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COUNCIL OF INTERMODAL SHIPPING CONSULTANTS
ANNO XXXV - Numero 28 FEBBRAIO 2017
COMMERCIO INTERNAZIONALE
I CONSEGNATARI DI PRODOTTI TESSILI TORNANO AD
APPROVVIGIONARSI IN EUROPA
Gli acquirenti europei di prodotti tessili stanno sempre più
spostando nuovamente in Europa le proprie filiere di
approvvigionamento e fornitura a causa dei costi in aumento in Cina
per quanto riguarda il lavoro, le materie prime e l'energia.
Come riporta la Reuter, sebbene la Cina resti un leader
mondiale dei prodotti tessili e dell'abbigliamento con esportazioni
per 284 miliardi di dollari USA nel 2015, i salari locali sono
cresciuti ad un tasso composto di crescita di oltre il 12% e non
sono più abbastanza convenienti per competere proprio in
ordine ai prezzi.
Allo stesso tempo, il settore tessile cinese deve affrontare un
aumento dei costi delle materie prime, ingenti tasse sulle
importazioni di attrezzature di base per la produzione e regole
ambientali più costose.
Il piano quinquennale del governo cinese per i prodotti tessili,
pubblicato a settembre, ammette che i costi più alti stanno
indebolendo il vantaggio competitivo della Cina rispetto a paesi
sviluppati come l'Italia dotati di migliori tecnologie ed a paesi in
via di sviluppo con salari più bassi.
Secondo i dati della ITMF (International Textile Manufacturers
Federation), il divario fra il costo del lavoro fra le filature
italiana e cinese si è ridotto di circa il 30% dal 2008 al
2016 sino a 0,57 dollari USA al kg da 0,82 dollari USA.
La Reuters riporta che - sebbene il salario orario di un
tessitore cinese l'anno scorso sia stato di 3,52 dollari USA,
secondo l'ITMF, con un aumento del 25% dal 2014 - si è
trattato ancora di una frazione degli oltre 27,25 dollari USA pagati
in Italia.
Ma poiché i salari cinesi non saranno a lungo così
bassi, il processo di spedizione dei materiali alla volta della Cina
e poi di spedizione di ritorno in Europa dei prodotti diventa un
sacco meno allettante, ha detto alla Reuters Shiu Lo
MO-ching, presidente della Hong Kong General Chamber of Textiles Ltd
ed amministratore delegato del produttore tessile Wah Fung Group.
"Potrebbero piuttosto preferire di riportare la produzione
in Europa" aggiunge Shiu.
"Questa tendenza è alquanto ovvia".
Le marche occidentali di abbigliamento sono inoltre sotto
pressione affinché offrano più collezioni e look
personalizzati, cosa che richiede che i loro fornitori siano più
vicini e veloci.
In Cina, per contrasto, la filiera distributiva è più
lunga e spesso frammentata, dando a paesi come l'Italia un vantaggio
competitivo, ha dichiarato alla Reuters Ercole Botto Poala,
amministratore delegato del produttore tessile italiano Reda.
Secondo la SMI, associazione italiana tessile e moda, le
importazioni tessili dell'Italia dalla Cina sono diminuite dell'8,7%
nei primi 10 mesi dello scorso anno sino a 347 milioni di euro (370
milioni di dollari USA).
Le sue esportazioni alla volta della Cina sono aumentate del
2,8% sino a 165 milioni di euro nello stesso periodo; peraltro, come
riferisce la Reuters, le esportazioni tessili complessive
l'anno scorso sono diminuite del 2% per 4,3 miliardi di euro.
Altri acquirenti guardano ad ubicazioni dell'Europa Orientale
come la Bulgaria o la Turchia per i tessuti, in ragione della
qualità, del prezzo e della prossimità all'Europa.
Per alcuni acquirenti, anche la qualità ed il prezzo sono
sempre più importanti. Ed alcune marche inoltre sono sempre
più motivate da preoccupazioni inerenti alla tracciabilità
del prodotto e vorrebbero evitare i potenziali rischi per la
reputazione, ha detto alla Reuters Alessandro Brun,
professore del Politecnico di Milano.
Alcuni produttori e compratori affermano che è troppo
presto perché i dati mostrino il flusso in uscita dalla Cina.
A detta della Reuters, secondo dati cinesi, le
esportazioni tessili della Cina alla volta dell'Unione Europea sono
cresciute di un modesto 1,4% nei primi dieci mesi dell'anno scorso,
ma sono calate del 4,1% ad ottobre.
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