- Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, con sentenza depositata ieri che pubblichiamo di seguito, ha accolto il ricorso proposto dal Consorzio Bettolo contro l'Autorità Portuale di Genova per l'annullamento della deliberazione del Comitato Portuale di Genova assunta nella seduta del 22 dicembre 2009 con la quale era stata rigettata l'istanza presentata dal Consorzio Bettolo per la concessione della nuova area portuale frutto del riempimento a Calata Bettolo che è in via di ultimazione tra Ponte Paleocapa e Ponte Rubattino, dove sorgerà un'area dedicata al traffico dei contenitori ( del 23 dicembre 2009).
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- Il Consorzio Bettolo è partecipato con il 65% da Marinvest, società del gruppo armatoriale Mediterranean Shipping Company (MSC) guidato da Gianluigi Aponte e con il 35% da Se.be.r., società che fa parte del Gruppo Investimenti Portuali (GIP) guidato da Luigi Negri che gestisce nel porto di Genova, attraverso la Terminal Contenitori Porto di Genova Spa, il container terminal Southern European Container Hub (SECH) a Calata Sanità, che è attiguo alla nuova area di Calata Bettolo.
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- L'Autorità Portuale di Genova aveva bocciato l'istanza proposta dal Consorzio Bettolo per ottenere l'accorpamento delle aree in concessione con le aree prospicienti risultanti dal tombamento di Calata Bettolo e di quelle residuali confinanti. Il TAR Liguria evidenzia nella sentenza come il dissidio tra le parti rispecchi l'opposta interpretazione che l'Autorità Portuale e il Consorzio Bettolo annettono rispettivamente all'art. 18, comma 7, l. della legge 84/94 di riforma portuale: «per l'una - spiegano i giudici - la norma pone un vero e proprio divieto inteso a fare sì che ad ogni concessione corrisponda, in un rapporto rigidamente biunivoco, un unico operatore-concessionario che deve eserciate, direttamente ed in modo esclusivo, le operazioni; per l'altro, viceversa, tale divieto non sussisterebbe affatto, dovendosi piuttosto privilegiare la ratio complessiva della norma volta a salvaguardare la concorrenza nel mercato di riferimento».
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- Il Tribunale Amministrativo Regionale, evidentemente propenso ad una applicazione meno rigida della legge 84/94, ha rilevato che, «nella nuova tassonomia dei beni pubblici, è fuori di dubbio che le aree portuali hanno una finalità produttiva. Tant'è che l'attività economica e imprenditoriale, in misura preponderante rispetto al regime demaniale, conforma la disciplina portuale: “l'incremento dei traffici e la produttività del porto”, nella formulazione espressa all'art. 18, comma 6, l..cit, sono i principi che indirizzano l'attività di regolazione demandata all'Autorità Portuale».
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- REPUBBLICA ITALIANA
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
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- Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
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- (Sezione Seconda)
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- ha pronunciato la presente
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- SENTENZA
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- sul ricorso numero di registro generale 179 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
- Consorzio Bettolo, rappresentato e difeso dagli avv. Luigi Cocchi, Andrea Cugiolu, Gerolamo Taccogna, Alberto M. Rossi, con domicilio eletto presso Luigi Cocchi in Genova, via Macaggi 21/5 - 8;
- contro
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- Autorità Portuale di Genova, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandra Busnelli, con domicilio eletto presso Alessandra Busnelli in Genova, via della Mercanzia, 2;
- per l'annullamento della deliberazione del Comitato Portuale 140/2/2009 assunta nella seduta del 22 dicembre 2009; della nota dell'Autorità Portuale in data 2-10/2009, prot. 190- recante risposta alle note della ricorrente in data 3/9/2009 e 10/4/2009, anche in quanto richiamata nella delibera di cui sopra, per domanda di concessione.
