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COUNCIL OF INTERMODAL SHIPPING CONSULTANTS
ANNO XXVIII - Numero 1/2010 - GENNAIO 2010
Porti
La sfida del Baltico
Nel corso dell'intero 2009, tutti i porti scandinavi e nordici
hanno dovuto fronteggiare la recessione: è stato movimentato
il 10% in meno dei carichi in tutta la regione del Mar Baltico, ma
questo dato è stato variabile da porto a porto.
La joint venture svedese-danese CMP (Copenaghen Malmö
Port), per esempio, ha subito un calo del 17% dei volumi dei carichi
rispetto all'anno precedente, avendo movimentato 15 milioni di
tonnellate, ma il calo maggiore è stato avvertito nell'ambito
della distribuzione di autoveicoli e del traffico dei traghetti, che
l'amministratore delegato della CMP Johan Röstin ha attribuito
alla “crisi strutturale nel settore automobilistico”.
Di conseguenza la riduzione dei costi, le svalutazioni ed i
licenziamenti (il 13% della sua forza lavoro a tempo pieno) sono
stati una caratteristica del porto, anche se la CMP continuerà
ad investire in progetti di sviluppo di infrastrutture come la nuova
infrastruttura portuale intermodale presso la Norra Hamnen di Malmö
da 900 milioni di corone svedesi, nonché la nuova banchina
per grandi navi da crociera nel quartiere portuale Nordhavnen di
Copenhagen.
Nel contesto dell'area da 245 acri è previsto altresì
un nuovo terminal container.
Condizioni di mercato analoghe hanno prevalso fin sulla costa
occidentale della Svezia, nel porto di Göteborg, il più
grande dei porti scandinavi, che ha fatto registrare un calo del 5%
dei traffici containerizzati, con una riduzione del 19% in unità
ro-ro, e una diminuzione del 7% dei carichi petroliferi.
Il porto di Oslo in Norvegia ha dovuto fare pesantemente i conti
con la riduzione dei volumi dei carichi a seguito di un disavanzo
del 15,8% del tonnellaggio totale che ha afflitto il porto nei primi
sei mesi del 2009.
Anche i porti di Helsinki e Kotka hanno barcollato per l'impatto
della recessione economica ed il conseguente indietreggiamento dei
traffici marittimi.
Il porto di Helsinki, peraltro, il cui nuovo terminal del
Vusoaari Harbour aveva inaugurato le attività a novembre del
2008, proprio quando la crisi ha preso piede, è stato colpito
in modo particolarmente duro.
Come ammette l'amministratore delegato Heikki Nissinen, il primo
anno di operatività di Vusoaari è trascorso “all'ombra
della recessione” ed i tre maggiori operatori terminalistici
hanno movimentato meno carichi di quanti essi avevano effettivamente
previsto di dover trattare.
In cima a tutti, il porto di Helsinki ha visto i volumi dello
scorso anno calare del 21% rispetto alle cifre del 2008, avendo
movimentato 8,6 milioni di tonnellate di carichi unitizzati e
357.000 contenitori, con una diminuzione di quasi 100.000 TEU
rispetto all'anno precedente.
Tuttavia, anche se il porto ha notato una leggera ripresa
quest'anno, poiché il conteggio di gennaio dei carichi
unitizzati ha totalizzato 705.000 tonnellate che comportano un
incremento dell'8% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente,
rimangono sfide significative da affrontare.
Intervistato per un articolo dell'ultimo numero della propria
rivista aziendale, Mikki Kortelainen, il nuovo e giovanile
presidente del Porto di Helsinki, afferma che, anche se i
Non abbiamo in vista ancora nulla, quanto a svolte in meglio...
Tutti vogliono sapere ciò che la Russia si accinge a fare e
dove invierà i suoi contenitori”.
Nel 2009, il trasporto merci dalla Russia è diminuito di
circa il 40%, una percentuale più marcata rispetto alla
diminuzione dei traffici dell'industria forestale, anche se il
trasporto marittimo russo di carichi umidi e secchi è
destinato a crescere esponenzialmente nei prossimi anni.
Il trasporto del petrolio attraverso il Golfo di Finlandia da
solo dovrebbe eccedere i 250 milioni di tonnellate entro il 2015.
Tra le altre questioni in sospeso, c'è la
ristrutturazione del settore forestale nazionale - una grande fonte
di esportazione per la Finlandia - e il suo impatto sul settore dei
trasporti del paese.
I prodotti della silvicoltura finlandese dovrebbero diminuire
sostanzialmente, in parte a causa del progresso dei media
elettronici.
Kimmo Naski, amministratore delegato del porto di Kotka, uno dei
porti in crescita più rapida nel Nord Europa e che ora
movimenta circa il 40% del traffico container della Finlandia, è
particolarmente preoccupato per le riduzioni avvenute nell'ambito
del commercio estero finlandese.
E, a suo giudizio, sebbene le esportazioni forestali fra agosto
e ottobre dello scorso anno siano state in rialzo, con un tasso di
crescita del 30%, le riduzioni di capacità del settore
potrebbero comportare grosse difficoltà.
