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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS | ANNO XVII - Numero 5/99 - MAGGIO 1999 |
Porti
I porti del Mediterraneo Orientale
Il controllo statale sulle autorità
portuali è endemico in Egitto, Libano e Siria, così
come in molti altri Paesi arabi. Ed è improbabile che ciò
subisca qualche cambiamento nel prossimo futuro.
Tuttavia, è invece variabile l'intensità del controllo
da parte dello Stato cui anche le operazioni di stivaggio e le
agenzie marittime sono sottoposte, e proprio in questi settori
di attività si potrebbero verificare dei cambiamenti. In
qualsiasi settore, si riconosce generalmente il fatto che il livello
di efficienza diminuisca in corrispondenza dell'aumento di quello
della burocrazia e ciò vale ugualmente per determinate
attività portuali arabe.
Il governo egiziano, che possiede tutti i porti del Paese, al
momento non sembra avere le idee chiare in ordine a come portare
avanti i nuovi sviluppi terminalistici proposti per Porto Said
(Est). Tale incertezza verte sull'opportunità e sulla entità
degli investimenti cui il governo dovrebbe far fronte in relazione
ai lavori di costruzione. Ciò che senza dubbio è
certo è che - per la prima volta in Egitto - le operazioni
terminalistiche verranno date in concessione a terzi. Riguardo
a questa attività, tra i possibili contendenti è
stata citata la P&O Ports.
Tuttavia, presso gli attuali terminal containers di Damietta
e Porto Said (Ovest), il governo centrale ha ancora molte cose
sotto il proprio controllo per mezzo delle rispettive autorità
portuali. Damietta, sebbene sia stato inaugurato nel 1985, non
ha movimentato la sua prima portacontainers a lungo raggio sino
al gennaio 1990 (una nave della ScanDutch diretta ad ovest e proveniente
dall'Asia). Kamal Hafez, direttore delle operazioni presso l'importante
agente Naggar Shipping Company, ha rilasciato dichiarazioni alquanto
ciniche in riferimento a questo ritardo. "Non si era proceduto
ad alcuna operazione di marketing e - inoltre - secondo le linee
di navigazione essa era una vera e propria incognita. Nel 1990,
Damietta non appariva neanche sulle carte nautiche".
Lo scalo suddetto ora dispone di quattro ormeggi per contenitori,
per una lunghezza totale di 1.050 metri e con pescaggio lungobanchina
pari a 14,5 metri. Tra le attrezzature vi sono sei gru a cavalletto
bordo-costa. Lo stivaggio è effettuato dalla DCH (Damietta
Container Handling Company) ed a Port Said dalla PSCH (Port Said
Container Handling Company), tutte e due controllate dalle rispettive
autorità portuali. Hafez ritiene che la privatizzazione
avverrà prima o poi, ma ha sottolineato l'importanza del
fatto che i cambiamenti non vengano apportati troppo in fretta.
"Il governo dovrà essere cauto, al fine di ovviare
ai problemi economici derivanti dagli esuberi che ne conseguiranno"
ha spiegato.
Al momento vi sono otto agenti marittimi a Damietta, di cui due
sono gestiti dallo Stato, mentre gli altri sono privati, tra cui
la ditta a gestione familiare Naggar Shipping. Dal 1° luglio
1998, gli agenti si sono assicurati le concessioni relative all'affidamento
esterno di certe attività di stivaggio; uno dei risultati
immediatamente conseguiti al riguardo è stata la possibilità
per la Naggar di acquistare due delle attuali gru a cavalletto,
che noleggia poi alla DCH in caso di bisogno.
Hafez, tuttavia, non ritiene che sia utile al momento per la Naggar
impiegare personale proprio: "In teoria - fa sapere - noi
potremmo servirci di uomini nostri , ma in pratica affidiamo il
lavoro alla DCH, perché in questa fase è meglio
servirsi di gente esperta con cui il nostro personale possa lavorare
ed addestrarsi, in particolar modo in relazione alla movimentazione
delle gru".
Vi è un po' di competizione tra Damietta e Port Said. Secondo
i dati contenuti nel Containerisation International Yearbook,
Damietta ha movimentato 604.175 TEU nel 1997, mentre Port Said
nello stesso anno ha avuto a che fare con 460.003 TEU (i dati
del 1998 non sono ancora disponibili).
Hafez ha ammesso che Port Said è in una posizione migliore
per acquisire traffici a causa della sua vicinanza al Canale di
Suez, ma ha subito sottolineato che Damietta dispone di molto
più spazio ed è meglio equipaggiata. Le infrastrutture
trasportistiche di Damietta sono limitate alle strade. Non esiste
alcun accesso ferroviario, sebbene la linea costiera corra in
prossimità dell'ingresso del porto.