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- Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
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- Visto l'atto di costituzione in giudizio di Autorità Portuale di Genova;
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- Viste le memorie difensive;
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- Visti tutti gli atti della causa;
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- Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 marzo 2012 il dott. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
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- Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
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- FATTO
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- Consorzio Bettolo, titolare nel porto di Genova di concessione demaniale estesa ad una porzione di area, pari a mq. 23.0619, del più vasto compendio di Calata Bettolo, ha impugnato il diniego opposto dall'Autorità Portuale di Genova (d'ora in poi APG), sull'istanza intesa ad ottenere, per un verso, l'accorpamento alla concessione delle aree prospicienti risultanti dal tombamento di Calata Bettolo, di quelle residuali confinanti, già oggetto di licenze annuali, nonché la proroga dell'originario termine di concessione fissato al 2020 fino al 2045; e , per l'altro, con specifico riferimento alle modalità di esercizio dei servizi connessi alla concessione, l'autorizzazione, ai sensi degli artt. 16 e 18 l. n. 84/94, ad operare sulle aree in concessione per conto terzi.
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- A corredo dell'istanza, il Consorzio ha presentato il piano di sviluppo, ossia il documento congetturale relativo allo sviluppo dei traffici movimentati, agli investimenti programmati, alle risorse impiegate calibrate sull'assetto territoriale conseguente all'accorpamento delle aree.
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- Nelle premesse dell'atto introduttivo, ha precisato in fatto che:
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- a far data dal 1° aprile 2004, rispetto all'originaria composizione (denominato Consorzio Grimaldi Group), mutava l'assetto della compagine consortile: il 65% della quota è attualmente detenuta da Marinvest s.r.l., società del gruppo MSC, dedita alla gestione sul territorio nazionale di terminal portuali del gruppo; il residuo 35% è intestato a Seber s.r.l., facente parte, a sua volta, del gruppo SECH., titolare del terminal insistente sulle aree di Calata Sanità, contiguo a quello in concessione al Consorzio;
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- il piano regolatore portuale disciplina unitariamente dette aree (ossia quelle assentite in concessione al Consorzio e al gruppo SECH) nel perimetro demaniale contraddistinto dall'ambito S6, prevedendo per esso, tramite l'esecuzione di opere di tombamento dello specchio acqueo antistante Calata Bettolo, l'obiettivo della costituzione del secondo polo contenitori all'interno del porto di Genova con una capacità a regime di circa 900.000 teus;
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- le previsioni del piano regolatore portuale, coerentemente all'obiettivo programmatico, disegnano il futuro assetto della rete infrastrutturale con riguardo al parco ferroviario, alle rampe d'accesso e all'edificazione delle opere pertinenziali, mercè un programma scandito in tre unità d'intervento aventi rispettivamente ad oggetto le attività complementari all'operatività del terminal, le aree di accumulo per i veicoli commerciali e gli interventi di edificazione;
- in tale cornice, i concessionari delle aree oggetto di programmazione e zonizzazione territoriale, hanno formulato due separate istanze: la prima nel 2004 (nella composizione di Consorzio Grimaldi Group) in cui comunicavano all'APG la volontà di una gestione unitaria del polo contenitori dopo la realizzazione delle opere di tombamento; la seconda, sostanzialmente inevasa la prima, nel 2006, ad assetto consortile mutato, che specificamente ne occupa;
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- pubblicata nelle forme di rito l'istanza senza che fossero pervenute osservazioni o proposte da parte di potenziali concorrenti, la Conferenza delle direzioni e servizi dell'APG nella seduta del 7 gennaio 2008, dando preliminarmente conto dell'articolata istruttoria seguita dagli uffici sugli specifici interventi contenuti nell'istanza, rilasciava parere favorevole al piano di sviluppo presentato “ subordinando il rilascio del titolo concessorio alla presentazione… di idonee soluzioni giuridiche finalizzate alla gestione unitaria del compendio descritto nel piano di sviluppo”;
- di seguito, il Comitato portuale, sull'esame delle proposte formulate dal Consorzio, contraddicendo quanto precedentemente affermato (riunione del 24 gennaio 2008) laddove aveva avallato in toto le conclusioni attinte dalla Conferenza, con la deliberazione impugnata invece condivideva formalmente il contento del diniego espresso nella nota del 2 ottobre 2009, adottata dal responsabile del procedimento su sollecitazione dell' istante sfociata nella diffida formulata ex art. 328, comma 2, c.p..
