Quotidiano indipendente di economia e politica dei trasporti
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COUNCIL OF INTERMODAL SHIPPING CONSULTANTS
ANNO XXVI - Numero 8/2008 - AGOSTO 2008
Studi e ricerche
Nuove direttive per
i porti trust del Regno Unito
Più di 100
porti nel Regno Unito - da Dover e Milford Haven a Padstow e
Stornoway Pier - riceveranno nuove direttive governative intese ad
ammodernare sostanzialmente il modo in cui essi vengono gestiti.
Questi porti operano
tutti quanti come trust piuttosto che come società di
capitali, ma il Dipartimento dei Trasporti insiste sul fatto che
dovranno adottare maggiormente le prassi commerciali delle loro
controparti privatizzate.
Ci si aspetta che le
nuove direttive vengano pubblicate nelle prossime settimane.
Un portavoce del
Dipartimento dei Trasporti ha dichiarato che esse incorporeranno lo
spirito, se non i contenuti, del rapporto che sull'argomento
in questione esso aveva commissionato alla PwC
(PricewaterhouseCoopers) e che si intitola “Consigli ai
porti trust”.
Si spera che le
direttive risolvano altresì la situazione di stallo venutasi
a creare fra i porti del settore privato ed il governo in ordine
alla posizione di sei dei maggiori porti trust.
Questa materia è
attualmente l'argomento di un'inchiesta pubblica che ha
atteso la pubblicazione delle direttive per essere portata avanti.
I trust svolgono un
ruolo fondamentale nell'ambito dell'estesa rete portuale
del Regno Unito, che fornisce servizi, in qualche modo, al 95% delle
attività svolte nel paese.
Governati dalla
normativa locale piuttosto che da un atto del parlamento e
controllati da un consiglio autonomo di amministratori, essi sono
considerati un'alternativa più stabile e meno
finalizzata al profitto rispetto ai porti privatizzati.
Alla PwC è
stato affidato l'incarico di esaminare l'efficienza
operativa, la responsabilità nei confronti dei portatori di
interessi e la struttura commerciale dei porti trust.
Anche se le
conclusioni raggiunto nel documento “Consigli ai porti
trust” non sempre si riferiscono alla sua analisi, ci sono
alcune notevoli raccomandazioni, in particolare il concetto di
“dividendo dei portatori d'interessi”.
Un porto trust viene
fatto funzionare a vantaggio dei portatori d'interessi, fra i
quali c'è la comunità locale in senso più
lato.
Il suo scopo è
la preservazione dei beni portuali, migliorando nel contempo le
infrastrutture ed i servizi e stimolando l'economia locale.
Il dividendo del
portatore d'interessi, o “vantaggio” come
probabilmente verrà chiamato nelle nuove direttive, dovrebbe
corrispondere ai vantaggi che un portatore d'interessi riceve
in conseguenza della buona amministrazione del trust.
Essi possono assumere
la forma di oneri portuali scontati al di sotto del tasso di mercato
e lo sviluppo delle infrastrutture sino allo standard più
elevato, piuttosto che a quello più economico.
I vantaggi sarebbero
commisurati in termini di contributi apportati alle economie
regionali, di solidità delle relazioni con gli utenti
portuali e delle agevolazioni ai traffici, piuttosto che meramente
in termini di conseguimento di profitti.
I “Consigli
ai porti trust” hanno constatato che l'allocazione
delle risorse portuali effettuata in questo modo non è
necessariamente visibile per i portatori d'interesse, il che
crea una mancanza di trasparenza.
Un azionista si
aspetterebbe di ricevere un dividendo in proporzione alla capacità
di profitto della società ed un portatore d'interessi
dovrebbe essere trattato allo stesso modo.
I “Consigli
ai porti trust” si sforzano di sottolineare l'importanza
della massimizzazione dei beni, in particolare relativamente agli
oneri portuali, affermando: “Raccomandiamo che i proventi
prefissisi dai porti trust siano commisurati al rischio che essi si
trovano ad affrontare ed alle risorse che impiegano.
Gli oneri dovrebbero
essere stabiliti ad un livello che rifletta un appropriato ritorno
rispetto ai beni”.
La pubblicazione
suggerisce altresì l'uso degli obiettivi di prestazione
e degli indicatori-chiave di prestazione.
