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Gli armatori italiani chiederanno ai colleghi europei e alla UE il rinvio della data della liberalizzazione del cabotaggio
Gli operatori e gli studiosi del trasporto marittimo vogliono anche l'apertura del Registro internazionale italiano alle navi dello short sea shipping
16 novembre 1998
Gli armatori italiani chiederanno ai colleghi europei e alle istituzioni comunitarie il rinvio della data della liberalizzazione del cabotaggio, e proporranno al governo italiano l'allargamento del Registro internazionale di navigazione alle navi dello short sea shipping. Le due proposte sono state presentate oggi nel corso del convegno "1° gennaio 1999: la liberalizzazione del cabotaggio marittimo - problematiche conseguenti", svoltosi a Genova a bordo della motonave Fantastic della Grandi Navi Veloci in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico 1998/99 del corso di laurea in Economia marittima e dei trasporti della facoltà di Economia dell'Università di Genova.

Paolo Clerici, presidente della Confederazione Italiana Armatori (Confitarma), non ha nascosto le difficoltà dell'operazione, innanzitutto per l'esiguità del tempo a disposizione: solo sei settimane. Clerici ha ricordato che dal prossimo 1° gennaio si effettuerà solo una 'parziale liberalizzazione' del settore cabotiero, visto che la Grecia dispone di una proroga fino al 1° gennaio 2004 e potrà quindi godere di un doppio beneficio: proteggere il proprio mercato nazionale, dove non dovrà temere la concorrenza dei vettori stranieri, e nel contempo utilizzare le proprie navi sulle rotte cabotiere degli altri Stati comunitari. "Tra quaranta giorni - ha detto il presidente di Confitarma - rischia di scoppiare una guerra tra poveri, che si svolgerà inoltre in un momento di crisi, con i noli al minimo storico degli ultimi undici anni". La battaglia in nome della 'pari opportunità' per le flotte delle nazioni europee non è combattuta solo dalla Confitarma, in rappresentanza degli armatori privati italiani, ma anche dalla flotta pubblica, cioè dal gruppo Tirrenia sotto le cui ali sono destinate a confluire le diverse società del cabotaggio marittimo della Finmare: insieme, con un'azione congiunta che Clerici non ha esitato a definire "clamorosa", hanno infatti commissionato alla Arthur Andersen uno studio comparativo sulle flotte europee del cabotaggio, analogo a quello realizzato lo scorso anno per l'intero comparto mercantile. Pur non ancora conclusa, l'indagine - com'era ampiamente prevedibile - ha già evidenziato lo svantaggio dell'armamento italiano sia in termini di costo dell'equipaggio, più elevato rispetto a quello di altri Paesi europei in percentuali che sono comprese tra il 65 e il 115 per cento, che per i gravosi oneri fiscali, i più alti in ambito comunitario. A queste forti penalizzazioni se ne aggiungono altre, tra cui le tabelle di armamento che prevedono un numero minimo di personale imbarcato su navi merci superiore a quello di altre nazioni europee.
L'armamento italiano - ha detto Clerici - ha lavorato molto in questi ultimi due anni per ottenere l'istituzione del Registro internazionale, che è stato varato all'inizio del 1998 e che ha già raccolto domande d'iscrizione per oltre duecento navi. Questo strumento, che consente alla flotta italiana di recuperare competitività grazie al vantaggioso regime fiscale stabilito per le navi utilizzate sulle rotte internazionali, è stato adottato - ha aggiunto - "grazie alla sensibilità del precedente governo e in particolare dell'ex ministro, che potrebbe essere definito della marina mercantile, Claudio Burlando". Il ringraziamento del presidente della Confitarma è andato anche a quegli armatori che, pur con consistenti interessi nel settore del cabotaggio, hanno appoggiato con convinzione l'iniziativa della Confederazione per la costituzione del Registro bis, relegando in secondo piano lo short sea shipping.

La legge sul secondo Registro, come hanno evidenziato anche i relatori successivi, è però tutt'altro che risolutiva, e deve essere modificata in tempi brevi: "il nuovo registro - ha rilevato Clerici - è intanto precluso al cabotaggio, e questo non vuol dire che sia precluso solo ai traghetti, visto che dei 5.000 miliardi di lire di fatturato del settore, 1.000 sono relativi ai traghetti dell'armamento privato, altri 1.000 ai traghetti del gruppo pubblico che fa capo a Tirrenia e 3.000 al cabotaggio merci". La preoccupazione del presidente della Confitarma non è solo motivata dalla libertà d'azione permessa alla Grecia, ma da una possibile repentina destabilizzazione del mercato a cui possono concorrere numerosi fattori: uno di questi può essere ad esempio rappresentato dalla necessità di alcuni operatori nordeuropei di fronteggiare la concorrenza di Eurotunnel, un'opera che ha "avuto notevoli problemi, ma che sta iniziando a funzionare". Alcuni armatori dovranno infatti trovare una nuova collocazione alle loro navi ed è probabile che finiscano per operare nel Mediterraneo.
Clerici ha comunque ammesso il ritardo con cui si arriva a chiedere il rinvio della liberalizzazione e la difficoltà che questa proposta venga accolta in sede comunitaria, anche se la richiesta sarà allargata a tutti i vettori europei. Ma almeno una dilazione di sei mesi più eventuali altri sei, come previsto dalla legislazione UE, potrebbe permettere l'adozione di correttivi di tipo normativo.