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- Conseguenti i motivi di censura compendiabili nella plurima violazione del principio di leale collaborazione, di cui agli artt. 97 cost., 6 e ss e 21 nonies l. n. 241/90; nonché nella violazione degli artt. 5, 18 ,commi 4 e 7, l. n. 84/94; eccesso di potere sotto vari profili.
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- L'ATP si è costituita chiedendo la reiezione del ricorso.
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- Con motivi aggiunti il Consorzio ha dedotto ulteriori profili di illegittimità.
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- Disposta verificazione dei luoghi, in esito, alla pubblica udienza del 15.03.2012 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
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- DIRITTO
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- È impugnato il diniego opposto dall'Autorità Portuale di Genova sull'istanza proposta dal Consorzio ricorrente intesa ad ottenere l'accorpamento delle aree in concessione, delle aree prospicienti risultanti dal tombamento di Calata Bettolo e di quelle residuali confinanti, già oggetto di licenze annuali, nonché la proroga dell'originario termine di concessione fissato al 2020 fino al 2045.
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- Accorpamento funzionale a conseguire, con specifico riferimento alle modalità d'esercizio dei servizi connessi all'accorpamento delle aree in concessione, l'autorizzazione, ai sensi degli artt. 16 e 18 l. n. 84/94, ad operare su di esse per conto terzi.
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- Le censure attingono due ordini di censure concorrenti: il primo, di natura istruttoria -procedimentale, denuncia la violazione del principio di leale collaborazione scrutinato ai sensi degli artt. 97 cost., 6 e ss e 21 nonies l. n. 241/90; il secondo, di rilievo sostanziale, lamenta, invece, l'errata interpretazione dell'art. 18 l.n.84/94, poiché l'APG, ad avviso del Consorzio ricorrente, avrebbe assunto un indirizzo affatto contrario alla gestione produttiva delle aree portuali che ne conformerebbe ratio e disciplina.
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- Il ricorso è fondato.
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- Il dato oggettivo ed indiscusso da cui muovere nella cognizione della vertenza dedotta in causa è che il piano regolatore portuale considera le aree detenute in concessione dal Consorzio e da SECH e quella risultante dal tombamento dello specchio acqueo limitrofo in modo unitario, (ri-)comprendendole nel perimetro demaniale contraddistinto dall'ambito S6.
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- Alla previsione (statica) localizzatrice delle aree fa riscontro l'individuazione (dinamica) dell'obiettivo perseguito: la costituzione di un secondo polo di movimentazione di conteiners all'interno del porto di Genova con una capacità a regime di circa 900.000 teus.
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- La connessione fra profilo statico (riperimetrazione delle aree) e quello dinamico (incremento dell'attività terminalistica) è altresì resa palese dal (crono-)programma degli interventi previsti, scandito in tre distinte unità disciplinanti rispettivamente l'esecuzione delle opere riguardanti le attività complementari all'operatività del terminal, le aree di accumulo per i veicoli commerciali e gli interventi di edificazione.
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- In definitiva, nel PRP e negli atti di programma annessi, le aree in concessione e quella scaturente dal tombamento sono considerate strumentali alla conduzione di un unico compendio terminalistico in grado, per un verso, di implementare sensibilmente il traffico delle merci all'interno del porto e, per l'altro, di reggere la concorrenza nel mercato di riferimento sempre più appannaggio di grandi terminal che offrono servizi a prezzi competitivi sfruttando economie di scala.
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- Il disegno programmatico e pianificatorio, come divisato con gli atti richiamati, postula in parallelo il potenziamento imprenditoriale degli operatori economici chiamati a darvi attuazione.
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- A riguardo, significativamente, nell'ambito delle rispettive competenze, sia la Conferenza delle direzioni e servizi dell'APG nella seduta del 7 gennaio 2008 che il Comitato portuale con la deliberazione d. 24.01.2008, sul piano d'impresa ex art. 18 comma 6 l. n. 84/94, annesso alla richiesta d'autorizzazione, presentato dal Consorzio ricorrente, si sono favorevolmente espressi rilevando che “…in conseguenza delle sinergie create, oltre l'affidabilità dei soggetti consorziati…(il piano) può essere credibilmente sviluppato su ordini di grandezza del traffico indicati con i relativi investimenti ed impegni finanziari”.
