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Cauto ottimismo sul futuro dell'economia mondiale nel rapporto del Fondo Monetario Internazionale. Nel 2001 prevista una contrazione dello sviluppo statunitense
Perplessità sulla ripresa giapponese, tuttora debole e incerta. Aumenta il divario tra nazioni ricche e povere
13 aprile 2000
Nel suo rapporto "World Economic Outlook", reso noto ieri, il Fondo Monetario Internazionale prevede una crescita globale del 4,25% dell'economia mondiale nel 2000 ed una successiva contrazione dello sviluppo, con un tasso di incremento che nell'anno successivo sarà del 3,9%. L'analisi sull'andamento economico di quest'anno e del successivo rimane comunque positiva, anche se permangono delle incognite legate soprattutto al previsto rallentamento dell'economia statunitense, che dovrebbe avvenire nel 2001.
«Stimiamo - ha detto il direttore del dipartimento Ricerche del FMI, Michael Mussa, che ha coordinato il lavoro di redazione del rapporto - che il prodotto interno lordo mondiale sia cresciuto nel 1999 del 3,3%, un intero punto percentuale in più rispetto a quanto temevano nel World Economic Outlook preliminare del dicembre 1998». Mussa ha aggiunto che la previsione per quest'anno indica una crescita superiore al 4%, probabilmente intorno al 4,25%. Ma questa stima potrebbe forse essere corretta con un rialzo. Il rappresentante del FMI ha ricordato che le economie nordamericane stanno ottenendo notevoli risultati: nel secondo semestre dello scorso anno e nel primo trimestre del 2000 gli Stati Uniti hanno ottenuto un tasso di crescita del 5-6%, ma anche il Canada ha registrato sensibili incrementi e l'economia messicana ha mostrato un'accelerazione alla fine del 1999.
In America Latina - ha rilevato Mussa - la recessione brasiliana si è rivelata meno profonda e più breve di quanto previsto. L'Argentina ha inoltre mostrato segnali di ripresa alla fine dello scorso anno e si prevede che la fase positiva continui anche nel 2000.
Note positive sono giunte anche dall'Asia: la Corea ha ottenuto una crescita reale del prodotto interno lordo dell'11%. Altri Paesi hanno recuperato terreno: tra questi soprattutto Tailandia, Malaysia e Hong Kong. Anche India e Cina hanno mostrato notevoli performance, che secondo le stime proseguiranno quest'anno con tassi di incremento che saranno rispettivamente del 6 e 7%.
Analoga previsione per le nazioni africane e in particolare per le due economie più forti del continente, quella sudafricana e quella nigeriana. Altre nazioni potranno però subire l'influenza negativa di guerre civili e di disastri ambientali.
Nell'Europa orientale Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca hanno ottenuto significativi risultati. La Russia quest'anno mostra una ripresa, grazie soprattutto al rialzo dei prezzi dei prodotti petroliferi e al calo delle importazioni legato alla svalutazione del rublo.
Nell'analisi del Fondo Monetario Internazionale è stimato comunque necessario un rialzo dei tassi di interesse da parte di molte nazioni, tra cui gli Stati Uniti, contro un ribasso da attuarsi invece da parte degli undici Paesi dell'euro. Una manovra che consentirebbe alla compagine dell'euro di assorbire il calo della domanda di consumo che potrebbe accompagnare la contrazione dello sviluppo americano.
Nonostante si sia verificata una netta ripresa rispetto al momento negativo dell'economia mondiale del '97-'98, rimangono ancora però aree di instabilità e incertezze sul reale recupero in alcuni Stati. In particolare il Giappone mostra segnali di ripresa ancora deboli e rimane la perplessità sulla validità delle misure adottate per promuovere la crescita economica.
Il vice direttore del dipartimento Ricerche del FMI, Flemming Larsen, che diventerà direttore dell'ufficio parigino dell'organizzazione, ha descritto il preoccupante divario che separa i paesi in testa alla graduatoria dell'economia mondiale da quelli in via di sviluppo, argomento che è trattato nel quarto capitolo del rapporto. Larsen ha spiegato come le cause di questo divario, che tende drammaticamente ad ampliarsi, siano complesse, aggiungendo che, per attuare una manovra che riduca le distanze tra Paesi ricchi e poveri, è necessario intervenire su molti fronti. Tra le misure prese in esame c'è la riduzione del debito e il potenziamento delle economie delle nazioni in via di sviluppo.
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