I vantaggi previsti
dei portatori d'interessi rispetto ad un certo periodo di
anni, ad esempio, potrebbero fornire un punto di riferimento col
quale valutare le prestazioni.
I “Consigli
ai porti trust” citano l'esempio della società
idrica gallese, la GC (Glas Cyrmru).
La GC è una
società ad oggetto unico il cui capitale sociale è
costituito da garanzie e non da quote e che presenta un obiettivo
annuale fisso di dividendi per i propri portatori d'interessi.
Gli obiettivi e gli
indicatori-chiave di prestazione, afferma David Whitehead, direttore
della Associazione Porti Britannici, non sono adoperabili da parte
dei porti trust.
“Noi pensiamo
che l'uso degli indicatori-chiave di prestazione per
confrontare i porti trust con i porti privatizzati costituisca un
metodo comparativo inappropriato, perché si tratta di entità
molto diverse in termini di obiettivi commerciali”.
Questa però non
è l'opinione di alcuni dei trust maggiori.
Ted Sangster, c.e.o.
dell'autorità portuale di Milford Haven, supporta l'uso
di tali criteri di valutazione.
“Gli
indicatori-chiave di prestazione sono utili, noi li usiamo e ci
aspettiamo che compaiano nelle direttive quando verranno pubblicate”
afferma.
“Ci si aspetta
che i porti trust funzionino dal punto di vista commerciale nella
modalità avanti tutta, con i medesimi indicatori finanziari
che ci si aspetterebbe di trovare in tutti gli altri porti.
Sicuramente non lo
facciamo per guadagnare un dividendo per i portatori d'interesse”.
Tutti e sei i porti
presi in esame - Blyth, Dover, Milford Haven, Poole, Shoreham e Tyne
- hanno conseguito profitti ma non è stato possibile
accertare se stanno ripianando i costi del loro capitale.
I trust, peraltro,
stanno dimostrando in effetti un elevato livello di competitività
con il settore privato, il che è un forte, per quanto
aneddotico, indicatore di efficienza.
In ogni caso, il
concetto di vantaggio per il portatore d'interessi deve essere
il punto di riferimento di qualsiasi forma di valutazione delle
prestazioni venga prescelta.
Il riconoscimento di
vantaggi tangibili ed identificabili incoraggerà i porti ad
operare secondo i massimi interessi dei propri soci e questi ultimi
dovrebbero diventare più consapevoli di ciò che
possono aspettarsi dal porto e di dove le risorse vengono allocate.
Il rapporto della PwC
affronta anche le questioni della responsabilità del
consiglio direttivo e della discussione in ordine a possibili
cambiamenti strutturali.
Ancora una volta, si
deve rilevare una qualche contraddizione in questa analisi.
In relazione alla
responsabilità dei sei porti trust esaminati, i “Consigli
ai porti trust” hanno riscontrato la conformità con
la pubblicazione del Dipartimento dei Trasporti del 2000, intitolata
“Ammodernare i porti trust: una guida per una corretta
regolamentazione”, nonché con il “Codice
combinato sulla regolamentazione societaria”, pubblicato
dall'Autorità britannica per i servizi finanziari nel
2003.
I “Consigli
ai porti trust” ammettono che i porti sono coerenti con le
attuali direttive governative, l'unica area debole essendo
costituita dal rapporto sulle nomine del consiglio direttivo.
Il Dipartimento dei
Trasporti trova giustamente sgradevole che nei porti minori il
presidente possa essere rimosso solo dalla maggioranza di un
consiglio che il presidente può senz'altro avere
agevolato per quanto riguarda le nomine.
Non sorprende quindi
il fatto che i “Consigli ai porti trust”
suggeriscano che il Dipartimento dei Trasporti possa fungere da
arbitro indipendente col potere di rimuovere il presidente nel caso
in cui le prestazioni scadano al di sotto della media ed il
consiglio non voglia prendere provvedimenti.
I “Consigli
ai porti trust” proseguono affermando: “Non
consideriamo pratico raccomandare un cambiamento alla struttura
complessiva del settore dei porti trust solamente per porre rimedio
a tale vulnerabilità, che non si rileva in tutti i porti
trust e che, per sua natura, è improbabile che si
materializzi quale problema per la maggior parte dei porti trust”.