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- Sicché, acclarato che la c.d. “sinergia fra imprese” è il presupposto per la gestione produttiva del compendio, controverso è il mezzo mediante il quale in concreto perseguirla nel rispetto della normativa di settore.
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- Per l'ATP: il Consorzio non avrebbe assolto al compito di individuare (per riprendere le espressioni atecniche impiegate nelle deliberazioni richiamate) “gli strumenti giuridici più idonei al fine di traguardare la prospettata gestione unitaria di ambiti demaniali attualmente separati”; a cui ha poi fatto seguito la deliberazione del Comitato che ha subordinato il rilascio dell'autorizzazione alla “costituzione della società che dovrà pensare (!?) alla gestione globale unitaria”.
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- Sulle ipotesi proposte, opposta la conclusione del Consorzio: la costituzione di un consorzio composto dai due concessionari (ossia Consorzio Bettolo e SECH) da autorizzarsi ai sensi dell'art. 16 l.n. 84/94 per operare all'interno dell'unico compendio, o, in alternativa, l'esercizio in estensione da parte di SECH sulle confinanti aree, vale a dire quella in concessione al Consorzio Bettolo e quella risultante dal tombamento, che riproduce un modello già impiegato nel porto di Genova per il VI modulo di Voltri, soddisferebbero in pieno l'esigenza di un'unica cabina di regia del compendio terminalistico.
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- In estrema sintesi il dissidio rispecchia l'opposta interpretazione che l'APG e il Consorzio rispettivamente annettono all'art. 18, comma 7, l. n. 84/94: per l'una, la norma pone un vero e proprio divieto inteso a fare sì che ad ogni concessione corrisponda, in un rapporto rigidamente biunivoco, un unico operatore-concessionario che deve eserciate, direttamente ed in modo esclusivo, le operazioni; per l'altro, viceversa, tale divieto non sussisterebbe affatto, dovendosi piuttosto privilegiare la ratio complessiva della norma volta a salvaguardare la concorrenza nel mercato di riferimento.
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- La questione merita un sintetico approfondimento.
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- Nella nuova tassonomia dei beni pubblici, è fuori di dubbio che le aree portuali hanno una finalità produttiva. Tant'è che l'attività economica e imprenditoriale, in misura preponderante rispetto al regime demaniale, conforma la disciplina portuale: “l'incremento dei traffici e la produttività del porto”, nella formulazione espressa all'art. 18, comma 6, l..cit, sono i principi che indirizzano l'attività di regolazione demandata all'Autorità portuale.
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- L'appartenenza pubblica al demanio portuale delle aree in concessione, secondo il dato positivo appena richiamato, per riprendere la perifrasi impiegata dalla Suprema corte, è pertanto strettamente inerente al “perseguimento della relativa funzione e dei relativi interessi ad essa collegata” (Cass. sez. un., 14 febbraio 2011 n. 3665).
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- Sul piano sistematico, quanto ai profili specificamente giuridici, è paradigmatico l'art. 1, 18° comma d.l. n. 194 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla l. 26 febbraio 2010 n. 25, che, con riguardo al demanio marittimo ed alle modalità d'accesso alle concessioni da parte degli operatori, in attesa della revisione della legislazione in materia, predica il rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell'esercizio dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti.
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- Ossia di quegli stessi principi che, anche in forza dell'orientamento giurisprudenziale assunto dalla giustizia amministrativa, conformano ab imis l'affidamento delle aree portuali.
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- In sintonia, la concessione demaniale ha smarrito l'originaria impronta di atto unilaterale (con separato disciplinare accessivo) espressione di un potere autoritativo, per assumere piuttosto le connotazioni di un modulo convenzionale unitario.
