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Entro il mese si saprà qual è il piano del governo italiano per i porti
Lupi: su Costa Crociere, il governo non accetterà «delocalizzazioni che spostino sede e lavoro per poi ottenere vantaggi dal nostro “sistema Paese”»
9 febbraio 2015
. C'è chi lo considera un impegno e chi l'ennesima promessa. Comunque sia è con questo programma che il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, ha concluso nel primo pomeriggio di oggi gli Stati Generali dei porti e della logistica che ha convocato a Roma per presentare il documento operativo stilato per identificare le prospettive di sviluppo del comparto e la cui definizione è stata stabilita dal decreto legge “Sblocca Italia” dello scorso settembre.
«Adesso - ha concluso Lupi - è il momento di raccogliere i frutti del lavoro. Nei prossimi 20-25 giorni dobbiamo fare la sintesi». L'impegno-promessa del ministro è di presentare il piano all'esecutivo a fine mese e poi sottoporlo alle commissioni parlamentari.
Lupi ha specificato che il piano deve dare una risposta a sei punti. Primo: come l'Italia e i suoi porti possano acquisire nuovi traffici e passono ampliare il mercato. È poi necessario sapere come attrarre e mantenere gli investimenti. A tal proposito il ministro si è soffermato sulla convocazione fatta dal governo ai vertici di Costa Crociere, che venerdì prossimo incontreranno Lupi. Tema della riunione sarà evidentemente il piano di sviluppo dell'attività della compagnia crocieristica in Italia dopo che Costa ha annunciato il trasferimento ad Amburgo di alcune funzioni svolte attualmente nella sede centrale di Genova ( del 29 gennaio 2015). Lupi ha confermato che il governo intende porre all'amministratore delegato di Costa Crociere, Michael Thamm, e ai suoi collaboratori alcune questioni incentrate sulle attività in Italia della compagnia e della sua capogruppo statunitense Carnival Corporation. Il ministro ha precisato che ricorderà ai rappresentanti di Costa le misure che la legislazione nazionale offre alle società crocieristiche per agevolare il loro sviluppo sul suolo italiano e per immatricolare le loro navi nel Registro Internazionale di cui l'Italia si è dotata da alcuni anni. Alle domande dei giornalisti Lupi ha replicato che il governo non accetterà «delocalizzazioni che spostino ovviamente sede e lavoro, per poi ottenere vantaggi dal nostro “sistema Paese”».
Il piano - ha proseguito Lupi - dovrà rispondere anche alle necessità dello sviluppo tecnologico, per recuperare terreno e ridurre il gap competitivo, affrontare tematiche come i dragaggi e i controlli operati nei porti. È poi essenziale stabilire un patto per la crescita della logistica e valutare i piani di investimento delle Autorità Portuali. Il ministro ha ricordato che, con un lavoro intenso e rapido, le authority portuali sono state chiamate a presentare i loro programmi di investimenti in infrastrutture: «sono arrivate proposte - ha sottolineato - per 14,5 miliardi di euro». Specificando che, a parte le risorse indispensabili per attuare i piani infrastrutturali in corso, la richiesta delle Autorità Portuali è per ulteriori investimenti pari a ben dieci miliardi di euro, «vi chiedo - ha commentato Lupi - possiamo andare avanti così?» Il ministro ha sottolineato che è indispensabile stabilire delle priorità e - ha rilevato - «100 grandi opere non sono una priorità».
Per promuovere lo sviluppo dei porti italiani è infine necessario individuare le modalità per vincere le sfide della concorrenza. «Sono convinto - ha affermato a tal proposito Lupi - che l'apertura al mercato faccia bene».
Chi dall'incontro odierno si attendeva già delle risposte è rimasto deluso. Queste - ha assicurato il ministro - arriveranno a fine mese quando il governo assumerà le decisioni. Per il governo, evidentemente, con gli Stati Generali di oggi si è conclusa solo la fase di confronto con le parti interessate, un dibattito da cui i sindacati hanno denunciato di essere stati esclusi.
Ad inforMARE non è ancora chiaro perché il governo abbia inserito i porti nell'elenco delle priorità per il rilancio dell'economia nazionale. Non perché i porti non abbiano bisogno di misure per promuovere il loro sviluppo e per garantire un aumento della loro competitività, ma perché meriterebbero di figurare oltre la decima misura di “sblocco” dell'Italia nelle linee guida presentate lo scorso agosto dal governo.
È davvero un caso che la quarta voce “Sblocca Porti”, preceduta nell'elenco dallo sblocco di Cantieri, Comuni e Reti e seguita dalle voci Dissesto, Burocrazia, Edilizia, Export, Bagnoli ed Energia, sia l'unica della lista a cui allora l'esecutivo non aveva saputo o potuto apporre alcuna stringata indicazione su cosa fare? È auspicabile che entro fine mese le idee siano più chiare.
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