- La Confederazione Italiana Armatori (Confitarma) si schiera a difesa del Registro Internazionale, che è stato istituito nel 1998 per iscrivervi navi adibite a traffici commerciali internazionali dopo che da tempo era stato invocato dagli armatori italiani ansiosi di ottenere parità di condizioni normative, e quindi di competitività, rispetto ai colleghi di altre nazioni europee. Obiettivo che - a detta degli stessi armatori italiani - è stato appunto conseguito con la legge n. 30 del 27 febbraio 1998 e con i successivi adeguamenti normativi.
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- Risultati positivi che ora la Confederazione armatoriale italiana ritiene necessario non neutralizzare apportando modifiche all'impianto normativo del Registro Internazionale che lo snaturerebbero. Oggi a Roma, nella sua relazione all'assemblea di Confitarma che pubblichiamo nella rubrica “Forum dello Shipping e della Logistica”, il presidente della Confederazione Italiana Armatori, Emanuele Grimaldi, ha sottolineato come il Registro Internazionale sia «tuttora il pilastro di una politica marittima efficace ed espansiva. Oggi - ha spiegato - la flotta mercantile italiana è più che raddoppiata rispetto alla fine degli anni '90 e, nonostante le riduzioni registrate negli ultimi anni di lunga crisi, è ancora pari a circa 17 milioni di tonnellate di stazza. Nello stesso periodo, anche l'occupazione marittima è aumentata del 59%, dato ancor più rilevante se si pensa che gli occupati a livello nazionale sono aumentati solo del 5%. Dall'inizio della crisi del 2008 ad oggi, l'occupazione marittima è aumentata del 12,7% mentre l'occupazione in ambito nazionale è diminuita del 3,5%».
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- «Negli anni - ha ricordato Grimaldi - il Registro Internazionale è stato migliorato, con misure che hanno consentito di equiparare i costi di esercizio delle navi italiane a quelli dei principali competitor stranieri, anche nei collegamenti di cabotaggio di lunga percorrenza e nelle crociere». Tra queste misure il presidente della Confitarma ha evidenziato quella della tonnage tax: «è uno strumento adottato da tutti i principali paesi europei - da Nord a Sud (dal Regno Unito a Malta) e da Est a Ovest (dalla Finlandia al Portogallo) - che ora la Commissione ci chiede di modificare rendendolo, come negli altri Stati membri, applicabile in egual misura a tutte le navi di bandiera europea. Ciò - ha specificato - sta suscitando qualche timore per l'occupazione di marittimi italiani, ma ritengo che queste preoccupazioni siano eccessive. Ciò che realmente riteniamo necessario, pena la perdita dei tanti risultati positivi raggiunti - ha però rilevato Grimaldi - è da un lato salvaguardare l'integrità del Registro Internazionale e dall'altro intervenire con energia ai fini di un'ampia e concreta semplificazione normativa».
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- A tal proposito, specificando che nel confronto con le altre bandiere europee le navi italiane hanno un costo aggiuntivo derivante da procedure farraginose che può superare i 100.000 dollari l'anno per nave, ha chiesto di valorizzare il ruolo dell'amministrazione dedicata alle problematiche marittime: «il sistema delle regole - ha affermato Grimaldi - deve essere semplice e chiaro, per consentirne all'amministrazione una facile applicazione e alle imprese di competere efficacemente a livello internazionale. La scelta del Paese di registrazione di una nave si basa innanzitutto sui costi della bandiera. Purtroppo i maggiori costi di quella italiana sono oggi da imputare alle stratificazione normativa, che rende spesso inefficace l'attività delle tante amministrazioni chiamate ad occuparsi del nostro settore».
