Associazione Porti Italiani
(Assoporti)
Relazione del Presidente
Francesco Nerli
Assemblea Generale
Roma, 6 novembre 2007
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Signori Ministri, Autorità, gentili ospiti e
rappresentanti del mondo portuale e del cluster logistico, cari
colleghi, porgo a tutti, con vivo piacere il saluto di benvenuto
all’Assemblea annuale di Assoporti.
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- La collocazione temporale di questo incontro consente, oltre ad
una valutazione sui “numeri” del settore anche l’esame
di quanto è stato fatto e delle prospettive alla luce del
dibattito in corso in sede parlamentare sul d.d.l. finanziaria per
l’anno 2008.
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Avviandomi a fare brevi valutazioni su questi temi lo faccio avendo
presente alcuni riferimenti.
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Primo fra tutti il fatto che il multiforme e composito insieme dei
porti maggiori italiani svolge, a vantaggio dell’intero
sistema Paese, molteplici funzioni:
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- a servizio della crescita territoriale dei sistemi produttivi e
di consumo regionali di aree vaste - mediante “regional port”
e “gateway” plurifunzionali;
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terminale delle reti delle “Autostrade del Mare”
nazionali, comunitarie e mediterranee;
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concentrazione di traffici turistici e croceristi;
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approvvigionamento energetico;
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attrazione di flussi di traffico in transito nel Mediterraneo e loro
redistribuzione.
- Altro riferimento è il richiamo, che proprio l’anno
passato ci ha fatto il Presidente del Consiglio dei Ministri
all’opportunità di “fare sistema”
all’interno dell’insieme dei nostri porti.
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Così come abbiamo in mente le indicazioni del documento
“collegato infrastrutture” al DPEF in tema di sviluppo e
potenziamento dei porti, nonché il Piano Generale della
Mobilità come prospettiva verso la quale ci muoviamo ed
all’interno del quale andranno collocate le azioni relative
all’intero sistema logistico.
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- Un bilancio “quantitativo” della portualità
italiana maggiore, a circa un anno di distanza dalla nostra
precedente Assemblea, appare sostanzialmente positivo, benché
non di dimensioni rilevanti. Il numero totale dei passeggeri
imbarcati e sbarcati nell’anno 2006; le merci movimentate nel
complesso e le singole macro-componenti - ivi compresi i TEU - sono
risultate in aumento.
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Altresì positivi sono i primi e parziali dati provvisori,
sinora disponibili, relativi alla prima metà dell’anno
in corso.
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In entrambi i casi si tratta però, come detto, di andamenti
che, salvo specifiche eccezioni, non sembrano segnare l’avvio
di una robusta fase di crescita. Tenuto conto che il 2006 e la prima
metà del 2007 sono stati caratterizzati da una (lieve)
crescita del Prodotto Interno Lordo, dopo una fase di sostanziale
stagnazione dell’economia nazionale, i moderati progressi
delle movimentazioni portuali rilevati, e che si annunciano per
l’anno in corso, potrebbero essere semplicemente legati
all’andamento del PIL.
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Una conferma di questa ipotesi è data dalla lieve crescita -
nel 2006 rispetto al 2005 - del numero dei containers in TEU, in
considerazione dell’elevato grado di correlazione esistente
tra andamento del PIL, volumi di import-export e traffici
containerizzati.
- Se si osservano i dati della produzione, del commercio e del
commercio marittimo a scala mondiale, si capisce che i risultati per
la portualità nazionale potevano essere considerevolmente più
rilevanti. Infatti nel 2006 la produzione mondiale è
cresciuta del 3,7%, il commercio mondiale dell’8% e la
componente marittima del commercio mondiale di circa il 4,8%.
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- L’andamento in crescita del commercio estero mondiale, che
si prevede sarà confermato anche per il 2007 ed il 2008,
risulta il primo elemento di uno scenario globale che già
era delineato nelle premesse del “Rapporto sulla portualità
italiana” presentato il 4 aprile scorso, in questa stessa
sala, quale contributo di Assoporti nella prospettiva del Piano
Generale della Mobilità.
