Oggi Greenpeace ha perso la qualifica di osservatore in seno all'International Maritime Organization (IMO), l'organismo delle Nazioni Unite per la tutela dell'ambiente marino e della sicurezza in mare. L'associazione ambientalista ha denunciato di essere stata estromessa dall'IMO senza neppure una votazione, «in seguito ad un'iniziativa - ha affermato Greenpeace - sostenuta, tra gli altri, da Cipro e dall'Australia».
«A rimanere dentro l'IMO con ruoli consultivi - ha sostenuto Greenpeace - sono lobby industriali quali Intertanko, l'associazione dei proprietari di superpetroliere. Ciò nonostante il fatto che l'inquinamento causato da superpetroliere come la
Exxon Valdez, l'
Erika e la
Prestige siano stato responsabile di catastrofi ambientali, economiche e umane in tutto il mondo. Gli interessi di questi gruppi, tuttavia, continueranno ad essere ascoltati dall'IMO».
«Nonostante una facciata di nobili propositi - ha accusato ancora Greenpeace - l'IMO infatti dipende finanziariamente dall'industria cisterniera». L'associazione ambientalista ha affermato che gli introiti che l'IMO incamera da ogni nazione «sono determinati in base al tonnellaggio delle loro rispettive flotte e ciò fa delle nazioni delle principali bandiere di convenienza (Panama, Liberia, Grecia, Cipro ed altre) i più grandi finanziatori dell'IMO». «Nel contempo - ha aggiunto l'associazione - sovente le compagnie petroliere pagano queste cifre e persino rappresentano direttamente queste nazioni in seno all'IMO».
«L'industria marittima - ha concluso l'associazione ambientalista - ha cercato per anni di etichettare le azioni di Greenpeace come "pericolose", nonostante il fatto che i veri pericoli siano costituiti da carichi come il petrolio, il plutonio e i rifiuti tossici, contro i quali noi ci siamo mossi. Nel rapporto annuale 2002 del lobbysta marittimo Intercargo è stato evocato lo spettro di una potenziale "tragedia" che potrebbe essere causata da "dimostranti su piccole imbarcazioni" e la prospettiva di "attivisti nautici naif attaccati alla catena dell'ancora"».