Lo “slow steaming” presenta notevoli benefici dal punto di vista ambientale ed economico

Lo “slow steaming”, cioè la pratica di ridurre la velocità delle navi impiegate nei servizi di linea che è stata adottata da gran parte delle compagnie di navigazione da quando il costo del fuel è cresciuto esponenzialmente, presenta notevoli benefici dal punto di vista ambientale ed economico. Lo sostiene lo studio “Regulated Slow Steaming in Maritime Transport. An Assessment of Options, Costs and Benefits” che è stato commissionato dalle organizzazioni ambientaliste Seas At Risk e T&E (Transport & Environment) ed è stato redatto da Jasper Faber e Dagmar Nelissen della società di consulenza CE Delft specializzata nel settore ambientale, da Galen Hon e Haifeng Wang dell'organizzazione nonprofit ICCT (The International Council on Clean Transportation) e da Mikis Tsimplis, professore dell'Institute of Maritime Law dell'Università di Southampton.

Le conclusioni dello studio indicano che la limitazione della velocità dei servizi di trasporto marittimo consentirebbe di ridurre il consumo di combustibile da parte delle navi risparmiando miliardi di dollari nonché di ridurre l'inquinamento atmosferico.

Dal punto di vista ambientale - rileva il documento - un beneficio garantito sarebbe quello della riduzione delle emissioni di CO2. In particolare, una diminuzione del 10% della velocità media della flotta mondiale determinerebbe un calo del 19% delle emissioni, ciò tenendo conto anche delle emissioni prodotte dalle ulteriori navi necessarie per trasportare le medesime quantità di carico e delle emissioni prodotte per la costruzione di queste ulteriori navi.

Lo studio evidenzia anche come lo slow steaming produca indubbi benefici di carattere economico: tenendo conto sia dei costi diretti sia dei costi indiretti così come dei costi esterni - sostengono i ricercatori - i benefici di questa pratica superano i costi, anche se - precisano - in presenza di un basso livello del prezzo del fuel i costi risulterebbero superiori ai benefici.

Inoltre lo studio sottolinea che la riduzione delle emissioni determinata dalla diminuzione della velocità delle navi è immediata e non richiede investimenti e che la limitazione della velocità non ha alcun impatto negativo sull'attività operativa delle navi.

Lo studio è stato presentato ieri a margine della 63a sessione del Marine Environment Protection Committee (MEPC) dell'International Maritime Organizazion (IMO) tenutasi a Londra. «La regolamentazione dello slow steaming - ha osservato John Maggs, rappresentante di Seas at Risk - può determinare una riduzione delle emissioni entro il 2030 ed entro il 2050 che rivaleggia con qualsiasi altra opzione di riduzione presa in esame a livello IMO o UE, e la può conseguire anche con un notevole guadagno economico».

«Se vogliamo davvero prendere misure contro le emissioni di gas serra del trasporto marittimo e fare in modo che il settore dello shipping faccia la sua parte per affrontare i cambiamenti climatici - ha proseguito Maggs - allora dobbiamo evitare che si verifichi qualsiasi rialzo delle emissioni successivamente alla crisi economica. L'IMO, nonché l'industria, dovrebbero pensare nuovamente ad una regolamentazione dello slow steaming e tenerne pienamente conto nella loro attività per sviluppare misure che siano fondate sul mercato».

«Questo studio - ha rilevato il rappresentante di Transport & Environment, Bill Hemmings - confuta tutte le preconcette obiezioni rispetto ad una riduzione della velocità obbligatoria che sono state avanzate. Il tema della riduzione della velocità è stringente quanto ovvio ed è il momento per i legislatori di sedersi e prestare attenzione».

«Parte del settore dei trasporti marittimi - ha spiegato Hemmings - ha rallentato la velocità per ragioni commerciali, ma l'industria si rifiuta di considerare questa opzione come una misura ambientale e intende accelerare nuovamente la velocità una volta che la crisi economica sarà finita, anche se lo slow steaming è a costo zero e sussistono opzioni di flessibilità per quella parte relativamente piccola del mercato che ha bisogno di operare a maggiore velocità. Sotto questo aspetto - ha concluso - l'industria sembra agire contro i propri interessi».