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- Mi limito pertanto alla semplice elencazione di alcuni elementi
che concorrono a comporre quello scenario globale, su cui grava - e
di ciò va tenuto prudenzialmente conto - l’incognita
dell’andamento del prezzo del petrolio, condizionato (secondo
alcuni esperti) anche da componenti speculative:
- forte crescita dei Paesi emergenti, in particolare Cina, India,
Brasile;
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consolidamento della ripresa del Giappone;
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incremento del PIL nell’area euro, nel Regno Unito e nei Paesi
dell’America Latina e dei Caraibi;
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alto livello della domanda di metalli e altre materie prime
necessarie alla loro trasformazione;
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rallentamento della crescita USA e recente riduzione del tasso di
sconto della Federal Riserve;
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considerevole apprezzamento dell’euro rispetto al dollaro USA;
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consolidamento del ruolo dei Paesi asiatici (Cina e India anzitutto)
con riferimento all’import di petrolio, derivati e rinfuse
secche (carbone, minerali ferrosi, grano).
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- Gli elementi caratterizzanti lo scenario marittimo mondiale,
segnato nel medio-lungo periodo dall’ampliamento delle vie
marittime di Suez e Panama (e nel periodo ben più lungo da
possibili modificazioni tanto radicali del clima che potrebbero
rendere praticabili addirittura vie marittime a nord del continente
asiatico ed il mitico “Passaggio a Nord Ovest”) sono:
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- il forte incremento atteso del traffico contenitori a livello
mondiale, in particolare sostenuto dai Paesi dell’Asia
orientale, Medio Oriente, India e Sud-est asiatico, oltrechè
dell’Australia e dell’Africa Sub Sahariana (anche se
hanno limitata incidenza in termini assoluti sui traffici);
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la fase di sviluppo senza precedenti prevista nel settore della
costruzione delle navi cisterne, delle navi passeggeri
(essenzialmente grandi navi da crociera) ed in particolare delle
navi portacontainers di ultima generazione, con capacità da
9.000 TEUs ed oltre;
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l’effetto “a cascata”, generato dal fatto che le
nuove navi giganti non sostituiscono quelle già in esercizio
ma si sommano ad esse. Le navi della classe intermedia - da 4.500 a
6.000 TEU - che svolgevano in parecchi itinerari ancora il ruolo di
“navi madri” - vengono già e verranno “a
cascata” rese disponibili per servizi diretti su una
molteplicità di itinerari che toccano i porti regionali,
trattandosi di navi di costruzione molto recente (età media
3,6 anni secondo autorevoli studi di settore).
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- Al livello Mediterraneo, queste positive performance
previste per il commercio internazionale, si rifletteranno anche
sulle dinamiche delle aree interne allo stesso bacino. Infatti in
ulteriore crescita dovrebbero essere i flussi di traffico
inframediterranei, in forza della combinazione delle politiche di
supporto alle “Autostrade del Mare” (comunitarie)
dell’UE; dei tassi di sviluppo di Paesi extra UE che si
affacciano sul Bacino Mediterraneo (si consideri ad esempio la
Turchia); delle prospettive di realizzazione dell’Area di
Libero Scambio Euro Mediterranea, fissata (per ora) al 2010.
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Maggiore, rispetto alle altre componenti di traffico - e più
investigata - è quella dei contenitori.
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Per l’intera area si stima un incremento medio annuo tra il
2005 e il 2015 del 9%, peraltro più contenuto (+8,1%) nel
Mediterraneo Centrale, con prevalenza della componente del
transhipment rispetto ai traffici di import-export. Un andamento
analogo si stima nello stesso periodo per i porti italiani, in modo
tale che, in termini di TEU movimentati, si dovrebbe toccare al 2015
un valore di circa 20 milioni (8,2 in import-export e 11,6 in
transhipment) che saranno movimentati in un numero di “regional
port” maggiore dell’attuale, “regional port”
che tra l’altro aumenteranno la propria quota di trasbordi.
- Tutto ciò ci porta a dire che dobbiamo indirizzare lo
sforzo di potenziamento infrastrutturale non solo sulla tipologia
dei porti di transhipment ma, necessariamente, anche su porti
“regional” e “gateway”. Probabilmente si
genererà anche una minima sovracapacità che però
ci sembra l’unico modo per garantire competitività ed
economicità al sistema.
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- Nel tracciare un bilancio “qualitativo”, il punto di
partenza è la valutazione, positiva, che il settore
marittimo-portuale ha dato della legge finanziaria per l’anno
2007.
