Confronto Danwatch - Maersk sul problema del riciclaggio sostenibile delle navi

Il centro danese di giornalismo investigativo Danwatch ha rivolto la propria attenzione al problema delle attività di demolizione delle navi sulle spiagge del sud-est asiatico, in particolare nell'area di Alang, svolte adottando scarse o nulle misure per la salvaguardia e sicurezza degli addetti e dell'ambiente, lavoro che è stato condensato in un lungo articolo in cui si evidenzia come minacce, paura e inadeguati dispositivi di protezione sino all'ordine del giorno nei cantieri di demolizione navale in India, stabilimenti - ha sottolineato Danwatch - dove attualmente sono in fase di smantellamento due navi del gruppo Maersk, che è la principale società armatoriale danese nonché la prima compagnia mondiale nel segmento del trasporto marittimo dei container.

In particolare, Danwatch ha messo sotto accusa il nuovo programma di Maersk per lo smaltimento delle vecchie o obsolete navi della propria flotta che prevede l'invio di queste unità presso il cantiere indiano del gruppo Shee Ram, stabilimento che è stato certificato ai sensi della Convenzione di Hong Kong per il riciclaggio responsabile delle navi e con cui il gruppo danese ha siglato accordi affinché le attività di riciclo delle navi avvengano con modalità responsabili e sostenibili ( dell'11 febbraio e 13 maggio 2016).

«Le prime ad essere demolite - ha precisato Danwatch - saranno le portacontainer da 20.000 tonnellate Maersk Wyoming e Maersk Georgia. Il risparmio di Maersk - ha sostenuto il centro di giornalismo investigativo - sarà pari a uno-due milioni di dollari per nave demolita rispetto alle operazioni di demolizione più responsabili e moderne svolte in Cina e in Turchia che l'azienda ha utilizzato in passato». Ricordando che il gruppo armatoriale ha motivato questa decisione asserendo che l'iniziativa provocherà il miglioramento delle attività di demolizione navale in India elevandone gli standard, Danwatch ha tuttavia accusato Maersk di aver «cambiato rotta».

Per accertare le reali condizioni di lavoro sulle spiagge di Alang, i giornalisti di Danwatch si sono recati in loco e - essendo riusciti ad entrare nel cantiere Shree Ram evitando i controlli degli addetti alla sorveglianza - hanno reso noto di aver constatato che le operazioni di smantellamento delle due navi della Maersk avverrebbero senza l'impiego delle basilari attrezzature di protezione.

Nel resoconto i giornalisti riportano dichiarazioni di lavoratori e di addetti della locale struttura ospedaliera che precisano che ci sono ancora incidenti, con feriti o morti, e che tuttavia i numeri sono in calo anche se il bilancio delle vittime è ancora troppo elevato.

Oltre ad aver risposto alle domande dei giornalisti di Danwatch, Maersk ha inteso oggi chiarire ulteriormente la questione con un comunicato in cui ha ribadito che la scelta del gruppo «è chiara. Una possibilità - ha chiarito Maersk - è quella di continuare ad attendere un accordo globale mentre centinaia di navi continuano ad essere smantellate sulle spiagge di India, Bangladesh e Pakistan oppure agire subito e iniziare a migliorare le condizioni nei cantieri. Questo - ha evidenziato la compagnia danese - è ciò che abbiamo fatto in Maersk. Abbiamo scelto di non stare più passivamente sull'altro lato della porta del cantiere navale, ma invece di impegnarci direttamente laddove la maggior parte delle navi vengono demolite. Questo è il motivo per cui abbiamo avviato una collaborazione con i cantieri in India».

Inoltre Maersk ha ribadito che è comunque indispensabile e urgente trovare comunque una soluzione globale: «il problema - ha osservato Annette Stube, responsabile Sostenibilità presso il gruppo danese - diventerà ancora più acuto nei prossimi anni, con un numero crescente di navi da riciclare a livello globale. Tuttavia - ha specificato - ciò non è semplice. Per avere successo la soluzione deve essere sostenibile e accettabile per l'ambiente, per il luogo di lavoro ed anche commercialmente. Sarebbe un fallimento se le compagnie di navigazione che si assumono responsabilità dovessero perdere la loro competitività pregiudicando in ultima analisi la loro sopravvivenza. L'ambiente globale e l'ambiente di lavoro non guadagnerebbero alcunché da ciò. Dobbiamo ricordare - ha evidenziato Stube - che ci sono paesi per i quali la demolizione navale costituisce un'importante fonte di lavoro e di business».

«Fino ad oggi - ha proseguito Stube - abbiamo atteso invano per sette anni il raggiungimento di un accordo globale sul riciclaggio delle navi. Nonostante i grandi sforzi per la ratifica universale della Convenzione di Hong Kong delle Nazioni Unite, che è stata negoziata presso l'International Maritime Organization e che definisce gli standard minimi globali in tema di sicurezza e ambiente, siamo ancora in attesa. Abbiamo atteso dal 2009, quando abbiamo introdotto una politica di riciclaggio responsabile ed espresso il nostro sostegno alla Convenzione di Hong Kong».

«Intanto - ha precisato Stube - noi riconosciamo e ammettiamo che i nostri contratti di cessione non sempre hanno corrisposto alle intenzioni della nostra politica di riciclaggio. Abbiamo imparato da questo. Abbiamo migliorato le nostre procedure e requisiti contrattuali, ma ci siamo anche resi conto che la soluzione non si trova con contratti ben stilati e che può passare molto tempo prima che un accordo globale entri in vigore. Invece, la risposta è sulle spiagge di India, Bangladesh e Pakistan. Come più grande compagnia di navigazione container al mondo, abbiamo deciso di iniziare da qui. Abbiamo chiesto una serie di miglioramenti ai cantieri che desiderano lavorare con noi e di dare ai cantieri di Alang in India che vogliono un futuro migliore per sé e per i propri dipendenti un incentivo finanziario per migliorare le loro condizioni di lavoro e ambientali».

«Quando abbiamo deciso di collaborare con i cantieri navali in India - ha sottolineato la dirigente del gruppo Maersk - eravamo pienamente consapevoli del rischio di essere criticati perché i cantieri non rispettano ancora pienamente le regole. Ovviamente siamo in grado di documentare i principali miglioramenti già raggiunti e ora vediamo che l'impegno dei cantieri navali induce altri a seguirli. Quando inizieremo le trattative per il riciclaggio delle prossime navi inviteremo una serie di cantieri di Alang che, come Shree Ram, già seguono la convenzione di Hong Kong e si impegneranno a soddisfare i nostri standard. Quattro cantieri - ha reso noto Stube - hanno annunciato che sono pronti ed hanno avviato nuovi investimenti in miglioramenti che già riguardano centinaia di lavoratori. Abbiamo intrapreso azioni invece di aspettare a bordo campo e - ha evidenziato Stube - i risultati che abbiamo raggiunto in sei mesi sono molto più completi e di vasta portata rispetto ai sette anni di attesa per un accordo globale. Non abbiamo rinunciato e continueremo a sostenere le iniziative globali volte a garantire uniformi requisiti internazionali e condizioni per tutte le aziende e i cantieri navali. Solo una regolamentazione globale - ha concluso Stube - assicurerà che le condizioni di criticità a cui assistiamo oggi siano risolte».