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- L'esigenza di garantire le pari opportunità d'accesso al settore economico portuale, mediante estensione dell'evidenza pubblica, ha certamente contribuito ad assimilare la concessione al contratto.
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- Nondimeno non è revocabile in dubbio che si è altresì preso consapevolezza del fatto che la concessione-contratto (di natura pubblicistica) risponde ad un modello più funzionale, tale da consentire di perseguire con l'assenso dell'operatore economico interessi altrimenti non raggiungibili con l'esercizio del (solo) potere autoritativo.
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- È al riguardo significativo l'art. 18,comma 4, l. cit, laddove, per le iniziative di maggiore rilevanza, prevede che il Presidente dell'Autorità possa concludere accordi sostitutivi ai sensi dell'art. 11 l. 7 agosto 1990 n. 241.
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- Nella congiuntura economica attuale, caratterizzata dalla recessività dell'intervento dirigistico pubblico nell'economia, l'incremento del traffico portuale s'ottiene con adeguati investimenti, a cui fa necessariamente riscontro il potenziamento e la flessibilità dell'attività d'impresa, che solo gli operatori privati possono allo stato volontariamente sostenere, senza che (ed è questo il dato saliente), dovendosi rispettare l'evidenza pubblica contrattuale, sia compromessa o pregiudicata in alcun modo la concorrenza nel mercato.
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- Del resto lo schema dei rapporti intrattenuti nel caso in esame, articolatosi in incontri e progressive definizioni del contenuto degli impegni assunti, sembra riconducibile, in senso sostanziale, ad uno modulo pre-convenzionale, piuttosto che al canonico procedimento relativo all'esercizio di potestà unilaterale.
- L'ascrizione della concessione demaniale al contratto (pubblicistico) risponde dunque ad un'esigenza inemendabile, ed ha quale corollario l'applicabilità, almeno in astratto ed ove non diversamente disposto, della disciplina contenuta nel codice dei contratti in tema dei soggetti a cui possono essere affidati i contratti: consorzi stabili, consorzi e raggruppamenti temporanei, perlomeno in tesi, possono aspirare, fatti salvi gli interessi pubblici indisponibili, a divenire partners concessionari.
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- Anche l'avvalimento, si offre come modello tipizzato (prendendo a prestito il lessico impiegato nelle delibere richiamate) di “sinergia fra imprese”.
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- Né osta l'art. 18, comma 7, l.cit., nella duplice lettera insistentemente richiamata dall'amministrazione resistente: il criterio di “una sola concessione ad uno stesso operatore”; il paradigma dell'esercizio diretto ed esclusivo del terminalista delle attività autorizzate.
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- Sotto il primo profilo, la norma si limita a prescrivere che le imprese concessionarie debbano operare negli spazi che sono stati loro assegnati e che non possano ottenere nello stesso porto più di una concessione per lo stesso tipo di operazioni.
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- Nella realtà, la più avvertita dottrina, ha sottolineato che la limitatezza degli spazi, unitamente alle esigenze di specializzazione dei singoli terminals, possono rendere assai complessa - e probabilmente neppure opportuna in quanto non necessariamente rispondente agli interessi degli utenti che preferiscono fruire dei servizi offerti da operatori specializzati nella movimentazione dei vari tipi di carichi - la presenza nello stesso porto di più concessionari svolgenti la medesima attività in effettiva concorrenza fra loro.
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- Se n'è tratta la condivisibile conclusione che la norma mira a prevenire la concentrazione in capo ad un medesimo imprenditore della disponibilità degli spazi eccessivamente ampi in ambito portuale dichiarando l'illegittimità della costituzione o del rafforzamento della posizione dominante ritenuta dal legislatore naturalmente idonea ad ingenerare pratiche anticoncorrenziali, prescindendo dall'accertamento dell'avvenuta realizzazione delle pratiche abusive.
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- Quanto al secondo profilo la norma non pone un divieto. Non è affatto (ontologicamente) proibitiva dal momento che essa stessa prevede un' eccezione (cfr. comma 7 art. 18 l.cit.), segnatamente: “su motivata richiesta dell'impresa concessionaria, l'autorità concedente può autorizzare l'affidamento ad altre imprese portuali, autorizzate ai sensi dell'art. 16, dell'esercizio di alcune attività comprese nel ciclo operativo”.