Tra il porto ed il fiume Nilo, sette miglia ad est, è stato
scavato un canale, ma inspiegabilmente vi è stato costruito
un sovrappasso attraverso e quindi non può essere utilizzato.
Hamez pensa che potrebbe essere riaperto e ne ipotizza un uso
per chiatte portacontenitori, ma confida poco che ciò possa
essere concretizzato. Dato che il 90% circa dei risultati containerizzati
di Damietta consiste di traffico di trasbordo, forse non importa
poi molto che l'intermodalismo non costituisca una priorità.
Cercare di competere con altri porti-nodo del Mediterraneo come
il maltese Marsaxlokk e l'italiano Gioia Tauro non è realistico,
secondo Hafez. "Si tratta di una situazione completamente
diversa" ha dichiarato "ed è tale che difficilmente
si riuscirebbe a prevalere".
Quanto al futuro, oltre a prevedere il graduale incremento della
privatizzazione dei settori dello stivaggio e dell'agenzia marittima,
la Naggar Shipping medesima guarda lontano e pensa al rilevamento
della DCH: "non appena il governo lo consentirà"
la Naggar farà il proprio ingresso in questo settore di
attività. "Riteniamo di possedere l'esperienza per
farlo. Vogliamo migliorare l'efficienza manageriale e promuovere
una gestione scorrevole del terminal" ha concluso Hamez.
Al fine di comprendere pienamente la situazione in Libano, è
necessario ripercorrere brevemente il pregresso. La guerra civile
del 1975-1990 alla fine ha portato alla chiusura del porto. Esso
era nel centro della zona di guerra ed i vettori hanno finito
per non farvi più scalo. I traffici residui sono stati
incanalati attraverso i porti di Tripoli a nord e di Tiro e Sidone
a sud, le cui infrastrutture erano - e sono ancora - a dir poco
primitive. La guerra ha poi comportato anche la chiusura della
ferrovia, che sino a quel momento aveva collegato il porto di
Beirut alle città situate sulla fascia costiera.
Un altro problema, secondo Paul Zahlan, direttore esecutivo della
National Shipping (che - a dispetto del nome - è una società
privata), agenzia marketing della P&O Nedlloyd, è che
"il mercato dell'hinterland, che rappresentava quasi la metà
dei volumi portuali, è andato perduto a seguito dei radicali
cambiamenti politici e della diversa regolamentazione posta in
essere dai Paesi vicini".
Nello specifico, Zahlan si riferisce al fatto che un grosso quantitativo
di traffico passava attraverso Beirut da e per la Siria e l'Iraq
prima del 1975 e non è più tornato. Inoltre, quel
poco traffico movimentato attraverso il Libano successivamente
al 1975 è cessato del tutto quando la Siria si è
schierata a fianco dell'Iraq nel corso della guerra Iran-Iraq
(1980-88) e ha quindi provveduto a chiudere le proprie frontiere.
Alle estese devastazioni cagionate al centro cittadino di Beirut,
inimmaginabili se non viste con i propri occhi, solo adesso si
sta ponendo riparo. I massicci investimenti necessari a questo
lavoro di ricostruzione hanno comportato la conseguenza che è
rimasto poco spazio per altri lavori pubblici, quali il riattamento
della ferrovia (è improbabile che ciò avvenga) e
l'ammodernamento del porto. Beirut è rimasta quella di
prima della guerra, sebbene certi miglioramenti siano stati apportati,
come i nuovi edifici per la zona franca.
Successivamente al 1990, le società di stivaggio che in
precedenza avevano lavorato nei porti minori si sono spostate
a Beirut, portandosi appresso l'equipaggiamento. Tutte quante
sono di proprietà privata, il che è rappresentativo
della politica dell'autorità portuale, che è descritta
da Saleh El-Helou come una politica del genere "laissez-faire,
laissez-passer".
La qualifica di El-Helou è quella di Conseiller Juridique,
una posizione che rappresenta una via di mezzo tra il consigliere
legale ed il braccio destro del direttore del porto. Quanto tempo
ancora resterà al suo posto, non si può dire. Il
passaggio di mano nell'ambito del governo avvenuto lo scorso mese
di novembre potrebbe comportare una serie di nuove nomine in seno
all'alta dirigenza civile e militare.
Sebbene sia d'accordo sul fatto che è improbabile che l'autorità
portuale stessa venga privatizzata, El-Helou desidera puntualizzare
che per altri aspetti essa è molto più tranquilla.
In teoria, l'autorità portuale designa gli stivatori (tra
i quali vi è una ventina di imprese con esperienza nel
settore containeristico), ma in pratica ciò viene affidato
agli agenti che agiscono per conto delle compagnie di navigazione
che rappresentano. Due attività di cui il porto continua
a conservare il controllo sono i depositi sul posto, coperti o
scoperti, e tutto ciò che si riferisce alla "manipolazione",
vale a dire la movimentazione delle merci dal fianco della nave
al deposito, sebbene quest'ultimo venga occasionalmente affidato
a terzi.
