rilevanza quelli
relativi alla realizzazione, in corso, del terminal destinato alle
Autostrade del mare (traffici ro-ro e ro-pax) e alle navi
passeggeri, quelle troppo grandi per scalare la Marittima, in area
ex-Alumix (36 ha) a Venezia-Fusina (con un investimento complessivo
di 235 milioni €, dei quali 195 in finanza di progetto) e
all'acquisizione in corso delle aree ex-Syndial ed ex-Montefibre
(90ha in totale) in fregio al canale industriale ovest da destinare
a terminal portuale e logistico.
- Si tratta di progetti che possono garantire, a regime, un minimo
di 300 posti di lavoro in area ex-Alumix e 1000 posti di lavoro in
area ex Syndial-ex Montefibre. Obiettivo raggiungibile tanto più
presto quanto più presto si darà il via alle attività
di bonifica.
-
- Cifre occupazionali che potranno essere sensibilmente
incrementate qualora si dovesse poter contare sulla possibilità
di ridefinizione territoriale della “zona franca”
doganale, privilegio attribuito al porto di Venezia assieme ai porti
di Trieste, Genova e Napoli, e ancor più degli effetti della
nuova accessibilità nautica.
- Progetti che vanno lungo la strada già percorsa da
operatori privati (la società CIA con il connesso Interporto
di Venezia, e Transped SpA) con le trasformazioni a fini
portuali-logisitici già realizzate di aree ex industriali
inutilizzate.
- Progetti che ci piacerebbe veder estendersi anche su altre delle
aree ex-industriali, dismesse e in fregio ai canali portuali attorno
alla darsena della Rana.
-
- Per la realizzazione del progetto in area ex Syndial ed ex
Montefibre l'Autorità portuale sta costituendo Venice Newport
SpA con la collaborazione della Regione del Veneto, tramite Veneto
Sviluppo SpA, e degli Interporti di Bologna, Padova, Verona e
Venezia.
- Le “banchine in mare”
-
- Ma lo sviluppo dei servizi portuali e logistici a
Venezia-Marghera va collegato al miglioramento della sua
accessibilità nautica.
- Una miglior accessibilità nautica che non si può
ragionevolmente ottenere con ulteriori approfondimenti dei canali
portuali lagunari, al di là dei limiti fissati dal PRP
vigente che risale al 1965.
-
- È per questo che si è avviato, d'intesa con il
Magistrato alle Acque di Venezia, la progettazione e lo sviluppo di
un terminal portuale d'altura che riduca drasticamente la necessità
di approfondimento dei canali portuali lagunari.
-
- L'iniziativa disegna una soluzione che, trasferendo i grandi
traffici marittimi (navi petroliere, porta container e porta
rinfuse) fuori della laguna con la realizzazione di una piattaforma
d'altura capace di utilizzare fondali naturali di -20.00 metri,
ottempera al dettato dell'art. 3 lett.l) della legge speciale
798/1984 (allontanamento del traffico petrolifero dalla laguna) e
riduce la necessità di adeguamenti infrastrutturali ulteriori
rispetto al Piano Regolatore Portuale del 1965 oggi vigente
(approfondimento dei canali portuali interni ), così come
riduce le modifiche da apportare alla conca di navigazione di
Malamocco, da trasformare, secondo il deliberato del Comitato di
indirizzo, coordinamento e controllo ex legge speciale 798/84 del 3
aprile 2003, in struttura permanente di accesso al porto di
Venezia-Marghera.
-
- L'opera in mare consiste nella realizzazione di una diga foranea
su fondali non inferiori ai 20 metri ad una distanza dalla costa di
circa 10 miglia, là dove già oggi le navi attendono in
rada il turno di entrata al porto di Venezia-Marghera, che
consentirà al terminale marino, così protetto, di
svolgere tutti i traffici portuali (petrolifero, container e merci
alla rinfusa) derivanti dai grandi natanti con pescaggio superiore
ai 13 metri, che verranno così tenuti al di fuori della
laguna.
-
- Un obiettivo “ambientale” che si aggiunge a quelli
perseguiti o da perseguire nella bonifica di aree ad ex-vocazione
industriale e nell'eliminazione di fanghi pericolosi dalla laguna di
Venezia
- Il Terminal off-shore avrà una duplice funzione:
- porto a sé stante, per le operazioni di transhipment (da
nave a nave) anche a servizio dei porti di Chioggia e Porto Levante
e di inoltro via chiatta di container e merci verso Rovigo e Mantova
- lungo il sistema fluviale Fissero-Tartaro-Canal Bianco - e verso
Cremona lungo il fiume Po e
- parte fondamentale della base portuale di Venezia, la sua
banchina in acque profonde, in grado di alimentare i terminali
terrestri a Marghera per passare da nave a treno o da nave a camion
e viceversa il traffico diretto o proveniente dal retroterra.
- È l'unione di queste due funzioni che garantisce le
economie di scala, che rende ipotizzabile il ricorso a una
partnership pubblico-privata per la realizzazione del terminal
d'altura.
-
- La convenienza all'investimento - che ha già avuto prime
verifiche di massima - si fonda sul fatto che il terminal off-shore
a Venezia può contare su economie di scala già
sviluppate (capacità di manipolazione di grandi volumi e uso
di grandi spazi logistici, anche ottenuti dalla riconversione di
Marghera), su di una rete infrastrutturale completa (strada,
ferrovia, canale) oltre che sul bilanciamento dei traffici (Venezia,
già oggi, agisce da porta di esportazione verso l'Asia delle
produzioni manifatturiere del Nord Est e della Lombardia orientale).
- Conclusioni
- Il disegno della nuova portualità veneziana andrà
sottoposta ad analisi e valutazioni più accurate e complesse.
L'Autorità portuale è pronta a farlo in tutte le sedi
competenti.
-
- Non poteva però esser persa questa occasione di
presentarlo ad una assemblea tanto qualificata.
-
Questo anche a scapito di un commento più accurato dei
risultati raggiunti dal Porto di Venezia nel 2009. Risultati
peraltro riassunti nella Relazione Annuale 2009 che vi è
stata consegnata. Si tratta di risultati numerosi, complessi, in
qualche caso innovativi, dei quali si può andar fieri.
- Io posso farlo, però, solo dopo aver riconosciuto - come
è mio dovere e piacere-la professionalità, l'impegno e
l'entusiasmo di tutta la “ciurma” dell'APV e dei tanti
operatori che fanno il porto di Venezia. Sono loro i veri
protagonisti di una avventura che io ho solo l'onore di guidare.
- Venezia, 19 aprile 2010
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