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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS | ANNO XVIII - Numero 12/2000 - DICEMBRE 2000 |
Porti
Sotto pressione
All'interno del bacino del Mediterraneo, il cammino verso la
privatizzazione dei porti non sostiene gli ingenti investimenti
fatti in attrezzature per movimentare i containers.
Marsiglia
Con un output totale di oltre 90 milioni di tonnellate l'anno,
per due terzi di greggio, il porto francese di Marsiglia è
il terzo in Europa per dimensioni, e il maggiore in Francia, ed
è il settantesimo nella classifica di Cargo Systems
sui porti che gestiscono containers in tutto il mondo, con un
output di 663.984 Teus nel 1999.
Riposandosi sulle sue ingenti entrate grazie al greggio, il porto
di Marsiglia sembrava essere un gigante addormentato, ma poi le
riforme sul lavoro portuale a livello nazionale di metà
anni Novanta hanno stimolato fortemente tentativi di ammodernamento,
nonché elevata diversificazione. Il clima economico cangiante
ha oggi concentrato ulteriormente gli sforzi per ridurre la dipendenza
dal petrolio, e la crescita del comparto containers fa presagire
che sarà questo il settore destinato ad assorbire le perdite
del petrolifero. Il target è quello di superare l'output
di traffico record dell'anno scorso, ovvero 664.000 Teus, per
arrivare a 1 milione e 200 mila Teus nel 2004.
Benché il porto di Marsiglia sia statale, è governato
da un'Autorità portuale dotata di un grande margine di
autonomia, che ha fatto sorgere, negli ultimi anni, nuove joint
ventures con organizzazioni pubbliche e private.
In più, come era nei progetti del direttore generale Eric
Brassart tre anni fa, l'impresa cultura ha dato maggiore
impeto ai piani d'affari portuali. In questo Brassart era stato
di larghe vedute, nonostante fosse un funzionario pubblico come
tutti i suoi predecessori, e, tra le altre mosse, ha anche ringiovanito
il management con una serie di incontri con il mondo del commercio
navale.
In più, Brassart ha anche assicurato che altri professionisti
della portualità sarebbero stati ingaggiati nell'ottica
di rendere il porto più competitivo. Con azioni che solo
un paio di anni fa sarebbero state definite inconcepibili, e grazie
alla produttività della propria forza lavoro, Brassart
il mese scorso ha guidato una delegazione in Estremo Oriente,
in cui i sindacati erano rappresentati "quali parte integrante
della squadra per la promozione del porto e dei servizi che esso
può offrire."
E grazie ad una serie di altre iniziative, i volumi dei containers
nel primo mese del 2000 erano già del 7,3% superiori all'anno
precedente. Non solo sono stati promossi sconti per la fedeltà
al terminal e le tariffe portuali per le navi containers di maggiori
dimensioni diminuite del 33%, ma si sono anche decisi tempi più
ristretti da rispettare e compensi legati alle performances all'interno
dei terminal containers.
Per la prima volta i livelli tariffari rifletteranno maggiori
produttività ed investimenti, con i deficit risultanti
dal pagamento dei compensi pattuiti coi clienti coperti dal porto
oppure dai gestori del cargo. Le tariffe dei magazzinieri scenderanno
del 2% e sconti addizionali basati sui volumi e sui nuovi affari
sono pianificati per i prossimi anni a venire.
I containers sono movimentati presso due diverse attrezzature
sotto il controllo dell'Autorità Portuale di Marsiglia.
Una è al terminal Mourepiane nella parte orientale dello
scalo francese, l'altra è a Fos in quella occidentale,
a 30 km di distanza circa. Sebbene un certo numero di operatori
privati si occupi già della movimentazione dei containers
nei due terminals, le compagnie più importanti che svolgono
attività di magazzinaggio con maggiore frequenza sono la
Eurofos e la Seayard.
Per tenere testa alla sua crescita continua ed ai suoi targets
in termini di performance, l'Autorità Portuale di Marsiglia
ha intrapreso un programma di rinnovamento delle sue gru portacontainers.
Al terminal di Mourepiane, un nuovo mezzo da 45 tonnellate Fantuzzi-Reggiane
Panamax ship/shore prenderà servizio questo mese, con due
gru simili pronte per la consegna a metà del 2002.
