Le delegazioni dell'Unione Europea e della Corea del Sud si incontreranno lunedì prossimo a Seul per trovare una soluzione amichevole alla questione della cantieristica navale. Il meeting durerà tre giorni, nel corso dei quali i rappresentanti europei accuseranno nuovamente la Corea di aver distorto il mercato con la vendita di navi a prezzi che non coprono i costi di produzione. Si tratta di uno degli ultimi tentativi di risolvere la situazione senza dover ricorrere all'arbitrato della World Trade Organization: la Commissione Europea, con l'avvallo del Consiglio dei ministri dell'industria, ha fissato la scadenza del prossimo 30 giugno per trovare un accordo negoziato con la controparte coreana, poi verrà avviato il ricorso alla WTO (inforMARE dell'8 e del 16 maggio 2001).
L'incontro della prossima settimana si presenta estremamente difficile. L'industria coreana ha respinto in blocco le accuse dell'UE. La Korea Shipbuilders' Association (KSA) ha infatti bocciato senza appello il contenuto del quarto rapporto sulla cantieristica dell'UE (inforMARE del 2 maggio 2001), replicando punto su punto.
Il documento dell'UE ha rilevato che la maggior parte dell'incremento degli ordinativi avvenuto nel 2000 è stato appannaggio dei cantieri sudcoreani. L'associazione navalmeccanica coreana risponde che l'incremento è stato determinato dall'aumento della domanda di navi portacontainer postPanamax e di petroliere di grandi dimensioni, settori di produzione in cui i cantieri sudcoreani sono leader mondiali. La Korea Shipbuilders' Association osserva inoltre come il rapporto UE ammetta d'altronde che i cantieri europei «hanno beneficiato in maniera considerevole dell'elevata domanda di navi», chiedendosi pertanto di cosa si debbano lamentare i cantieri dell'Unione.
L'associazione sudcoreana contesta anche la valutazione dell'UE che sottolinea come «la precedente crescita della quota di mercato coreana è stata attuata a detrimento dei cantieri giapponesi ed europei». Secondo la KSA questa affermazione è smentita dallo stesso rapporto dell'UE, quando mostra che l'erosione della quota di mercato europea è dovuta al successo registrato dai cantieri del "resto del mondo": «ad esempio - spiega l'associazione - nel 1998 la quota di mercato dell'UE è cresciuta rispetto all'anno precedente, mentre la quota di mercato coreana si è ridotta. La diminuzione della quota UE nel 1999 è risultata a beneficio del resto del mondo e l'incremento della quota coreana è giunto a spese del Giappone. Il rapporto ammette inoltre che una ulteriore domanda di piccole navi portacontainer non è andata a beneficio dei cantieri UE, ma a cantieri non UE fuori dalla Corea, ad esempio in Polonia e in Croazia».
Anche l'affermazione secondo cui «la maggior parte dei cantieri navali dell'UE continua a competere contro i cantieri del Far East nel settore delle navi mercantili standard» - dice la Korea Shipbuilders' Association - è ingannevole: «una porzione veramente limitata dei cantieri UE - spiega - competono solamente nel settore delle navi portacontainer di media taglia. E nessun cantiere UE compete nel settore delle petroliere di oltre 60.000 tonnellate di portata lorda e in quello delle grandi portarinfuse. Inoltre è di fatto erronea l'asserzione secondo la quale "solo un numero molto militato di cantieri UE produce navi da crociera". Al contrario molti dei principali cantieri UE si stanno concentrando nella costruzione di unità da crociera». «Perché altrimenti - si chiede KSA - la maggior parte degli aiuti concessi prima della fine del 2000 sono andati a favore delle navi da crociera?».
L'associazione di Seul contesta anche la previsione europea secondo cui il boom del settore crocieristico è destinato a terminare tra breve, replicando che «i cantieri UE continueranno ad avere successo in questo segmento di nuove costruzioni nel quale hanno di fatto un monopolio che non è destinato a terminare». La KSA afferma inoltre che «le navi da crociera non vengono costruite in Corea e, come i rappresentanti della Commissione UE sono stati in grado di verificare nel corso dell'indagine sulle Trade Barriers Regulation, i cantieri coreani non intendono entrare in questo segmento nel prossimo futuro».
L'associazione ritiene sia inoltre ridicolo escludere dall'analisi le navi da crociera «quando questo è proprio il campo in cui si stanno concentrando gli sforzi dei costruttori navali UE: la capacità di costruzione di unità da crociera rappresenta oltre l'80% della capacità dei cantieri europei. Il più attivo costruttore di navi LNG, la francese Atlantique, è passata dalla costruzione di queste unità all'interesse per le navi da crociera».
Non regge - secondo l'associazione - neppure l'accusa ai cantieri sudcoreani di aver colpito slealmente i concorrenti giapponesi, che avrebbero invece adottato sofisticate tecnologie e ridotto la forza lavoro per competere con gli altri stabilimenti del Far East. A seguito della flessione dell'economia asiatica le industrie giapponesi non avrebbero avuto però ulteriori possibilità di ridurre i costi per mantenersi competitivi. Tale situazione - spiega KSA - ha condotto il governo di Tokyo a indurre i sette principali costruttori navali nazionali a scegliere la strada delle fusioni, che dovrebbe portare a concentrare l'attività in sole tre o quattro società.