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Attribuzione alle A.P. del gettito delle tasse erariale e di
ancoraggio; previsione di un fondo “perequativo”
(peraltro sostitutivo di ogni contributo per le manutenzioni); le
risorse - pur non rilevanti - per grandi infrastrutture portuali,
ivi comprese quelle cofinanziate dal gestore dell’opera nonché
quelle “per lo sviluppo di filiere logistiche”; norme
relative ai dragaggi nei porti ricadenti, anche in parte,
all’interno dei siti di bonifica di interesse nazionale; le
altre di carattere ordinamentale (es. in tema di tesoreria e di
regime fiscale delle concessioni), ma soprattutto la previsione del
completamento del processo di autonomia finanziaria delle A.P.,
attraverso la determinazione di una quota dei tributi - diversi
dalle tasse e dai diritti portuali - da devolvere alle stesse A.P.
al fine della realizzazione di quanto previsto nei rispettivi P.R.P.
e P.O.T.
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Tutte queste misure, oltre ad una svolta rispetto alla sostanziale
sottovalutazione di cui aveva sofferto la portualità nei 4-5
anni precedenti, segnavano l’avvio di un percorso che, pur con
la gradualità dovuta alla necessità di “mettere
a posto” i conti dello Stato, creava le pre-condizioni per
restituire competitività al sistema dei porti italiani
maggiori. Per di più in una fase in cui:
- la competizione è sicuramente accesa e vede molti
concorrenti - dai porti nord-europei a quelli comunitari
Mediterranei ai porti spagnoli, fino alle emergenti portualità
del versante sud del Mediterraneo (si pensi ai porti egiziani o a
Tanger-Med);
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le opportunità per il Mediterraneo sono considerevoli, ma
solo per quegli scali in linea con le modifiche evolutive delle
navi, dei flussi marittimi e di quelli logistici.
- A dieci mesi dall’entrata in vigore della L. n. 296 del
2006 una valutazione di quanto di positivo potevano produrre le
diverse misure in essa contenute per la portualità maggiore è
francamente difficile da farsi: solo da pochi giorni sono stati
emanati i provvedimenti di ripartizione delle risorse - si ribadisce
poche - per investimenti in grandi infrastrutture portuali; il
decreto attuativo della norma riguardante gli escavi, costruito in
confronto costruttivo congiuntamente tra gli Uffici delle tre
amministrazioni interessate - Ambiente, Trasporti e Infrastrutture -
gli organi tecnici (l’ICRAM), la stessa Assoporti, non è
ancora stato emanato (benché il lavoro tecnico di confronto
ed elaborazione era già stato completato a maggio scorso); il
provvedimento di attuazione del c. 990 della L. n. 296/06
- che deve indicare la quota dei tributi diversi dalle tasse e
diritti portuali da attribuire alle A.P. per la realizzazione delle
opere portuali - al pari degli altri solo da pochi giorni è
stato firmato ma, per come concepito, suscita perplessità
sulla capacità di realizzare, sia pur progressivamente,
quell’effettiva autonomia finanziaria per le A.P. prefigurata
dallo spirito e dalla lettera della norma.
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- Infatti, se è valutabile positivamente che - dopo
“resistenze” non trascurabili - il Ministero
dell’Economia e delle Finanze ritenga possa, in qualche
misura, essere toccato il gettito dell’IVA e delle accise, il
meccanismo individuato nel decreto attuativo del comma 990, art. 1,
della legge n. 296/06, consentendo solo di fare conto su non
predeterminabili quote incrementali, indubbiamente renderà
più oneroso il costo di ogni tipo di operazione finanziaria
da attivare per la realizzazione di investimenti in nuove opere e
neanche può far escludere situazioni limite di impossibilità,
in alcuni periodi, a far fronte alle operazioni finanziarie
pattuite.
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Pur ritenendo possibile e talora vantaggioso utilizzare risorse per
la costruzione di opere cui si affiancano quelle garantite dai
privati, non è comprensibile la finalizzazione prioritaria
delle risorse derivanti da quanto previsto dal citato decreto a
progetti garantiti “con idonee forme fideiussorie dai soggetti
gestori”. Ciò mette infatti in subordine gli
onerosissimi interventi che non hanno diretta ed immediata
redditività economica, ma sono indispensabili per
l’operatività di un porto; penso ad esempio alle opere
foranee e di protezione o agli escavi dei fondali, a darsene di uso
comune.
- In ultimo, non marginale, è il fatto che la ricchezza
prodotta dal porto non si esaurisce nel gettito dell’IVA e
delle accise nelle operazioni di importazione; pertanto sembrerebbe
opportuno che i tributi diversi dalle tasse e diritti portuali da
determinare ai sensi del citato c. 990, art. 1, della legge n.
296/06, ragionevolmente facciamo riferimento anche al gettito di
imposta sulle altre attività ed i servizi che si svolgono nei
porti.