Al terminal containers di Fos, una terza gru Fantuzzi-Reggiane
post-Panamax ha cominciato a funzionare nel giugno 2000 ed una
quarta sarà operativa a metà 2001. Piani per altre
post-Panamax a Fos sono in fase di approvazione, assieme ad un
programma, da 560 milioni di dollari americani, di espansione
del terminal.
Grecia
Il porto più importante della Grecia, nonché centro
commerciale di rilevanza nazionale ed internazionale, è
lo scalo ateniese, di possesso statale, del Pireo. Con 27 km di
banchine ed un traffico annuale di 11 milioni di tonnellate, è
il numero 55 nel top 100 di Cargo Systems, avendo movimentato
nel 1999 964.902 Teus (+3,4% dall'anno precedente).
Il terminal containers del Pireo comprende due approdi con 16
metri di profondità, equipaggiati con 12 gru post-Panamax
ship/shore e 53 tra mezzi di trasporto alternativi, ed offre un'area
di stoccaggio di 50 ettari e 5 rampe Ro/Ro. Con la speranza di
superare il milione di Teus per quest'anno, i futuri piani di
sviluppo dell'Autorità Portuale del Pireo prevedono un
terzo approdo per il 2003 che accrescerà la capacità
da 1 milione e 200 mila Teus a circa 2 milioni di Teus. Si prevede
anche l'acquisto di altri 14 mezzi di trasporto containers.
In aggiunta a ciò, allo scopo di rafforzare ulteriormente
la sua posizione regionale di scalo di transhipment, è
prevista la realizzazione di una connessione ferroviaria che collegherà
direttamente il terminal container con il network ferroviario
europeo (in particolare gli stati sui Balcani), sebbene è
da dirsi che per adesso è solo un progetto in fase di studio.
Nel mentre, il porto sta intraprendendo considerevoli investimenti
per ristrutturare e ammodernare le sue attrezzature, nonché
per riformare il proprio statuto. Per il porto passeggeri (12
milioni di viaggiatori l'anno, il maggiore d'Europa per questo
tipo), sono previsti nuovi approdi e nuove banchine. Inoltre,
sempre secondo il piano portuale, il fronte mare e le vecchie
costruzioni saranno da ristrutturare ed un grosso hotel, corredato
di un business centre, sarà costruito in vista delle Olimpiadi
del 2004.
Sebbene il governo sia pro privatizzazione, il processo è
attualmente in fase di rilento perché sono ancora molte
le resistenze alle proposte. Queste spaziano da una vociferata
lobby locale - ad esempio ci sono 17 aree municipali coinvolte
nel porto del Pireo - a interessi in gioco delle varie organizzazioni
sindacali, che si oppongono fortemente alla privatizzazione.
Nonostante tutto ciò, si sono considerate tutte le possibili
opzioni e 18 mesi fa il governo ha formato un consorzio, capeggiato
dalla compagnia locale Kantor e dalla Bank of America, con la
qualifica di consulente per la privatizzazione. Finché
il consorzio non avrà emesso il proprio parere ed il governo
non avrà approvato il "port business plan" alla
fine di quest'anno, tutto rimarrà in sospeso.
Anche così, con molti nel governo che ritengono che l'unico
modo di ridurre la burocrazia e l'esubero di manodopera ed allo
stesso tempo di accrescere l'efficienza e la produttività
sia l'ingresso di capitale privato e di competenza operazionale
nell'industria portuale nazionale, è soltanto una questione
di tempo perché venga ripreso il processo di privatizzazione.
Allora, considerate tutte le alternative, osservatori informati
sono del parere che la privatizzazione di almeno due dei principali
porti del Paese (Pireo e Tessalonica) sarà raggiunta attraverso
la fluttuazione dei titoli nel mercato azionario di Atene. Il
governo manterrà la golden share (parte di maggioranza)
per poter mantenere il controllo su entrambi i porti.
In questo contesto, la privatizzazione vorrà probabilmente
dire che il governo stabilirà una sussidiaria completamente
di sua proprietà di cui detterà le regole per amministrare
e regolamentare i porti, e poi affiderà in leasing le concessioni
dei terminals a svariati operatori privati (di rilevanza mondiale
o locale).
Tessalonica, il secondo porto greco, che movimenta principalmente
general cargo e containers, sembra destinato a diventare il primo
privatizzato da subito l'anno prossimo, e subito dopo toccherà
anche al porto del Pireo.
