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Maersk Sealand avrebbe l'intenzione di far costruire una nave da 12.500 teu, rivela il direttore della K Line
L'unità farebbe la spola tra i terminal di Singapore e di Salalah, da dove i carichi verrebbero smistati da feeder da 2.000 teu. Possibile delocalizzazione delle attività della K Line dal Giappone
2 maggio 2000
Toshio Shimizu, vice direttore della Kawasaki Kisen Kaisha (K Line), rispondendo ad una domanda rivoltagli nel corso di un'intervista concessa al settimanale svizzero "Journal pour le Transport International", ha messo in evidenza le dimensioni ottimali della sua compagnia per rispondere correttamente alla domanda di trasporto, distinguendosi in tal modo dalla concorrenza, specialmente da quella attuata dai "mastodonti" dell'armamento, cioè da quelle compagnie di navigazione che armano flotte potentissime e dotate di navi supercapienti.
A queste compagnie ha alluso anche Isao Akiba, direttore della compagnia giapponese, quando ha ricordato le voci che circolano nell'ambiente marittimo circa l'intenzione della Maersk Sealand, la compagnia che occupa il primo posto nella classifica mondiale delle flotte di navi portacontainer, di far costruire una nave da 12.500 teu destinata a viaggiare tra i terminal di Singapore e di Salalah, da dove i container verrebbero distribuiti da navi feeder da 2000 teu. L'immagine del colosso del mare che fa la spola tra i due porti richiama quella della petroliera più grande del mondo, la Jahre Viking di 564.763 tonnellate di portata lorda, impiegata tra il Louisiana Offshore Oil Port Terminal nel Golfo del Messico e il Fujairah Anchorage nel Golfo Persico.
«L'idea è geniale - ha detto Akiba - ma abbiamo dei dubbi sulla sua effettiva redditività».
E anche il vice direttore Shimizu si è detto scettico sulla riuscita dell'impresa: «le navi giganti costano una fortuna - ha spiegato - e le economie realizzabili a livello di navi feeder dovrebbero essere relativamente magre. Inoltre una nave di quella portata passerebbe molto più tempo ormeggiata in banchina per carico e scarico che in navigazione. Penso che l'impiego di due navi di metà portata sarebbe più interessante».
Nel corso dell'intervista, rilasciata a Jutta Iten, Akiba ha anche ipotizzato la delocalizzazione delle attività della K Line, che dal Giappone, dove il prelievo fiscale è esorbitante, potrebbero far capo a centri regionali. La K Line (Europe) curerebbe tutti i trasporti tra Estremo Oriente ed Europa, quelli transatlantici e quelli interessanti il Mediterraneo. In questo caso le imposte potrebbe essere pagate in Gran Bretagna, centro europeo della compagnia, mentre i dividendi verrebbero trasferiti a Tokyo. «Ma noi - ha assicurato - non abbandoneremo il Giappone».
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