Beirut attualmente dispone di tre ormeggi containerizzati lunghi
350, 300 e 240 metri, con pescaggio lungobanchina rispettivamente
pari a 10,5, 11 e 13 metri. Guardando al futuro, ormai da tempo
viene proposta l'apertura di un terminal contenitori dedicato,
con una lunghezza iniziale di 600 metri di ormeggio e con un pescaggio
di 15,5 metri. Peraltro, l'estensione di 300 metri sino al frangiflutti
che protegge questo sito non è stata ancora completata.
Secondo El-Helou, la data più vicina possibile per l'inaugurazione
potrebbe essere maggio del 2000, ma ciò potrebbe sembrare
ottimistico. Gran parte delle strutture esistono, ma non vi sono
murate di banchina. Una complicazione che potrebbe comportare
ritardi è costituita dal passaggio di mano in ambito governativo
che potrebbe indurre ad un ripensamento in ordine a chi veramente
gestirà il terminal.
Si era anche andati vicini alla sigla di un contratto con l'Autorità
Portuale di Dubai, la quale avrebbe inoltre fornito le attrezzature,
ma poi tutto è stato sospeso. Esistono piani per una ulteriore
espansione che dovrebbe aver luogo nel 2007, ma al momento ciò
dev'essere considerata una semplice dichiarazione d'intenti. Allorquando
il nuovo terminal sarà stato inaugurato, gli operatori
saranno liberi di contrattare le condizioni direttamente con le
attuali imprese di stivaggio, alcune delle quali potrebbero unirsi
in un consorzio, e non dovranno agire tramite l'autorità
portuale. Un aspetto interessante dei traffici di Beirut è
rappresentato dal fatto che, fatta eccezione per l'esportazione
di piccoli quantitativi di prodotti freschi - per lo più
alla volta di altri stati arabi - e di un po' di cotone, i contenitori
di solito arrivano pieni e partono vuoti. Vi è un notevole
deficit di traffico. "Tuttavia" ha dichiarato Nabil
Zahlan, dirigente commerciale della National Shipping Company
"ciò è ampiamente compensato dalle rimesse
inviate in patria dalle ditte libanesi che lavorano oltremare,
in particolar modo negli Stati del Golfo (Medio-Oriente), in Africa
ed in Brasile".
Tutto ciò si riflette nei dati relativi ai TEU del porto.
Secondo quanto pubblicato nel Containerisation International Yearbook,
si può notare come nel 1997 siano stati importati 138.135
TEU pieni e solo 885 TEU vuoti. Ciò contrasta con le spedizioni
in esportazione, che hanno fatto registrare 125.684 TEU vuoti
e solo 12.921 TEU pieni.
La Siria dipende principalmente da Tartous e da Lattakia per i
propri traffici marittimi; il secondo è senz'altro il porto
principale. Il governo controlla l'autorità portuale, che
a sua volta fornisce tutto il personale, stivatori compresi. Perciò,
non esiste concorrenza. Sempre di proprietà dello Stato
è la ShipCo (Shipping Agencies Company), che movimenta
tutte le navi che utilizzano il porto. Non vi sono agenzie marittime
private.
Ryad Azhari, direttore generale dell'Ufficio Coordinamento Traffici,
che funge da agente marketing per la P&ON, si dimostra severo
nei suoi commenti in ordine alla ShipCo: "Essa opera secondo
tariffe ufficiali, sotto la supervisione del Ministero dei Trasporti.
Il personale ha le mani legate dai regolamenti e, da buoni impiegati
statali, essi sono commercialmente inefficienti e mancano del
tutto di iniziativa, almeno quella che li esporrebbe a responsabilità".
Dal momento che la ShipCo agisce per conto di tutte le linee di
navigazione, non può svolgere alcuna funzione di marketing.
Di conseguenza, esistono diverse imprese - tra cui quella per
cui lavora Azhari - che fungono da agenti marketing per conto
dei propri mandanti e quindi svolgono diverse altre funzioni.
"Ufficiosamente" dichiara Azhari "essi ricadono
sotto il regime protettivo degli agenti".
Al momento, Lattakia sembra avere sufficiente capacità
di movimentazione carichi per il prossimo futuro, sebbene vi siano
solamente due gru in grado di movimentare containers. Diviene
pertanto necessario poter disporre di altre attrezzature al fine
di impedire il verificarsi di ritardi. Azhari ritiene che siano
state ordinate in Italia due gru a cavalletto, le quali verranno
fornite "entro due anni", ma non è sembrato troppo
ottimista al riguardo.
(da: Containerisation International, aprile 1999)
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