Comunque, la privatizzazione completa dei porti non avverrà
improvvisamente, dato che il governo procederà lentamente
e con grande cautela nel processo, e sarà poi in completo
e continuo dialogo con tutte le parti coinvolte. Questo in parte
perché desidera evitare il confronto con i potenti sindacati
della forza lavoro e vuole mantenere al minimo livello possibile
l'opposizione.
Dall'altra parte, il governo sarà sotto pressione per il
raggiungimento dei suoi scopi, perché deve procedere armoniosamente
con le politiche dell'Unione Europea (diventerà un membro
dell'Unione Economica e Monetaria a pieno titolo a partire dal
Gennaio 2001), e, particolare di non piccola rilevanza, la stessa
Unione Europea sta cofinanziando il succitato programma di rigenerazione
degli scali greci.
Turchia
Posizionata nella parte orientale del Mediterraneo, la Turchia
ha tre grandi porti - Istanbul (Haydarpasa), Izmir e Iskenderun
- che sono, allo stato attuale delle cose, di proprietà
statale, sebbene il governo abbia dei piani per un programma di
privatizzazione portuale a livello nazionale.
Izmir possiede l'area più grande in tutta la Turchia per
la movimentazione ed i servizi ai containers, ed è anche
il porto principale per l'industria regionale dell'Egeo. Essendo
uno dei porti a maggiore velocità di sviluppo nel Paese,
e operante continui investimenti per cercare di migliorare il
livello dei servizi offerti, Izmir è il numero 93 nella
classifica dei top 100 di Cargo Systems riguardo ai terminal
containers, con una movimentazione di 435.962 Teus nel 1999 (fino
al 9,1% in più rispetto all'anno precedente).
Con un terminal contenitori comprendente sette banchine della
lunghezza di 1.050 metri ed una profondità di 13, Izmir
occupa un'area di 15,2 ettari. Il terminal è equipaggiato
con quattro gru ship/shore, sei RTGs e quattro bracci di carico
mobili, ed ha una capacità di stoccaggio di 7.074 Teus.
Desiderando accrescere la capacità del terminal a 875.000
Teus, il governo sta prendendo in esame un buon numero di opzioni,
compresa la possibilità di un progetto costruisci-opera-trasferisci
(ovvero build-operate-transfer, detto BOT) e varie proposte sono
state presentate già all'inizio di quest'anno.
Al porto di Ismit a Derince, a circa 100 km da Istanbul, il programma
di privatizzazione è già a buon punto. P&O Ports
ha una concessione BOT di 46 anni per un terminal (tre anni per
completare la prima fase e 43 anni per operare), e ci si aspetta
che i lavori di costruzione inizino almeno entro i primi quattro
mesi del 2001, mentre le attività per l'inizio del 2003.
Una volta completato, Derince sarà il primo progetto BOT,
il più moderno ed il meglio equipaggiato per i servizi
ai containers in Turchia.
Sfortunatamente, il progetto è solo uno dei numerosi altri
progetti di privatizzazione, i quali sono da sempre stati soggetti
a pesanti ritardi (casi simili si riscontrano nel settore dell'energia).
Questo è dovuto principalmente al fatto che la comunità
finanziaria internazionale è stata scoraggiata dal prestare
denaro in un contesto, quale quello turco, in cui le leggi e le
restrizioni finanziarie prevalenti erano percepiti come assai
sfavorevoli.
Così la legge è stata cambiata all'inizio di quest'anno
ed adesso permette l'arbitraggio internazionale, che ha spianato
la strada a flussi in ingresso di capitali d'investimento esteri,
che stanno dando la possibilità ad un certo numero di progetti
di privatizzazione turchi di guadagnare terreno.
Per essere costruito nel rispetto dei tempi imposti dal mercato,
il terminal Derince nuovo di zecca con approdi di 14 metri di
profondità costerà all'incirca 250 milioni di dollari.
Il design sarà fatto dalla CGR, un'impresa di progettazione
australiana, che ha disegnato la maggior parte dei terminal containers
P&O su scala mondiale. La costruzione vera e propria sarà
invece completata dalla ENKA Construction.