É stato previsto che la produzione dell'industria della
polpa di legno e della carta in Finlandia diminuisca fino ad un
terzo e che la sua produzione derivante dalla lavorazione del legno
cali di un quinto dei prossimi anni.
Tuttavia, ogni impellente preoccupazione relativa ai volumi che
non solo i porti finlandesi ma tutti i porti del Mar Baltico possano
avere, potrebbe essere compensata da un aumento dei traffici navali
inerenti alla realizzazione, alla messa in servizio ed alla
manutenzione dei gasdotti marini di 1.200 km che attraverseranno il
Mar Baltico al fine di collegare l'Europa al gas russo.
La Nord Stream ha iniziato la costruzione sui due gasdotti
all'inizio di aprile e il porto di Kotka dovrebbe essere uno dei
centri logistici destinati al progetto.
Esso ha già effettuato investimenti nel proprio molo
Jänskänlaituri al fine di accogliere navi di trasbordo per
i gasdotti ed i relativi servizi e ha affittato alla Nord Stream
un'area di 35 ettari per la costruzione ed il rivestimento dei
gasdotti e delle altre attrezzature.
Naski si augura che, una volta avviate le spedizioni di gas nei
dotti, il porto possa registrare numerose visite aggiuntive
giornaliere.
Tuttavia, egli è preoccupato dal fatto che il pilotaggio
in acque finlandese sia insufficiente in seguito ai recenti tagli
apportati dal governo.
Un altro tema scottante, che avrà un impatto su tutti i
principali porti del Mar Baltico, è la modifica della
direttiva dell'Unione Europea sullo zolfo, che è entrata in
vigore all'inizio dell'anno.
Le disposizioni prevedono che, a partire dal 2015, alle navi
ormeggiate in banchina nei porti comunitari per oltre due ore non
sia permesso di utilizzare carburanti con contenuto di zolfo
superiore allo 0,1%, ovvero che la nave debba essere collegata alla
rete elettrica a terra.
Tutti i porti contattati da Port Strategy, comunque, devono
ancora installare infrastrutture di “cold ironing” e
sperano che la IMO elabori una serie di standard internazionali.
Il CMP (Porto di Copenhagen-Malmö), pur felice di investire
in qualsiasi iniziativa volta a ridurre l'impatto ambientale delle
proprie attività, ritiene che siano in gioco problemi di
compatibilità che possono distogliere i porti dalla immediata
attuazione.
Il coordinatore del marketing della CMP Soren Balkan afferma che
il nuovo molo per le navi da crociera sarà predisposto per
una soluzione del tipo “cold ironing”, ma dichiara che
"noi non sappiamo [per quale tipo di] sistema dobbiamo
prepararci".
Allo stesso modo, il porto di Oslo sta cercando di fornire
energia dal lato terra al proprio Sjursøya Container Terminal
e sta lavorando con la Color Line a tal fine, ma fino a quando
saranno in atto requisiti specifici è riluttante ad
effettuare investimenti immediati.
Il porto di Göteborg, nel frattempo, ha già un
alimentatore ad alta tensione con presa a terra per le navi che vi
approdano.
L'impianto presso il suo terminal ro-ro è stato
installato nel 2000, in seguito alla collaborazione con Stora Enso.
Attualmente ci sono due banchine al terminal ro-ro in grado di
offrire energia dal lato terra.
Sei navi della Stora Enso e una della Stena Line sono utenti
abituali della connessione.
Per molti operatori portuali (e armatori) il problema è
che la norma in questione rischia di tradursi in un aumento delle
spese di trasporto merci e delle tasse portuali per un importo di
centinaia di milioni.
Infatti, secondo alcuni studi, il costo del trasporto via mare
nel Mar Baltico aumenterà notevolmente, del 30-50% per alcuni
tipi di merci, inducendo una retromarcia modale dal mare alla terra
e, di conseguenza, aumentando potenzialmente le emissioni.
La Baltic Ports Organisation, fra i cui membri sono annoverati
più di quaranta degli scali più importanti in nove
stati del Mar Baltico, ritiene che “lo straordinario aumento
dei costi di trasporto renderà il trasporto nel Baltico ed il
suo settore industriale molto meno competitivi rispetto a quelli
delle altre regioni europee.
Regole di concorrenza sleale saranno applicate nel mercato
interno europeo, posizionando i porti baltici e le linee di
navigazione in una posizione svantaggiata.
La questione è significativa, dal momento che il
retroterra dei porti del Baltico deve ancora assumere
caratteristiche definite e che, dopo l'introduzione delle nuove
regole dell'IMO, i porti baltici sembrano essere in una situazione
di scarsa concorrenza rispetto a quelli di altre regioni d'Europa.
Inoltre, lo sviluppo della regione del Mar Baltico e delle sue
industrie si troverebbe ad affrontare una barriera insormontabile,
il che è in contraddizione con gli obiettivi della strategia
dell'Unione Europea riguardo al Mar Baltico". (da:
portstrategy.com, 11.05.2010)
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