«A.L.C.E.»
ASSOCIAZIONE LIGURE COMMERCIO ESTERO
GENOVA
Relazione del Consiglio all'Assemblea dei Soci
Genova, 28 Maggio 1998
LA CONGIUNTURA ITALIANA
Nel 1997 l'economia italiana ha avuto una moderata ripresa
dopo il sensibile rallentamento accusato nel corso dell'anno precedente.
Il Pil, dopo una flessione nei primi tre mesi è aumentato
(la crescita media dell'anno dovrebbe essere vicina all'1,3%),
così come hanno avuto incrementi il fatturato e gli ordini
delle imprese; anche la produzione industriale è cresciuta
e le esportazioni hanno ripreso a tirare almeno fino al quarto
trimestre dell'anno, quando si è manifestata la crisi asiatica.
Sono risultati più evidenti i progressi soprattutto dei
beni intermedi, mentre la produzione dei beni strumentali ha avuto
segni di crescita inferiori. Per i primi nove mesi dell'anno i
conti con l'estero hanno goduto del deprezzamento della lira nei
confronti del dollaro Usa che ha consentito una maggiore penetrazione
dei manufatti dell'Italia nell'area di influenza della moneta
statunitense, cioè l'America Latina, il Sud Est asiatico,
la Cina e ovviamente il Nord America.
Il tasso ufficiale di sconto, che a fine '96 era pari al 7,5%
e nei primi mesi del '97 ha toccato il 6,25%, è stato abbassato
al 5,50% (ed è stato poi nuovamente ridotto, nel '98, fino
all'attuale 5%): questo ha permesso la discesa dei tassi di interesse.
Il calo del costo del denaro ha, inoltre, favorito le imprese
italiane e quindi anche le società di trading. Ciononostante,
tale costo resta elevato, a causa, riteniamo, delle alte spese
di gestione degli istituti bancari. Il costo del denaro è
uno degli elementi che contribuiscono allo sviluppo generale del
Paese e anche ad esso è legata la crescita delle società
di trading che si confrontano con il mercato mondiale. Ci auguriamo
dunque che si possa registrare una sua ulteriore, sensibile, discesa
che sarà possibile se, in linea con gli altri partner europei,
il nostro sistema bancario saprà modernizzarsi profondamente,
riducendo le spese interne e dando maggior supporto tecnico alle
imprese. Tale processo, a nostro avviso, è urgente e non
più procrastinabile.
Mercato del lavoro
La disoccupazione ufficiale ha toccato un massimo storico, superando
il 12,3% e permettendo all'Italia di ottenere un primato poco
invidiabile: quello di trovarsi agli ultimi posti della classifica
europea, tra Germania (11,8%) e Francia (12,4%). Lo scarto tra
uomini e donne, tra giovani e meno giovani, tra Nord e Sud è
rimasto immutato. Per avere dati precisi bisognerebbe, in ogni
caso, tenere conto anche dell'esistenza di un'alta percentuale
di lavoro nero che resta ovviamente occultata e che è difficilmente
quantificabile.
L'Alce ritiene che per favorire il mercato del lavoro sia necessaria
una maggiore flessibilità . In effetti in Paesi come la
Gran Bretagna e gli Usa, dove si è raggiunta la massima
flessibilità si sono ottenuti anche tassi di occupazione
più che positivi. Anche se in Italia è molto difficile,
per lo sviluppo storico e sociale del Paese, imitare i sistemi
anglosassoni, deve essere senz'altro posto un correttivo all'eccessiva
rigidità del lavoro. E i passi avanti del governo con le
nuove norme (legge 169/97) sul lavoro interinale, la formazione
e gli interventi di emergenza, pur favorendo una certa apertura
del mercato del lavoro, non sono per ora abbastanza incisivi.
Ci vorrebbero, in effetti, una diminuzione degli oneri sociali
a carico delle imprese, la facoltà di derogare dai minimi
sindacali nelle aree in crisi, agevolazioni fiscali per le aziende
che desiderano assumere. Riteniamo, inoltre, che imporre per legge
le 35 ore lavorative, come vuol fare il governo, non incentivi
l'occupazione, perlomeno nel commercio estero. Simili iniziative
contribuiscono non solo a dissuadere le aziende dall'operare nuove
assunzioni, ma le persuadono a trasferirsi in regioni europee
che offrano sistemi più efficienti e meno onerosi. L'euro
certamente favorirà tali spostamenti che sono relativamente
semplici per le imprese che si dedicano al commercio estero. Cambiare
sede, però, comporta, come è facilmente immaginabile,
una perdita di posti di lavoro. Proprio a questo riguardo, l'Alce
ha commissionato uno studio comparativo, col contributo dell'associazione
culturale "Il Leudo", per capire quali siano i vantaggi
competitivi (soprattutto di natura fiscale e tributaria) che le
società di trading, operanti in Paesi europei ed extraeuropei,
possono avere rispetto a quelle italiane.
