I lavoratori e le imprese portuali probabilmente fanno gli scongiuri, ma le parole pronunciate oggi da Gianni Ursotti, segretario nazionale della Fit-Cisl, se non proprio profetiche, manifestano senz'altro i dubbi e le apprensioni circa il buon esito dei patti sul lavoro portuale che si stanno stringendo negli scali italiani che sono proprie di tutti i soggetti coinvolti, consci della precarietà delle intese, che devono confrontarsi con legislazioni nazionali ed europee che vanno in un'altra direzione.
Di lavoro portuale si è parlato oggi nella sede di Assindustria Genova nel corso della firma del contratto unico dei lavoratori dei porti siglato dalla nuova associazione dei terminalisti portuali italiani Assiterminal e dai rappresentanti di Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti e già sottoscritto dalle altre organizzazioni datoriali. Si è accennato al patto sul lavoro che si sta negoziando nel porto di Genova. Quasi a dar voce a perplessità e timori diffusi tra gli operatori e i lavoratori portuali, Ursotti ha espresso il proprio dubbio sulla tenuta di accordi locali. Anche il presidente di Assiterminal, Cirillo Orlandi, soffermandosi su altri aspetti dell'attività portuale ed economica, ha detto di «aver visto, negli ultimi anni, nascere un provincialismo rampante», mentre - ha sottolineato - la portualità, i trasporti e la logistica «sono temi nazionali, europei, internazionali».
Il timore di Ursotti è che, in mancanza di un quadro normativo omogeneo, basti poco per riaccendere la conflittualità nei porti: «appena c'è una qualunque crisi - ha spiegato - il problema si pone».
In un periodo, come quello attuale, nel quale - come ha ricordato Ursotti - «alcuni mantengono atteggiamenti ideologici», «altri attuano tentativi subdoli di mettere mano alla legge di riordino dei porti per scardinarne il contenuto» e «c'è il rischio di buttare via il bambino con l'acqua sporca», il tema del lavoro è centrale nel determinare le condizioni di efficienza delle operazioni portuali necessarie per garantire lo sviluppo dei porti.
«Il porto che abbiamo costituito con grande fatica - ha detto il segretario dell'organizzazione sindacale - è il porto delle imprese». Ciò non esclude però la presenza di un soggetto pubblico che «aiuti a fare sinergie, che dia indirizzi. Il fatto che ci debba essere una regia nazionale è convincimento del sindacato». «In questa fase invece - ha accusato - non si riesce ad interloquire con il governo, che è assente in questo campo. Oggi la portualità non è gestita politicamente da nessuno». Secondo Orlandi «la mancanza della presenza dei governi nel settore portuale-logistico è una tradizione», mentre «oggi è il momento di pensare ad una riorganizzazione del sistema ministeriale , in quanto i trasporti poco hanno a che fare con i lavori pubblici e molto con l'economia».
Sia Ursotti che Orlandi hanno sottolineato come la portualità sia un elemento importante del settore complessivo del trasporto e della logistica, per il quale - ha proposto il segretario generale della Fit-Cisl - anche dal punto di vista contrattuale si dovrà pensare a qualcosa di unitario».
Bruno Bellio