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L'Autorità Portuale di Genova: c'è chi rema contro il porto
L'ente difende il piano regolatore portuale, oggetto di studio in questi giorni da parte di 15 giovani architetti
6 novembre 1998
C'è chi rema contro il porto. E i vertici dell'Autorità Portuale di Genova non ci stanno. La notizia della formazione di comitati anti-porto ha fatto sbottare e allargare le braccia al presidente Giuliano Gallanti e al segretario generale Fabio Capocaccia. "Vogliono le spiagge, le barchette e i pescatori ? E i posti di lavoro per i giovani quali saranno ?". Due interrogativi che sintetizzano la contraddizione di chi - secondo l'ente portuale - chiede lo sviluppo della città e contemporaneamente attacca indiscriminatamente le proposte del piano regolatore portuale, un lavoro di progettazione - ha sottolineato Gallanti - "che è stato fatto tenendo conto soprattutto dei principi fondamentali di sviluppo e sostenibilità".
La cornice della discussione ha agito tra l'altro da stimolo: oggi nel Porto Antico, presso la sede dell'Agenzia del Piano (che ha elaborato il piano regolatore portuale), è stata infatti presentata l'esperienza svolta a Genova da quindici giovani architetti in occasione del seminario 'Modes of operation and urban-architectural scale', organizzato da Europan Formation Project (inforMARE del 2 novembre): sei giorni di studio, tutti incentrati sul 'caso Genova'. Parlando di questa esperienza, insieme con il professor Stefano Boeri della Facoltà di Architettura di Genova e con l'architetto Marcel Smets dell'Università Cattolica di Leuven, Yorgo Simeoforidis, coordinatore scientifico del programma Europan, ha rilevato infatti come Genova costituisca un caso unico nella cerchia delle città portuali europee e, come tale, sia un punto di riferimento per gli urbanisti. "Il progetto urbano - ha affermato - non deve essere più imposto come avveniva prima, ma deve essere oggetto di dibattito, provocare la discussione, che può essere conflittuale, ma anche portare al superamento delle opposizioni".
E le 'discussioni' a Genova sono all'ordine del giorno. Ogni progetto di sviluppo o di trasformazione delle aree portuali è oggetto di critiche, opposizioni, plausi o, nel caso peggiore, disinteresse. Il presidente dell'Autorità Portuale lamenta spesso la mancanza di cultura portuale che impoverisce Genova: tutto il contrario di quanto avviene nelle città nordeuropeee "orgogliose dei propri porti". Pur dovendo ricordare che praticamente ogni grande scalo del northern range ha dovuto far fronte ad ostacoli - opportuni o meno che fossero - frapposti da ambientalisti, istituzioni cittadine, abitanti, è necessario riconoscere che a Genova è difficile comprendere alcune prese di posizione. Sopite al momento le discussioni sul distripark di Cornigliano, area che - ha detto Gallanti - avremo entro tre anni al massimo e a cui saranno destinati i 190 miliardi del finanziamento attualmente in discussione nelle aule parlamentari, nelle scorse settimane l'attenzione si è focalizzata sulla zona della Fiumara, alle spalle delle banchine del porto storico di Sampierdarena, e sul container terminal Voltri Terminal Europa (VTE) del porto di Voltri. Nel primo caso ha sollevato critiche la mancata destinazione ad uso portuale di quelle superfici, nel secondo l'ampliamento del terminal è nel mirino delle circoscrizioni del ponente genovese ed ha provocato la proposta della formazione dei comitati anti-porto . Le due questioni sono sotto il fuoco incrociato di differenti parti politiche, di diverse rappresentative di cittadini o di operatori, tanto che sarà veramente difficile, anzi impossibile, capire chi dover ringraziare o accusare per la sorte che toccherà al porto di domani.
Genova è la città del Nord Italia con il più alto indice di disoccupazione, e chi deve decidere delle sue linee di sviluppo economico, della destinazione d'uso di ogni metro quadrato di territorio, ha un enorme carico di responsabilità.
Per aggiungere la nostra voce al coro di pareri sul destino di fette della città avremmo voluto proporre agli amici architetti convenuti oggi l'aggiunta di un nuovo colore alla variopinta legenda dei piani regolatori, da assegnare a quelle aree su cui è necessario svolgere 'un'attenta riflessione' prima di decidere cosa farne. Potrebbero essere infatti le circostanze ad assegnare la destinazione d'uso più appropriata, quando se ne presenta l'occasione e quando ve ne è la necessità. Forse con il pieno consenso, allora, di tutti. Ma chi studia o si occupa di urbanistica certamente non può ammettere l'impossibilità di pianificare ogni momento di crescita o di morte di una città. Ci sarebbe poi il rischio concreto di compromettere anche la residua possibilità di sviluppo per Genova. Perciò discutete, ma camminando.
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