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COUNCIL OF INTERMODAL SHIPPING CONSULTANTS
ANNO XXXIII - Numero 15 GENNAIO 2015
TRASPORTO MARITTIMO
UN ALTRO GIRO SULLE MONTAGNE RUSSE PER LE LINEE DI
NAVIGAZIONE CONTAINERIZZATE NEL 2014
I vettori marittimi hanno persistito nella loro strategia da
casinò nel 2014, giocandosi tutto al tavolo da poker nella
propria ricerca infinita di impiego delle portacontainer più
grandi, per conseguire in tal modo vantaggi relativi ai costi
unitari rispetto ai rivali.
Sfortunatamente per i bilanci della maggior parte dei vettori
più prodighi, il loro gioco è naufragato in modo
spettacolare dal momento che le tariffe di nolo sono calate più
rapidamente rispetto alla diminuzione dei costi unitari.
Nel contempo, sono stati nuovamente concessi ai caricatori
incrementi generali tariffari per un importo di migliaia di dollari,
posti in essere per contrastare l'erosione dei proventi, nel corso
di settimane nelle guerre tariffarie che sporadicamente sono
scoppiate lungo le principali direttrici di traffico, facendo sì
che gli incrementi generali tariffari divenissero alquanto ridicoli.
La principale eccezione alla regola, tuttavia, è stata la
mano vincente mostrata dalla Maersk Line: un modello imprenditoriale
aerodinamico - sviluppato negli anni precedenti in cui il vettore
danese aveva lasciato indietro il settore nella lotta per tornare al
profitto - che vedrà la maggiore linea di navigazione
containerizzata mondiale incassare un netto di oltre 2 miliardi di
dollari nell'annata.
Tuttavia, persino la Maersk ha compreso di avere bisogno di
aiuto per riempire i suoi colossi ultra-grandi da 18.000 TEU e
questo si è dimostrato essere il fattore decisivo di un
inatteso corteggiamento che le ha fatto proporre un'alleanza di
condivisione di navi con gli arcirivali della MSC e della CMA CGM.
L'alleanza, denominata P3, dopo aver superato gli ostacoli
normativi negli Stati Uniti ed in Europa, alla fine si è
dissolta a causa del boicottaggio delle autorità sulla
concorrenza cinesi che hanno ravvisato il piano di stretto
concentramento del tonnellaggio operativo come simile ad una
fusione.
La Maersk e la MSC non hanno perso tempo a lasciare sull'altare
la CMA CGM dopo aver ricevuto quel duro colpo e hanno messo assieme
una versione diluita della P3, la 2M.
E, a tempo debito, l'accordo di condivisione navi così
annacquato si è dato da fare per superare le riserve
dell'organismo dei caricatori e di schivare le obiezioni normative.
Nel frattempo, la piantata in asso CMA CGM si è
precipitata nel letto delle potenze emergenti UASC e CSCL allo scopo
di formare la Ocean Three, nome che suona più romantico, che
verrà lanciata a metà gennaio, data simile a quella
prevista per la 2M.
E la parte finale del mosaico delle alleanze fra vettori sulla
direttrice di traffico est-ovest è stata completata quando
l'alleanza CKYH ha aggiunto altra potenza di fuoco con l'inclusione
nel gruppo della taiwanese Evergreen.
Altrove, c'è stato altro consolidamento fra vettori: le
attività containerizzate della CSAV sono state fuse nella
Hapag-Lloyd mentre la Hamburg Süd ha acquisito la CCNI,
stipulando inoltre un accordo globale di scambio di slot con la
UASC.
La formazione di quattro mega-alleanze ha comportato l'impiego
di una “nuova normale” portacontainer ultra-grande nella
direttrice di traffici Asia-Europa di dimensioni da un minimo di
13.000 TEU a 18.000 TEU ed oltre.
Di conseguenza, le navi da 8.000-10.000 TEU che finora hanno
rappresentato le navi cavallo di battaglia sull'Asia Europa erano in
esubero: non essendo più economiche, sono state pertanto
riversate a cascata in altri traffici.
Peraltro, l'introduzione casuale fuori dagli orari delle
portacontainer ultra-grandi nei porti nord-europei ha causato
momenti critici presso i due più grandi hub di Rotterdam ed
Amburgo, aggravati dalla crescita delle importazioni da un anno
all'altro valutata dagli esperti nell'ordine dell'8%.
Ed altrove, il re-impiego rafforzato in traffici che non solo
non avevano bisogno di navi più grandi ma erano inoltre
impreparati a far fronte a maggiori scambi di container ha
contribuito a congestionare i porti sulla costa occidentale degli
Stati Uniti, dell'America Latina e dell'Africa occidentale.
Ma una buona notizia per i vettori è arrivata nel corso
del trimestre finale dell'anno a compensare l'erosione dei proventi,
sotto forma di una riduzione del 45% dei prezzi del bunker in
seguito al crollo mondiale del prezzo del petrolio.
Il carburante ha costituito qualcosa come il 60% dei costi
operativi di una nave, di modo che per i vettori il risparmio sarà
notevole, malgrado le loro lamentele relative al fatto che saranno
di più i vantaggi che i caricatori trarranno dalla riduzione
dei sovrapprezzi inerenti al bunker.
Tuttavia, sebbene i vantaggi a breve termine derivanti dal
sostanzioso calo dei prezzi del carburante siano ovvii, resta da
vedere come le implicazioni a lungo termine per le economie dei
paesi produttori di petrolio andranno ad impattare a livello
globale.
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