- Neanche può essere taciuto il complesso meccanismo
relativo alle procedure di attuazione inserito nei decreti di
ripartizione delle risorse per la realizzazione di infrastrutture ex
commi 991 e 994. Senza addentrarsi in complicate argomentazioni di
ordine amministrativo-contabile, è indubbio che dette
procedure prefigurano un rallentamento degli iter attuativi e dei
tempi di realizzazione delle stesse infrastrutture.
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Ciò contrasta con quanto richiede il mercato e il contesto
evolutivo, nonché la filosofia che aveva ispirato il
legislatore allorché ha inteso creare le A.P.: un agile
soggetto pubblico che, pur nel rispetto formale e sostanziale delle
norme, deve operare nella sfera delle attività economiche, in
coerenza pertanto con i tempi dell’economia.
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- Inoltre, un giudizio, non del tutto positivo riteniamo
dover anticipare, allo stato dei fatti, sui contenuti del d.d.l.
finanziaria 2008 riguardanti la portualità.
- Come cluster terra-mare, avendo riguardo tra l’altro ai
contenuti del DPEF, avevamo richiesto diverse misure concrete, quali
ad esempio: potenziare dotazioni infrastrutturali nei principali
porti; adeguare le connessioni (stradali e ferroviarie) tra i
maggiori scali marittimi, le reti infrastrutturali e i nodi
interportuali; accelerare e semplificare procedure e controlli;
incentivare e sostenere l’intermodalità ed il combinato
(strada-mare e ferro-gomma); rivedere la normativa
sull’autotrasporto; attuare misure per favorire lo sviluppo
della flotta. Il tutto perseguendo logiche di integrazione,
modernizzazione e semplificazione.
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Non ci pare che il d.d.l. finanziaria abbia tenuto pienamente conto
di quelle richieste riguardanti il sistema logistico nel suo
complesso riferite alle diverse modalità. Specifici
interventi (anche di grande spessore) vanno facilitati, ma in un
contesto nazionale ed organico. Ciò vale anche per quanto
riguarda i problemi della portualità.
- Con riguardo ai porti, i motivi di perplessità circa i
contenuti della Finanziaria 2008, sono analoghi a quelli individuati
in precedenza riguardo alla L. n. 296/06 (Finanziaria 2007), e se ne
aggiungono degli altri.
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Se, infatti, in positivo, è previsto (all’art. 5, c.
43) il finanziamento di investimenti della “rete
infrastrutturale e dei servizi nei porti e nei collegamenti
stradali e ferroviari nei porti”, si prevede di perseguire
questo obiettivo facendo affidamento “sull’incremento
delle riscossioni dell’IVA e le accise relative alle
operazioni di importazione nei porti”. Ciò attraverso
un fondo destinato alle Regioni che finanzierebbe “interventi
e servizi nei porti e nei collegamenti … per i porti”.
- Ancora una volta siamo in presenza di un meccanismo incrementale
scarsamente preventivabile e condizionato da fluttuazioni (anche di
livello internazionale), che prescindono dall’efficienza e
dalla capacità della portualità nel suo complesso.
Ancor di più possono prescindere dall’efficienza e
dalla capacità di un singolo porto. Infatti con un meccanismo
siffatto, e con le condizioni previste per la sua attivazione (es.
l’incremento delle riscossioni IVA e accise dovrà
risultare non solo per il singolo porto ma in assoluto per i tutti i
porti), si avrebbe che uno scalo marittimo, pur realizzando
incrementi rilevanti in un determinato anno, potrebbe non trarre
alcun beneficio se, nel medesimo periodo la portualità in
genere (o addirittura quella della stessa Regione, secondo un’altra
possibile interpretazione) registrasse risultati di segno negativo.
- Per il 2008, inoltre, neanche è prevista quella misura
rappresentata nel 2007 dalle poche risorse “fresche” di
cui prima si è detto. Invero l’art. 35 del d.d.l.
Finanziaria 2008 prevede un contenuto rifinanziamento della “legge
obiettivo”, quindi potenzialmente anche interventi
significativi per i trasporti e la logistica. Ma va osservato, in
mancanza di finalizzazione/riserva di una quota di quei
finanziamenti per infrastrutture di trasporto (e meno che mai per i
porti), che si rischia una sottovalutazione delle esigenze del
settore logistico, soprattutto della portualità.