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- Nel suo intervento Grimaldi si è soffermato tra l'altro sulla crisi umanitaria del Mediterraneo, ricordando che nell'ambito delle missioni Mare Nostrum e Triton le navi mercantili hanno risposto alle chiamate di intervento per soccorrere i migranti in difficoltà o in pericolo di vita con più di 1.300 viaggi dirottati, contribuendo al salvataggio di oltre 42.000 persone, un quarto dei 166.000 migranti tratti in salvo nel 2014, e di altre 15.200 nei primi otto mesi del 2015. L'armamento italiano è stato il più coinvolto, con quasi 270 interventi nelle operazioni Search & Rescue tra gennaio 2014 e settembre 2015. «Con evidenti difficoltà e rischi- ha rimarcato - equipaggi e navi, nonostante dotazioni di bordo inadeguate al grande numero di naufraghi, hanno risposto con prontezza alla richiesta di salvare vite in pericolo».
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- Inoltre il presidente di Confitarma ha parlato delle tematiche ambientali ribadendo che lo shipping sta da tempo facendo la sua parte per ridurre l'impatto della sua attività sull'ambiente, in particolare nell'ultimo decennio, contenendo le emissioni di CO2: «infatti - ha osservato - nonostante l'aumento del commercio marittimo e nonostante le navi trasportino il 90% delle tonnellate miglia mondiali, dal 2007, lo shipping ha ridotto di oltre il 10% le emissioni CO2, che ora rappresentano solo il 2,2% del totale mondiale». «Con navi più grandi, motori migliori e una differente gestione della velocità - ha aggiunto Grimaldi - lo shipping prevede che la riduzione di CO2 sarà pari al 50% entro il 2050, quando l'intera flotta mondiale sarà composta da super fuel-efficient ship e si diffonderà ancor di più l'utilizzo di combustibili alternativi». Grimaldi ha tuttavia manifestato preoccupazione non solo per il costo crescente per gli investimenti necessari all'adeguamento alle norme internazionali, ma anche per l'incertezza dovuta ad una proliferazione di regole internazionali, europee, nazionali e regionali che spesso si sovrappongono e sono differenti a seconda delle aree geografiche e di difficile applicazione.
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- All'assemblea è intervenuto il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, che ha evidenziato la necessità di fare sistema per sviluppare il sistema logistico nazionale con lo scopo di fare dell'Italia «la porta del Sud Europa». «Con gli altri Paesi - ha spiegato - abbiamo un problema di competizione perché loro fanno sistema. Il problema del sistema-mare è un problema delle città sul mare, che sono tante, ma del sistema Paese e abbiamo quindi bisogno di prenderlo molto sul serio».
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- Delrio ha poi citato l'azione del governo per il settore, con il Piano per la logistica e la portualità, con i relativi decreti attuativi in arrivo e le misure a sostegno del “combinato marittimo”, come il “Marebonus”, attivato quest'anno per le emergenze infrastrutturali, e l'attenzione all'economia del “mare extra”. In merito allo stato di attuazione del Piano strategico nazionale della Logistica e della Portualità, il ministro ha assicurato che «è pronto il primo decreto attuativo della riforma dei porti, relativo alla governance. L'approvazione del piano generale sui porti - ha rilevato Delrio - è stato un passo avanti importante, adesso stiamo approntando tutte le misure applicative. Il decreto delegato sulla governance è pronto e ora è all'attenzione del ministro della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia».
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- Delrio ha sottolineato inoltre che il ministero sta portando avanti per via interministeriale o amministrativa una serie di altre misure, come i decreti per gli escavi e i dragaggi e i regolamenti per lo Sportello Unico Doganale e lo Sportello Unico Amministrativo, così come i collegamenti dell'Ultimo Miglio tra le infrastrutture ferroviarie e stradali con i porti, attraverso i contratti Anas e Rfi.