Il ritardo dell'industria marittima italiana non si ferma però al settore del cabotaggio, ha ricordato Ugo Marchese, docente dell'ateneo genovese. "La competizione economica globale, riportata nell'ambiente marittimo, si svolge sempre meno tra i grandi gruppi, le grandi imprese, e sempre più tra regioni marittime, regioni portuali o grandi rotte di traffico. Stiamo assistendo - ha detto Marchese - ad una corsa per l'appropriazione dei maggiori terminali intermodali del Mediterraneo, e in particolare di quelli italiani. L'Italia assiste a questa corsa da spettatore, e da spettatore passivo, senza fare gran che per contribuire all'orientamento di questi grandi gruppi. Tutto ciò succede perché l'Italia è al di fuori, di fatto, dai centri decisionali dei grandi traffici marittimi e ne resterà fuori finché sarà in atto la provincializzazione dell'industria marittima italiana, una situazione in cui l'Italia si è messa con le proprie mani, conducendo una politica marittima mai aggiornata da almeno vent'anni a questa parte". Marchese ha sollevato diversi dubbi sulla capacità del Registro internazionale, per come è definito ora, di promuovere l'avvicinamento tra il sistema marittimo-portuale italiano e i grandi centri decisionali del mondo dello shipping. Carenza che è aggravata dal totale disinteresse della legge per il settore cabotiero: riferendosi all'imminente liberalizzazione, Marchese ha sottolineato che quando i porti di uno Stato diventano suscettibili di utilizzo da parte del naviglio di 14 nazioni "si può parlare in tutto e per tutto di attività internazionale, e bisogna chiedersi se ha senso mantenere l'esclusione dal Registro bis del cabotaggio". La perplessità è anche relativa al tipo di 'agevolazioni fiscali' introdotte dal nuovo Registro: "abbiamo rinunciato all'idea di forte riduzione che è data dalla tonnage tax, che è basata su un elemento che non si discute come le tonnellate di stazza lorda del naviglio e che ha un peso finanziario approssimativamente equivalente, mentre abbiamo preferito la riduzione del reddito imponibile applicata in relazione ad un 'centro di riferimento': un sistema che inevitabilmente ingenera incertezze, produce documentazione, burocrazia. Abbiamo insomma preferito la strada della contrattazione a quella della trasparenza, e quindi di fronte al mercato internazionale abbiamo creato un'immagine sbiadita del Registro internazionale". "E' mancato nell'istituzione del Registro bis - ha concluso Marchese - quel salto di qualità che lo avrebbe imposto al mercato marittimo internazionale".

Parlando del 'punto di vista della merce' Marino Abbo, presidente dell'Associazione Ligure Commercio con l'Estero (ALCE), ha ricordato i rischi e le potenzialità connessi alla liberalizzazione del cabotaggio: da un lato c'è una possibile caduta della qualità dei servizi, dall'altro c'è l'auspicata attivazione di nuove iniziative, come ad esempio la creazione di hub per le merci rinfuse. Ma per l'Italia, "se le cose restano così", il futuro secondo Abbo non è roseo. Il presidente dell'ALCE ha sottolineato il ruolo scomodo degli armatori e dei traders, "unici, veri soggetti che competono nel vero libero mercato". In Italia - ha aggiunto - protezione di pochi interessi, centralizzazione delle decisioni e sistema fiscale "demenziale" hanno contribuito in maniera determinante a impedire lo sviluppo del sistema industriale e commerciale, tanto che ora "tutto il commercio italiano si svolge appoggiandosi a traders internazionali".

Se il quadro delineato dal professor Renato Midoro, che ha parlato delle opportunità offerte dalla liberalizzazione, è sembrato meno cupo, il successivo intervento della collega Giorgia Boi ha acuito la preoccupazione per quello che potrà succedere dal prossimo anno. Per quanto riguarda la normativa sul cabotaggio - ha detto infatti - sono necessari correttivi legislativi a livello nazionale e comunitario, visto che "quella del '99 è una vera rivoluzione" e che nella stesura della legge per il Registro bis, come dice testualmente l'articolo 1 comma 5, non si è tenuto conto del cabotaggio. Che non si tratti di una dimenticanza lo ha confermato lo stesso Clerici, ricordando quanto è successo nei dieci anni necessari per ottenere il nuovo registro: "abbiamo chiesto che nella legge ci fosse il cabotaggio: ci è stato detto di no".

Sebastiano Gattorno, vice presidente della Confederazione Generale Italiana del Traffico e dei Trasporti (Confetra), ha evidenziato il rischio di un possibile scavalcamento del sistema trasportistico italiano, non adeguato a rispondere alle esigenze del mercato: "i grandi gruppi industriali mettono in gara tutta la logistica complessiva del loro trasporto, come fanno ad esempio la Whirpool o la Fiat, e non esiste più la singola spedizione". Gattorno ha ricordato che la merce sceglie le proprie strade, e "alla merce della legge non importa niente, ma è attenta alla logica economica".

Il convegno si è chiuso con la relazione di Gianni Cuttica, presidente dell'Associazione Spedizionieri Corrieri e Trasportatori (Spediporto), sull'impatto della moneta unica europea sulle strutture logistiche e di spedizione italiane.

A margine della riunione Aldo Grimaldi, presidente del gruppo Grimaldi, ha ribadito le difficoltà che incontrerà la proposta della Confitarma. La strada è irta di ostacoli: prima ancora che convincere il governo italiano della necessità di un'azione ufficiale, sarà indispensabile ottenere il consenso degli armatori europei. Clerici ha ricordato che il prossimo 11 dicembre ci sarà una riunione dell'European Community Shipowners' Associations (ECSA) in cui verranno spiegate la tesi degli armatori italiani. Ma gli interessi degli armamenti delle nazioni europee sono, di fronte al cabotaggio, molto diversi: questo sembra essere attualmente il vero solco invalicabile.





Bruno Bellio
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