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- Al di là di questi aspetti puntuali, non esaustivi, la
considerazione conclusiva che Assoporti trae è che non si è
concretamente realizzato un effettivo sistema di autonomia
finanziaria delle Autorità Portuali. Sistema che consenta,
pur con i meccanismi perequativi necessari, l’equilibrata
crescita di una portualità, come detto, composita e
multiforme.
- La “canalizzazione”, nella forma attualmente
prevista dal d.d.l. finanziaria 2008, di flussi di finanziamenti
attraverso le Regioni, sembra non favorire un’organica e
complessiva visione dell’articolato, polifunzionale sistema
dei porti maggiori nazionali. Essa inoltre aggiunge un ulteriore
passaggio all’iter di perfezionamento dei provvedimenti
attuativi, e questo appare incoerente con le esigenze di
velocizzazione, oltreché con il fondamentale principio
generale della semplificazione dell’attività
amministrativa.
- Ovviamente questo non significa disconoscere il ruolo delle
Regioni e le loro competenze, a partire da quelle riguardanti
l’assetto del territorio, tanto più nel contesto del
vigente Titolo V della Costituzione.
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Anzi, partendo dalla constatazione che ancor prima della riforma del
Titolo V alle Regioni erano già attribuiti importanti
competenze in tema di portualità - l’approvazione del
Piano Regolatore Portuale di qualsivoglia tipo di porto; la presenza
all’interno del Comitato Portuale delle A.P.; il concorso
sostanziale alla nomina del Presidente dell’A.P. - sembra
opportuno valorizzarne il ruolo, anche attraverso un maggior
coinvolgimento, sia nell’ambito del processo di elaborazione
degli strumenti generali di pianificazione del settore della
mobilità e di quelli della portualità nel suo
complesso, sia nel momento in cui si vanno a valutare le priorità
di intervento relativamente alle interconnessioni tra i porti, le
reti, gli altri nodi intermodali interni - che hanno più
immediato e rilevante impatto sul territorio.
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- Questo è ancor più vero nella prospettiva del
Piano Generale della Mobilità e con riguardo agli strumenti
generali di pianificazione del settore.
- Avendo partecipato (a titolo personale) al Gruppo di Lavoro
degli esperti incaricato di elaborare le “Linee Guida per
il Piano Generale della Mobilità”, nelle more della
loro presentazione non ritengo opportuno dare molte anticipazioni
riguardo ai contenuti. Sicuramente positivo è che si tratta
di un “piano-processo” - come già sottolineato
dal Ministro Bianchi lo scorso anno alla nostra Assemblea -
caratterizzato da tre basilari requisiti - “efficienza”,
“sicurezza”, “sostenibilità” - e che
apre il confronto sulle tematiche a partire proprio dalle Regioni
anche attraverso la costituzione di “tavoli specifici”.
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- Poiché riteniamo corretta questa impostazione,
auspichiamo serva a superare le troppe sedi ed i troppi
tavoli che, senza una chiara regia e coordinamento si occupano,
discutono, approfondiscono temi di interesse della portualità.
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La preoccupazione maggiore è che si perda di vista una
visione d’assieme del sistema marittimo portuale e un
obiettivo strategico della portualità: divenire “cerniera”
tra area mediterranea ed aree centro-est europee; capace di attrarre
flussi e rilanciarli non solo via mare (transhipment) ma anche
mediante le altre modalità verso destinazioni strategiche.
Pensiamo questo sia il modo per far sì che il sistema
portuale e logistico italiano possa crescere oltre quanto consentito
dall’andamento del PIL nazionale.
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La capacità del sistema portuale di “rilanciare”
i flussi di traffico non solo via mare, implica ovviamente una forte
integrazione con le altre modalità, oltreché
l’efficientamento e la modernizzazione delle procedure.
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Un buon contributo a questo obiettivo può essere dato
facilitando e favorendo le iniziative, anche quelle delle A.P.,
volte ad incrementare l’intermodalismo e la logistica in
sinergia con gli altri attori del settore.
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- Da questi ultimi argomenti muovono brevi considerazioni riguardo
al dibattito in corso sulla modifica della legge n. 84 del 1994.
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Come noto sono stati da tempo presentati diversi d.d.l. sul tema.
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La Commissione Lavori Pubblici del Senato, riprendendo in questi
ultimi giorni le audizioni sul tema, ha dato un segnale nel senso
dell’accelerazione del dibattito.