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- Dopo l'assemblea il presidente della Commissione Navigazione a Corto Raggio di Confitarma, Roberto Martinoli, ha presentato due studi attraverso cui - ha spiegato - «abbiamo voluto far emergere il peso e l'importanza di un settore, quello che potremmo definire lo “Short Sea Nazionale”, che impiega circa 20.000 addetti diretti, genera un giro d'affari di quasi cinque miliardi di euro ed ha un costo diretto ed indiretto inferiore rispetto al trasporto stradale e ferroviario. Le Autostrade del Mare e gli altri servizi marittimi - ha ricordato - muovono ogni anno in Italia circa 40 milioni di passeggeri e offrono ogni giorno una stiva di oltre 120.000 metri lineari, equivalenti a 800 chilometri di “strade galleggianti” che si aggiungono ai 6.700 chilometri della rete autostradale italiana. Numeri, questi, che pongono l'Italia al secondo posto tra i Paesi dell'Unione Europea per tonnellate di merci movimentate dai porti nazionali e al primo per numero di passeggeri trasportati». «Un'industria complessa, variegata ed importante - ha sottolineato Martinoli - ma, paradossalmente poco conosciuta ed analizzata proprio nel Paese il cui territorio, con le sue navi ed i suoi uomini, contribuisce fortemente a collegare, unire e far crescere ogni giorno».
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- Lo studio sulla rilevanza socio-economica dei servizi di trasporto marittimo di corto raggio, merci e passeggeri in Italia, realizzato in-house dalla struttura di Confitarma, è stato illustrato da Oliviero Baccelli dell'Università Bocconi di Milano. Dal documento emerge che, nonostante la crisi economica degli ultimi anni che ha portato ad una disoccupazione nazionale pari al 13% all'inizio del 2014, il trend dell'occupazione marittima è del tutto anticiclico: infatti, a bordo delle navi prese in esame dallo studio che in gran parte risultano iscritte nel Registro Internazionale, il numero degli occupati è aumentato negli ultimi tre anni del 4,7%.
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- Inoltre sono circa 20mila gli addetti a bordo e a terra del comparto analizzato, oltre 8.000 dei quali occupati a bordo delle 156 navi ro-ro merci e miste e poco più di 2.000 sui 93 mezzi veloci, ai quali vanno aggiunti gli oltre 4.500 marittimi degli altri comparti analizzati (cisterniero, bunkeraggio, offshore, rimorchio portuale). Il moltiplicatore dell'occupazione, diretta e indiretta, per ogni unità di occupazione aggiuntiva, risulta pari a 2,02. Un'industria, quella dello “short sea nazionale”, che produce un giro d'affari diretto di quasi cinque miliardi di euro, il cui incremento di ogni unità aggiuntiva produce un effetto moltiplicatore di 2,53 incluso l'indotto.
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- Flavio Marangon di D'Appolonia ha illustrato il secondo studio relativo all'impatto ambientale comparato della navigazione a corto raggio, che raffronta i costi sociali ed ambientali del trasporto marittimo, su quattro linee di autostrade del mare, con quelli delle modalità di trasporto concorrenti: gomma e ferro. Lo studio, realizzato da D'Appolonia su incarico della Commissione Navigazione a Corto Raggio di Confitarma, analizza i costi diretti ed indiretti del trasporto marittimo, autostradale e ferroviario su tre tratte: rotta lunga tirrenica, rotta breve tirrenica e rotta internazionale. L'analisi dei costi di trasporto - che considera fattori come incidentalità, rumore, congestione, tempi di percorrenza, emissioni e costi di trasporto - ha evidenziato come in termini economici per la collettività, la modalità marittima è il mezzo di trasporto che complessivamente ha un costo diretto ed indiretto inferiore su tutte le tipologie di collegamento analizzate a prescindere dalla tipologia di nave utilizzata, sia essa un traghetto tutto-merci o misto passeggeri e merci. A parità di merci e passeggeri trasportati, il maggior costo complessivo derivante dall'utilizzo della strada rispetto alla modalità marittima è risultato essere compreso tra il 70% e il 220%, mentre la ferrovia ha costi maggiori della nave con valori compresi tra l'8% e il 60%. Ne consegue che la modalità marittima resta la soluzione di trasporto migliore in termini di benefici sociali ed ambientali per la collettività.
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