La Korea Shipbuilders' Association critica inoltre l'uso dei dati sull'evoluzione dei prezzi nel quarto rapporto UE sulla cantieristica mondiale: «il rapporto - sottolinea l'associazione - sottovaluta i dati sui prezzi della Clarkson Research, che non vengono considerati in linea con l'attuale livello dei prezzi dei contratti siglati nel corso di quest'anno, sebbene sin dal primo rapporto, pubblicato nell'ottobre 1999, la Commissione Europea abbia di sua iniziativa incaricato la Clarkson di delineare l'evoluzione dei prezzi». In merito al fatto che la Clarkson non tiene conto del comparto delle grandi portacontainer, l'associazione rileva come «nessuno negli ambienti cantieristici abbia richiesto ad un istituto indipendente di ricerca di analizzare regolarmente l'andamento dei prezzi delle grandi navi portacontainer: non solo queste sono navi del tutto nuove ma, inoltre, i principali operatori del settore container sviluppano i progetti delle navi secondo le loro specifiche esigenze e di conseguenza non esistono progetti standard sulla base dei quali possa essere effettuata una comparazione equa e accurata dei prezzi».
La Korea Shipbuilders' Association definisce quindi del tutto errati i prezzi indicati nel rapporto: «nessun cantiere coreano nel corso di tutto il 2000 - spiega - ha valutato 43 milioni di dollari una Suezmax o 70 milioni di dollari una VLCC dopo la metà dello scorso anno (le VLCC costruite in Corea sono attualmente valutate oltre 76 milioni di dollari)».
L'associazione si chiede inoltre come mai l'UE attacchi i soli cantieri sudcoreani quando «gli ordinativi ai cantieri giapponesi relativi alle nuove costruzioni sono aumentati del 47% nel corso dei primi tre mesi di quest'anno rispetto al 2000 e gli ordinativi ai cantieri coreani sono diminuiti del 33% nello stesso periodo».
Pur essendo stato richiesto alla Corea del Sud di seguire il corso delle indagini condotte dalla Commissione UE, KSA lamenta anche il fatto che nessuna informazione sia stata fornita dall'UE sull'andamento delle verifiche. «I dati che mostrano la repentina caduta dei prezzi verso il basso dopo settembre - afferma l'associazione - è in contraddizione con tutti i rapporti degli esperti del settore cantieristico quali Clarkson, Fearnleys, ecc. Non è spiegato da dove deriva l'indice dei prezzi e il diagramma mensile dei prezzi non coincide con quello della figura 2 del terzo rapporto della Commissione».
Il quarto rapporto UE afferma inoltre che «gli incrementi di produttività sono stimati essere al massimo del 5,7% all'anno», ma KSA rileva che - secondo i dati del Lloyd Register - «i costruttori coreani hanno accresciuto la produzione annua mediamente del 28% da 3,96 milioni di tonnellate di stazza lorda compensata nel 1998 a 6,28 milioni di tslc nel 2000. Ogni costruttore navale sa che l'affinamento dei metodi di fabbricazione delle sezioni degli scafi avrebbe ridotto il carico di lavoro superfluo negli stabilimenti dove l'applicazione dell'automazione è limitata. Ne consegue che questi incrementi di produttività sono possibili».
Totalmente errate - secondo KSA - sono anche i dati e quindi le valutazioni sui singoli contratti: «il prezzo base per una nave portacontainer da 5.600 teu della Hyundai Heavy Industries destinata alla K Line è fissato in 59,3 milioni di dollari USA, più o meno lo stesso prezzo base di 59,2 milioni di dollari per una nave da 3.400 della Samsung destinata alla CP Offen. Nessuno, nel settore marittimo, crederebbe a questo calcolo, qualunque siano i fattori di costo che differenziano i due cantieri».
Inoltre l'associazione non ritiene veritiera la considerazione contenuta nel quarto rapporto secondo la quale «i cantieri europei avrebbero interesse a valutare ordinativi in settori specifici». «Nessuno addentro al mercato cantieristico - argomenta KSA - concorderebbe con l'affermazione dell'UE secondo la quale i cantieri europei sarebbero in grado di offrire tipologie di navi come le portacontainer ultra-large (da 7.400 teu), le ultra large crude oil carrier (da 440.000 tpl), le petroliere Suezmax e Aframax».
Ritenendo infondato un eventuale ricorso alla World Trade Organization, la Korea Shipbuilders' Association accusa inoltre il Consiglio UE dei ministri dell'industria di non aver tenuto conto né del secondo rapporto sull'andamento del settore stilato dall'associazione sudcoreana né del rapporto della Drewry sulla cantieristica mondiale che, tra l'altro, rilevano come i cantieri europei abbiano perso competitività nei confronti di quelli coreani molto prima del 1997. Non sarebbe stato tenuto in considerazione inoltre il fatto che «la concorrenza diretta tra i cantieri europei e quelli coreani è insignificante in molti segmenti del mercato», che «il minor costo del lavoro, la maggior produttività e il minor costo delle materie prime danno ai cantieri sudcoreani una deciso e legittimo vantaggio nel costruire questi tipi di navi», che «il deprezzamento del won sudcoreano da circa 800 won per dollaro USA ad un minimo di 1.750 won per dollaro nel 1997 ha dato ai cantieri coreani un ulteriore decisivo vantaggio» e che «elementi non legati ai prezzi, come la qualità, la credibilità e la consegna tempestiva hanno ulteriormente avvantaggiato i cantieri della Corea».
La Korea Shipbuilders' Association ha infine espresso stupore e perplessità sull'appoggio dato dalla Shipbuilders' Association of Japan (SAJ) all'iniziativa europea, respingendo come totalmente infondate anche le accuse lanciate dai cantieri giapponesi (inforMARE del 16 maggio 2001).
Se un tenue filo ha sinora sorretto le speranze dei negoziatori europei, in vista dell'incontro di lunedì prossimo ogni illusione sul buon esito delle trattative sembra invece crollare.
B.B.
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