La liberalizzazione del cabotaggio negli Stati membri dell'Unione
Europea
Dal 1° gennaio 1999, a seguito dell'entrata in vigore della
liberalizzazione del cabotaggio marittimo negli Stati membri dell'Ue
(Regolamento CEE n. 3577/92), anche le imprese degli altri paesi
europei possono operare nel mercato italiano il cui traffico
è di grande interesse per gli elevati volumi di merci
e numero di passeggeri.
Rispetto al complesso dei servizi oggetto della liberalizzazione,
il mercato italiano rappresenta l'81 dei servizi di trasporto
passeggeri e il 54% delle merci.
Il cabotaggio italiano rappresenta:
- 5.000 miliardi di fatturato l'anno
- 460 navi (inclusa la seconda flotta mondiale di navi ro-ro passeggeri)
- 38 milioni di passeggeri
- 5,5 milioni di autovetture
- 19 milioni di metri lineari di autoveicoli commerciali
- 60 milioni di tonnellate di merci
- 20% del sistema di trasporto interno italiano (secondo sistema di trasporto)
- 17.500 marittimi (85% nel Sud)
- 2.000 addetti a terra
- 29.000 occupati nell'indotto, per un totale di 45.000 occupati
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Tale liberalizzazione si presenta ad oggi ancora parziale
in quanto la Grecia, unico tra i paesi europei che presenta
un cabotaggio equivalente a quello italiano, ha ottenuto una deroga
fino al 2004.
La liberalizzazione pone le imprese armatoriali italiane in una
grave situazione di svantaggio competitivo a causa di differenziali
nei fattori di costo rispetto agli altri armatori europei.
Ad esempio, il maggiore costo del lavoro per una nave battente
bandiera italiana rispetto alle bandiere europee più competitive
varia - su base annua - fino ad un massimo di Lit. 5.612.000.000
(+ 180%) per una nave traghetto e di Lit. 1.200.000.000
(+ 116%) per una nave da carico.
Anche il regime fiscale penalizza fortemente la competitività
delle imprese italiane: il prelievo fiscale italiano è,
infatti, nella fascia europea più alta, con una aliquota
complessiva pari ad almeno il 41,2%, rispetto al 34% della
Danimarca, al 5% della Grecia (con stima "tonnage-tax"),
al 3,50% della Spagna, e allo 0% del Portogallo..
Per fare fronte a tale penalizzante situazione, il Governo italiano
ha promosso un disegno di legge, approvato dal Consiglio
dei Ministri il 19 febbraio 1999, volto a ridurre parzialmente
i differenziali nei costi di gestione degli armatori italiani.
Il 2 marzo 1999 il disegno di legge è approdato in Parlamento.
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