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Mi limito a prendere atto che i diversi d.d.l. contengono proposte
di modifica riferite a più di uno degli aspetti della legge
che Assoporti ritiene opportuno rivedere al fine di migliorare,
senza stravolgere l’impostazione, la legge stessa:
-
- consolidamento della soggettività e dell’autonomia
delle A.P.;
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riaffermazione e consolidamento delle competenze di amministrazione
del demanio in capo alle A.P.;
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semplificazione e velocizzazione delle procedure di pianificazione e
realizzazione delle opere nei porti.
- Da ultimo, come sappiamo, è stata elaborata in sede
ministeriale un’ipotesi di proposta di legge sulla quale si
sono tenute solo consultazioni informali.
- Il Ministro Bianchi ed il Vice Ministro De Piccoli potranno
darci anticipazioni attendibili in proposito. Indubbiamente una
proposta di iniziativa governativa, alla quale non manca la
caratteristica della visione complessiva e la considerazione anche
delle più recenti innovazioni normative, sarebbe utile.
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- Ribadiamo con forza l’opportunità di intervenire
con misure anzitutto di aggiustamento che migliorino aspetti
problematici emersi nel corso del periodo di applicazione della
legge senza metterne in discussione l’impostazione, a partire
dalla conferma della centralità della funzione dell’A.P.
- ente regolatore oltrechè di pianificazione e di
programmazione, non riconducibile a modelli puramente privatistici.
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Come sappiamo la legge ha consentito il radicamento nei porti
maggiori di un’imprenditoria, terminalisti ed imprese
portuali, che hanno dimostrato considerevoli capacità e
talvolta propensione all’investimento. L’esperienza fa
però ritenere utile una maggior
- certezza per questi operatori, ma contemporaneamente anche un
completamento delle regole (esempio in materia di concessioni) che
garantiranno il miglior utilizzo del bene pubblico.
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Anche per quanto riguarda il campo del lavoro, pur sapendo che la
legge, e il contratto unico, hanno assicurato la pace sociale,
rimane in parte irrisolto il tema della garanzia del salario per i
prestatori di lavoro temporaneo in porto. Non si può altresì
sottovalutare l’esigenza di pratiche e normative che aumentino
la sicurezza del lavoro. A questo proposito ribadiamo la
disponibilità di un tavolo nazionale con il sindacato e i
rappresentanti delle imprese che, partendo sia dalla legge delega
recentemente approvata, sia dagli accordi stipulati in alcuni porti,
consenta di sviluppare una più alta cultura della sicurezza
nonché pratiche degli organismi competenti sempre più
all’altezza della tutela dei lavoratori.
* * *
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- Diversi altri argomenti meriterebbero una trattazione. Tra
questi cito i diversi recentissimi documenti adottati dalla
Commissione Europea, alcuni tra l’altro su tematiche portuali;
su di essi comunque ci impegneremo nei mesi a venire in occasioni e
sedi nazionali ed internazionali.
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Limiti di tempo e l’intento di affrontare nella Tavola rotonda
temi correlati a quelli che ho esposto mi consentono di fermarmi
qui.
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L’obiettivo è stato quello di trattare con questa
relazione temi che travalicano l’interesse specifico ed
esclusivo dei soli organismi di amministrazione dei porti, a partire
dalle A.P., poiché attengono il complessivo mondo portuale e
del trasporto e quanti con ruoli e funzioni diversi vi operano
nonché attori del più vasto cluster logistico
terra-mare.
- A tutti confermo la disponibilità al confronto anche su
aspetti specifici.
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La disponibilità al confronto ed alla collaborazione è
naturalmente prioritariamente offerta ai Ministri ed alle
Istituzioni qui autorevolmente rappresentate con l’auspicio
che, anzitutto sui temi che qui più diffusamente ho trattato,
si riescano a trovare correttivi da apportare al d.d.l. finanziaria
2008 e soluzioni in modo da assicurare un costante progresso del
comparto marittimo portuale e della logistica, che è
progresso e crescita dell’intero sistema Paese. Quindi
proponiamo di aprire un tavolo di confronto che coinvolga le
Regioni, le città e le A.P. con Assoporti, per individuare
tutti insieme le modalità attraverso le quali condividere,
sul piano strategico, le priorità e convergere verso
obiettivi di sviluppo condiviso. E’ evidente che il ruolo di
promotore di questo confronto va ricondotto ai Ministeri dei
Trasporti e delle Infrastrutture.
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Concludo rinnovando a tutti gli intervenuti i più sentiti
ringraziamenti che estendo alla compagine associativa ed alla
struttura di Assoporti.
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