Sebbene il numero di attrezzature ed i particolari più
specifici debbano essere ancora definiti, si sa già che
il terminal verrà inizialmente equipaggiato con gru Panamax
ed RTGs, ed avrà una capacità di traffico di 500.000
Teus, che arriveranno a 1 milione di Teus allorché verrà
implementata la fase finale del progetto.
La fase di costruzione permetterà la fornitura di attrezzature
e l'inizio delle operazioni per un'area con due banchine ed una
capacità di poco meno di 500.000 Teus, così da produrre
delle prime entrate monetarie che serviranno anche alla realizzazione
della seconda fase.
Con l'avvento di così tanti e nuovi servizi per contenitori
nella regione, non ci si può esimere dal chiedersi da dove
proverrà il nuovo e maggiore traffico di merci necessario
a sostenere questi progetti di sviluppo. Finché si tratta
di P%O, non c'è timore di una possibile concorrenza da
parte di altri porti nella zona. "Ci troviamo tra Istanbul
e Ismit, e da sola Istanbul ha una popolazione di oltre 15 milioni
di persone, che costituiscono già un mercato", dice
Reg Grimston, Derince project manager. "L'85% della zona
industriale turca è localizzata nell'area di Ismit".
Poi il porto è servito da un connessione ferroviaria per
Ankara (per la verità però attualmente non è
in condizioni molto buone, ma ha il giusto potenziale per migliorare),
e questo non fa che ampliare il raggio d'azione della nuova area,
nonché la sua efficienza.
Israele
I porti israeliani sono gestiti e resi operativi direttamente
dal governo mediante le PRA (Autorità Portuali e Ferroviarie).
Israele è uno dei pochi Paesi al mondo in cui le cose stanno
in questo modo, sebbene la privatizzazione senza dubbio sia da
tempo nei progetti del governo, e sia vista come un elemento necessario
per il futuro dell'industria portuale.
Di converso, i lavoratori portuali israeliani ed i sindacati ritengono
che la privatizzazione non sia necessaria e che possano rendere
efficiente da soli il porto, e tutto ciò ha portato a dispute
ancora in corso, di natura sia legale che industriale. Come conseguenza,
il processo verso la privatizzazione è ancora lento e titubante.
Il maggiore porto per containers d'Israele è quello di
Haifa, ed occupa il 63° posto nel top 100 di Cargo Systems.
L'anno scorso ha movimentato 792.368 Teus, con un leggero calo
rispetto all'anno precedente (-4,9%), ma questo non ha inficiato
i piani di sviluppo del porto nel lungo periodo.
Si stanno facendo progetti per il nuovo terminal container portuale
Carmel, che verrà costruito nella parte orientale dell'esistente
terminal container d'Oriente di Haifa. I piani di sviluppo però
sono stati ritardati da una disputa, ancora in corso, tra le PRA
e la Compagnia Elettrica Israeliana, che progetta di costruire
una stazione energetica adiacente al porto.
Il nuovo terminal (che costituirà parte dello Stage 1 del
piano di sviluppo portuale del porto di Haifa) comprenderà
una banchina di 700 metri ed un'area container nuova di zecca
di 50 ettari. La costruzione del terminal dovrebbe cominciare
nel 2001 ed essere completata per il 2005/2006, dopo le necessarie
approvazioni.
In più, il piano di sviluppo del porto di Haifa prevede
la costruzione di una banchina di 650 metri per servire navi di
grossa portata e adibite a general cargo e rinfuse. Ci sarà
anche un altro molo per servire carichi di minori dimensioni ed
una conversione dell'esistente porto commerciale occidentale in
un terminal passeggeri.
La seconda fase del progetto includerà la costruzione di
un frangiflutti di 500 metri, che sposterà quello esistente
al porto di Kinshon, e la costruzione di 1.400 metri di banchine
per cargo generale e rinfuse.
Anche per il secondo porto d'Israele, Ashdod, sono previsti piani
di sviluppo. Lo scalo è il 92° nella classifica di
Cargo Systems e nel 1999 ha movimentato 441.101 Teus, e
sta attualmente migliorando le sue performances con il suo nuovo
progetto di porto del Giubileo, che verrà costruito in
un'area a Nord del settore esistente. La zona comprenderà
una banchina lunga 600 metri e profonda dai 14 ai 15,5, con capacita
di stoccaggio di 450.000 Teus su oltre 50 ettari. Con spazio a
terra per 4.000 containers, equipaggiamenti moderni per la loro
movimentazione e sistema manageriale assai efficiente, si stima
che il terminal raddoppierà la propria capacità
di traffico containers fino ad oltre 800.000 Teus l'anno.