La pressione fiscale
Il 1997 ha portato un ulteriore aumento della pressione fiscale,
basti pensare al contributo straordinario per l'Europa o alla
prossima introduzione dell'incognita Irap che probabilmente sarà
svantaggiosa per molte imprese e specialmente per le piccole e
medie società di trading. L'incidenza del fisco ha raggiunto
livelli insopportabili per le pmi che vorrebbero anche una semplificazione
del sistema. Nel nostro settore, poi, si vive in un clima di incertezza
e confusione tale da scoraggiare chiunque voglia portare avanti
un'impresa e da spingere, ancora una volta, le aziende a trasferirsi
in altre nazioni. Il depauperamento del commercio estero, in Italia,
è frutto di un sistema fiscale contorto e complesso che
mette cittadini e imprese nella condizione di sentirsi sempre
e soltanto sudditi alla mercé dello Stato. Questo ha determinato
anche il fallimento di alcuni provvedimenti fiscali in apparenza
favorevoli al cittadino (per esempio, la normativa sulla ristrutturazione
degli immobili). E' necessario che la legge Bassanini sia realmente
applicata (come spesso non avviene) e che i grandi e piccoli burocrati
di Stato si rendano conto una volta per tutte di essere al servizio
dei cittadini e delle imprese che li pagano. Si favorirebbe, in
questo modo, l'efficienza della cosa pubblica e si avrebbero risparmi
in termini di tempo (sprecato nelle pastoie della burocrazia)
e di costi.
L'Euro
L'anno passato è stato quello della rincorsa ai parametri
di Maastricht e del raggiungimento, non privo di sforzi e di punti
interrogativi, del rapporto deficit/Pil al 2,7%. Si sono poste
le basi, insomma, per l'ingresso dell'Italia nella moneta unica.
L'introduzione dell'euro favorirà le attività legate
al commercio internazionale. Le aziende, infatti, otterranno notevoli
risparmi dovuti alla riduzione di diversi costi quali, per esempio,
quelli ascrivibili al personale interno occupato a gestire i cambi.
Dai bilanci scompariranno, dunque, spese legate alla gestione
della tesoreria e della contabilità in diverse valute,
alla frammentazione della liquidità, ai tempi lunghi per
portare a termine operazioni di indebitamento e accreditamento.
Ci sarà, poi, l'eliminazione dei differenziali di prezzo
di acquisto e vendita delle valute e delle relative commissioni
bancarie; si avranno risparmi sulle assicurazioni contro il rischio
di cambio e un più basso costo del denaro. L'avvento dell'euro
non porterà, però solo vantaggi. Causerà,
infatti, una rivoluzione informatica all'interno delle aziende
con un innalzamento dei costi dovuto all'adeguamento dei sistemi.
Comporterà, poi, una maggiore trasparenza dei prezzi con
minori possibilità di cambiare i listini a seconda dei
Paesi e la perdita di qualsiasi vantaggio competitivo legato a
eventuali svalutazioni. Una simile situazione espone le aziende
italiane a un livello di concorrenza elevato che deve, a nostro
parere, trasformarsi in una sfida da vincere abbattendo le barriere
culturali legate a un tipo di imprenditoria ormai appartenente
al passato.
Internet
Come abbiamo detto, all'euro è legata la necessità
di modificare i sistemi informatici delle aziende. L'avvicinamento
delle imprese a nuovi spazi della globalizzazione via computer,
d'altro canto, è già iniziato con il forte sviluppo
sul mercato di Internet, sistema che proprio nel '97 ha avuto
il suo boom in Italia. Il collegamento alla rete, che consente
di essere in contatto diretto con tutto il mondo, sta già
cambiando il modo di vendere e comprare a costi davvero esigui.
Internet, insomma, è un veicolo di espansione importantissimo
e, in futuro molto prossimo sarà uno strumento di comunicazione
indispensabile. Rappresenterà un modo di fare commercio
senza muoversi che permetterà, a chi tratta abitualmente
con l'estero, di ottenere grandi risparmi di tempo e denaro. Internet
può essere d'aiuto, insomma, per sviluppare con fantasia
e inventiva la visibilità di un'azienda in tutto il mondo.
La crisi asiatica
Una riflessione a parte merita lo sviluppo della crisi asiatica.
