Le aziende di riparazione navale che aderiscono a Confindustria Genova bocciano il piano di riassetto dell'area industriale del porto di Genova, così come elaborato dall'Agenzia Waterfront e Territorio, una struttura composta da tecnici dell'Autorità Portuale di Genova, della Regione Liguria, della Provincia e del Comune di Genova che ha il compito di supportare i processi decisionali per le varianti dei piani regolatori necessarie per attuare il progetto dell'architetto Renzo Piano per il nuovo waterfront portuale genovese.
«I disegni mostrati dall'Agenzia - hanno rilevato oggi le società del settore industriale del porto - riportano profonde modifiche all'attuale assetto territoriale dell'area, con il trasferimento del 95% delle aziende, la riduzione delle superfici a terra e degli accosti a disposizione dei concessionari e una concentrazione eccessiva delle attività industriali intorno al Molo Giano. Fatta eccezione per la previsione della sesta vasca, le ipotesi progettuali contrastano con quanto previsto - e già in gran parte finanziato - dal vigente piano regolatore portuale approvato nel novembre 2001». Secondo le società del comparto si tratta di un vero e proprio stravolgimento del piano regolatore portuale.
Le aziende genovesi di riparazione navale ritengono «che qualunque ipotesi di riassetto complessivo dell'area industriale non possa prescindere dalle seguenti condizioni: consolidamento e sviluppo delle attività del comparto delle riparazioni navali cosi come previsto dal piano regolatore portuale vigente, sia in termini di spazi a terra che di accosti; preventiva e completa copertura finanziaria del progetto; oggettivo e comprovato aumento della capacità produttiva del comparto; contestuale programma cronologico e sistematico di riassetto dell'area che garantisca la piena operatività e lo sviluppo delle aziende del distretto industriale».
Se non verranno soddisfatte tali condizioni - hanno concluso - «le aziende del comparto industriale non potranno avvallare alcun progetto che comprometta l'esistenza delle stesse o ne comporti la ricollocazione in altre città, con conseguente forte diminuzione degli attuali livelli occupazionali».