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- Va sottolineato che la facoltà riconosciuta al terminalista di affidare ad imprese autorizzate parte delle prestazioni svolte, è volta a far sì che il concessionario possa terzializzare l'espletamento di alcune attività.
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- La legge 8 luglio 2003 n. 172, integrativa dell'art. 18, che tale facoltà ha riconosciuto, viene incontro, secondo la dottrina che s'è convincentemente occupata ex professo del tema, all'esigenza di rendere più flessibili e più efficienti le imprese portuali scongiurando il rischio, conseguente alla rigida applicazione dell'obbligo dell'esercizio diretto ed esclusivo dell'attività da parte del terminalista, che si congeli oltre misura l'organizzazione degli operatori portuali penalizzando, il necessario dinamismo imprenditoriale.
- Sicché le proposte formulate dal consorzio ricorrente su “un'unica cabina di regia” del compendio terminalistico, l'una che ha specifico riguardo alla forma giuridica che la compagine concessionaria è disposta ad assumere; l'altra tipica dell'attività esercitata dalla concessionaria in estensione (nel caso in esame da parte di SECH), meritavano una scrupolosa e seria disamina, non surrogabile, come avvenuto nel caso che ne occupa, con lo stentoreo e defatigante riferimento ad un supposto divieto ex lege, in realtà non sussistente.
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- In definitiva il diniego impugnato è inficiato da una sorta di apriorismo concettuale affatto contrario alla dialettica istruttoria che deve informare il procedimento in esame.
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- Del resto la disposta verificazione gudiziale, in disparte le affrettate affermazioni giuridiche non pertinenti, ha accertato in fatto che non sussiste alcuna situazione logistica incompatibile con la gestione operativa unica come proposta dal Consorzio.
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- Va al riguardo sottolineato che l'autonomia istituzionale e la specifica competenza dell'Autorità portuale richiede oggigiorno un rinnovata capacità di elaborare nuove soluzioni operative di gestione dei terminals al passo con i tempi e, va sottolineato, in linea con le ipotesi di diritto positivo richiamate.
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- La regolazione del settore esige il coordinamento degli interessi pubblici (in tema di sicurezza delle condizioni di lavoro e rispetto della disciplina pubblica indisponibile) con quelli relativi alla proficua attività d'impresa degli operatori portuali.
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- Imponendo se, del caso, prescrizioni o condizioni che tale bilanciamento salvaguardi: il potere di controllo (cfr., ad esempio: art. 5 d.m. 31 marzo 1995 n. 585; art. 16 l. cit sull'abilitazione soggettiva alle operazioni portuali), munito d'apparato sanzionatorio, di cui è investita l'Autorità portuale agevola e presidia il compito.
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- Conclusivamente è fondata la censura (sostanziale) che lamenta l'errata interpretazione dell'art. 18, comma 7, l.n. 84/94.
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- Alla medesima conclusione deve giungersi in ordine al motivo d'impugnazione.
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- Sussiste la violazione dell'art. 3 l. n. 241/90 in combinato disposto all'art. 97 cost.. l'APG ha procrastinato sine die la decisione sull'istanza in esame, per assumerla infine solo dopo che il Consorzio ricorrente, esasperato da ingiustificate lungaggini, l'ha formalmente diffidata ex art 328 c.p.
- Conclusivamente il ricorso deve essere accolto.
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- La novità delle questioni, in fatto e diritto dedotte in causa, giustifica l'integrale compensazione delle spese di lite.
- P.Q.M.
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- Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda)
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- definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi della motivazione e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati.
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- Spese compensate.
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- Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
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- Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 15 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:
- Enzo Di Sciascio, Presidente
- Oreste Mario Caputo, Consigliere, Estensore
- Davide Ponte, Consigliere
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L'ESTENSORE
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IL PRESIDENTE |
- DEPOSITATA IN SEGRETERIA
- Il 24/05/2012
- IL SEGRETARIO
- (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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