Annunciato come progetto BOT con inizio previsto per il 2001 -
completamento della programmazione per il 2003 - il porto del
Giubileo ha grande significato, in quanto potrebbe essere il primo
passo del governo israeliano verso la privatizzazione di tutti
i porti del Paese.
Se si va avanti così, e si dimostra che è un successo,
allora il governo potrà essere sufficientemente incoraggiato
nel cercare di convincere lavoratori e sindacati che la privatizzazione
funziona e sarebbe utile ed efficiente provarla in altri ambienti
della portualità.
Dall'altro canto, rilevato che le proposte BOT hanno già
portato a scioperi e disturbi tra gli operatori portuali esistenti
ad Ashdod, a causa anche dell'instabilità politica caratteristica
della zona, ci potrà volere molto tempo prima che il governo
sia abbastanza forte, determinato o anche solo interessato a seguire
questo particolare sentiero verso la privatizzazione.
Beirut, Libano
Fino al 31 Dicembre 1991, una compagnia francese ha operato nel
porto di Beirut in virtù di un accordo di concessione.
Quando la concessione finì nel 1991, il governo decise
di non rinnovarla, ma di porsi quale gestore diretto del porto
quale ente pubblico sotto la responsabilità di un comitato
amministrativo temporaneo.
Conosciuto come il Comité de Gestion et d'Exploitation
du Port de Beyrouth (GEPB), il comitato è un'autorità
pubblica transitoria responsabile del management del porto, nonché
della sua amministrazione e del suo sviluppo. Le operazioni nel
porto di Beirut sono effettuate da 32 compagnie di movimentazione
dei cargos private libanesi subappaltate che usano largamente
manodopera siriana occasionale.
Prima della guerra civile, il GEPB ha fornito la maggior parte
dell'equipaggiamento per la movimentazione dei containers nel
porto, ma da quando tutte le attrezzature furono rimosse dallo
scalo a causa della guerra, il GEPB si affida alle compagnie containers
locali succitate per la fornitura degli equipaggiamenti, in particolare
quelli per la movimentazione dei containers.
Ma data la sua natura temporanea (in Libano non c'è una
legge o codice che stabilisca la struttura corrente del porto)
e con lo scalo operativo in virtù di ordinanze locali e
concessioni, il GEPB non è stato libero di attuare dei
piani di lungo periodo. Con altri enti pubblici che controllano
operazioni portuali (il GEPB non ha controllo sulle operazioni
a banchina ed il Ministro dell'Economia possiede ed opera nel
silos del grano), il Comité de Gestion è impedito
anche nella gestione effettiva del porto. In più, la temporaneità
e la precarietà della situazione portano con sé
anche interferenze politiche, che rendono le politiche di sviluppo
portuale soggette ai capricci dei governanti.
Così, alla fine del 1999, fu deciso di rivedere l'assetto
istituzionale del porto, identificandone i problemi, sì
da creare un'Autorità Portuale più indipendente
nella gestione delle operazioni a terminal ed in grado di rimpiazzare
il Comité de Gestion, che però ha già sottoscritto
con il porto un contratto ventennale di forniture di apparecchiature
ed equipaggiamenti ad uso del personale di banchina, anche in
vista di un'ampliamento della capacità di imbarco/sbarco
dello scalo (fino a 1 milione di Teus).
Lo scopo era stabilire un livello superiore di autonomia per l'autorità
portuale che includesse un'emendamento delle leggi a modello di
altri porti internazionali, nonché procedure più
lineari per la definizione delle responsabilità. Allora
sono stati ingaggiati vari consulenti per produrre uno studio,
finanziato dalla World Bank, per delineare la cornice legislativa
per una nuova Autorità portuale, il tutto nei minori tempi
possibili.
Un'ultima questione che è emersa però parlando di
tutti questi cambi nella legislazione è l'impatto che le
nuove strutture giuridiche avrebbero avuto su tutto il network
portuale libanese, ovvero se anche gli altri porti si dovranno
adeguare ai nuovi regolamenti o se potranno continuare a operare
come compagnie pubbliche ex lege 4517.
(da: Cargo Systems, Novembre 2000)
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