L'andamento del commercio estero nel 1997 è stato segnato
dalla brusca flessione dell'economia del Far East che è
iniziata alla fine del terzo trimestre dell'anno, si è
protratta per tutto il quarto e si rifletterà pesantemente
sul '98 e sul '99. Inizialmente le ripercussioni più gravi,
per il tracollo delle Borse dei Paesi asiatici e per la svalutazione
delle loro monete, sono state accusate da banche, investitori
e speculatori; poi la crisi si è fatta sentire anche negli
affari di diverse aziende industriali dell'Occidente. Benché
il Fmi abbia stanziato, per far fronte alla situazione, più
di 100 miliardi di dollari, alcuni analisti ritengono che la crescita
mondiale nel '98 anziché attestarsi, come era stato previsto
in passato, su un incremento del 4,25%, si fermerà a un
più 3 massimo 3,25%. E ciò ovviamente influisce
pesantemente, a livello mondiale, sul rallentamento della creazione
di ricchezza e di occupazione. Anche se la maggioranza delle imprese
italiane non ha raggiunto un livello di globalizzazione tale da
risentire in modo deciso, per quanto riguarda le esportazioni,
della crisi, il rallentamento dell'economia del Far East ha fatto
sentire i suoi effetti.
Sono venute alla luce, in tutta evidenza, le difficoltà
che i Paesi dell'Estremo Oriente in forte sviluppo hanno quando
si tratta di equilibrare la crescita della domanda con i flussi
di esportazione. Squilibri tra l'aumento delle componenti di domanda
interna e delle vendite all'estero producono peggioramenti del
saldo corrente della bilancia dei pagamenti e nuocciono alla stabilità
delle monete che vengono sottoposte al rischio di attacchi speculativi.
La situazione determinatasi nel Far East ha comportato un abbassamento
della fiducia degli investitori verso le aree maggiormente colpite
dal tracollo finanziario. Nonostante l'Oriente, comunque, negli
ultimi mesi del '97 l'economia dell'Ue, secondo gli analisti,
si è consolidata.
LA POSIZIONE DELL'ITALIA NEL SUD-EST ASIATICO
|
|
| ESPORTAZIONI
Valori in miliardi di lire variazioni percentuali
sul periodo corrispondente
| IMPORTAZIONI
Valori in miliardi di lire variazioni percentuali
sul periodo corrispondente
|
|
Paesi |
| 1996
| | 1997 (gen.set.)
| | 1996
| | 1997 (gen.-set.)
|
|
Cina | 4.425
| (0,8) | 2.811
| (-2,3) | 6.225
| (-2,5) | 5.660
| (19,1) |
Corea del Sud |
4.365 | (16,5)
| 2.954 | (-9,1)
| 1.575 | (-11,0)
| 1.562 | (28,1)
|
Filippine | 626
| (36,4) | 504
| (15,6) | 266
| (-23,0) | 155
| (-21,5) |
Giappone | 8.614
| (-1,1) | 6.222
| (-6,3) | 6.136
| (-16,1) | 5.285
| (13,0) |
Hong Kong | 6.770
| (6,4) | 5.062
| (3,6) | 326
| (-21,7) | 297
| (19,9) |
Indonesia | 1.694
| (38,9) | 1.206
| (-1,1) | 1.435
| (-9,8) | 1.203
| (8,5) |
Malaysia | 1.554
| (4,0) | 1.642
| (46,2) | 1.154
| (1,9) | 820
| (-7,8) |
Singapore | 3.202
| (12,5) | 2.038
| (-15,5) | 754
| (-24,7) | 520
| (-3,3) |
Taiwan | 2.227
| (-9,3) | 1.845
| (9,4) | 1.884
| (1,5) | 1.531
| (5,5) |
Thailandia | 1.992
| (5,1) | 1.042
| (-31,3) | 1.072
| (-2,7) | 859
| (1,3) |
Totale | 35.469
| (5,6) | 25.326
| (-2,8) | 20.826
| (-9,2) | 17.891
| (12,3) |
|
QUOTE DI MERCATO DELL'ITALIA
|
|
Paesi |
1996 | 1997 (gen.giu.)
|
|
Cina | 2,3
| 1,7 |
Corea del Sud |
2,1 | 1,7
|
Filippine | 0,9
| 0,9 |
Giappone | 1,9
| 1,7 |
Hong Kong | 2,0
| 1,9 |
Indonesia | 2,8
| 2,1 |
Malaysia | 1,4
| 1,3 |
Singapore | 1,7
| 1,4 |
Taiwan | 1,5
| 1,4 |
Thailandia | 1,8
| 1,5 |
Totale | 1,9
| 1,6 |
|
(Fonte: Mincomes-Ice) |
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