I consigli direttivi
dei porti trust dovrebbero invece essere incoraggiati a continuare
con l'autoregolamentazione, malgrado la precedente
dichiarazione secondo cui “gli strumenti di regolamentazione
possono dimostrarsi inadeguati ad affrontare in futuro le
prestazioni sotto le media od un grave insuccesso”.
I “Consigli
ai porti trust” suggeriscono inoltre che il Dipartimento
dei Trasporti dovrebbe avere il potere di emanare decisioni
vincolanti in relazione ai reclami presentati da un portatore di
interessi, malgrado la precedente dichiarazione secondo cui “non
ci è stata fornita alcuna prova relativa a porti che non si
siano volontariamente attenuti ad una decisione del Dipartimento dei
Trasporti”.
Le nuove direttive
costituiranno un ostacolo amministrativo per i trust.
Mentre i porti
maggiori dispongono delle risorse per ottemperare ai nuovi
provvedimenti, ovvero vi si sono già adeguati, i porti minori
potrebbero considerare i nuovi requisiti quali oneri non graditi.
Whitehead, la cui
organizzazione rappresenta la maggior parte dei porti trust in Gran
Bretagna, suggerisce che i cambiamenti costituiscono una buona cosa
per tutti i porti.
“I trust, non
avendo proprietari od azionisti, sanno di dover persistere nel fare
progressi e di dover continuamente aggiornare il valore di ciò
che producono, per quanto ci saranno differenze nel quantitativo di
dati richiesto a seconda delle diverse dimensioni dei porti”
afferma.
Alcuni dei più
rigorosi provvedimenti inerenti alla responsabilità
potrebbero non essere applicabili ai trust più piccoli e,
laddove venissero applicati, i porti potrebbero essere incoraggiati
ad utilizzare il diffuso approccio del tipo “attenersi o
spiegare” previsto dal Codice Combinato.
“I trust devono
decidere da soli se vogliono rimanere un trust” afferma
Whitehead.
“Questo governo
supporta i porti trust, ma sta approntando gli standard cui essi
dovrebbero tendere.
Spetta poi al porto
decidere se vorrà scegliere una struttura alternativa.
Il Dipartimento dei
Trasporti non vuole intromettersi nella gestione giornaliera dei
porti trust, ma desidera assicurazioni sul fatto che ci sia
un'adeguata trasparenza”.
L'attributo
primario di un porto trust consiste nella sua stabilità, che
gli dà una maggiore libertà di pianificare la propria
attività futura, libero dalla minaccia di un mutamento di
proprietà.
Il piano trentennale
di Dover per affrontare i propri enormi flussi di traffico ne è
un esempio e le direttive dovrebbero evidenziare questo aspetto.
“C'è
l'aspettativa che i trust più grandi si impegnino nella
pianificazione di massima” afferma Sangster.
“Non è
chiaro se ciò sarà richiesto a tutti quanti i porti, è
una questione di proporzioni, ma ai trust si richiede per statuto di
adottare una prospettiva a lungo termine”.
Lungi dal cercare di
spingere i porti trust ulteriormente verso il settore privato,
l'ammodernamento della maniera in cui questi porti lavorano e
l'aiuto loro fornito nel capitalizzare le proprie capacità
principali gli dà una migliore possibilità di
sopravvivenza nella loro forma attuale.
In particolare, i sei
porti maggiori sperano che le direttive li aiutino a dimostrare nel
corso dell'inchiesta pubblica di essere imprese assai
raffinate che fanno affidamento sull'accesso al mercato
commerciale del credito al fine di esprimere il proprio potenziale.
Se il loro status di
società pubblica dovesse essere confermato dall'inchiesta,
è probabile che possano ricorrere solo a finanziamenti
pubblici, l'inadeguatezza dei quali potrebbe costringerli alla
privatizzazione.
Le direttive
riceveranno un'accoglienza di natura composita, anche se ciò
potrebbe non essere giusto.
Per i porti più
grandi, molto dipende dall'esito di questo processo, ma
nemmeno l'organizzazione che costituisce il gruppo consultivo
sa con precisione che cosa aspettarsi.
Il Dipartimento dei
Trasporti ha rifiutato di indicare una data precisa o di fornire
altri dettagli, ma ha dichiarato che il testo completo delle
direttive aggiornate sarebbe stato disponibile sul suo sito web
nelle settimane a venire. (da: Cargo
Systems, luglio & agosto 2008, pagg. 28-31)
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