- Secondo il presidente della Provincia di Genova, Alessandro Repetto, il Piano Operativo Triennale (POT) approvato lo scorso 28 aprile dal Comitato Portuale genovese è concreto e pone obiettivi realistici (inforMARE del 28 aprile 2008 - Piano Operativo Triennale, “Forum dello shipping e della logistica”). Il POT è stato illustrato la scorsa settimana al consiglio provinciale dal nuovo presidente dell'Autorità Portuale di Genova, Luigi, Merlo, e costituisce il suo programma di mandato.
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- Concludendo il dibattito in consiglio provinciale sul piano dell'ente portuale, Repetto ha detto che «questo può essere il momento giusto per definire il progetto del futuro porto di Genova, se debba essere un emporio attento solo al numero dei teu in transito oppure diventare un cluster marittimo compatibile con il territorio che, facendo leva sulla ricchezza della tradizione e sul patrimonio tecnico e imprenditoriale, riassuma in sé i valori dell'economia con quelli della conoscenza e dell'accoglienza».
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- In merito alle scelte per lo sviluppo del porto, Repetto si è detto contrario alla privatizzazione di Ente Bacini e di Stazioni Marittime, al «problematico trasferimento» del comparto delle riparazioni navali, mentre sulla delocalizzazione del Porto Petroli ha precisato che «o diventa una questione nazionale oppure è meglio riprendere in considerazione l'ipotesi di costruire una boa al largo, abbandonata nella prospettiva del waterfront di Renzo Piano».
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- Renata Oliveri, capo del Gruppo Misto nel consiglio provinciale, rilevando come il piano di mandato del presidente della port authority si soffermi a lungo sulla critica alla legge di riforma portuale 84/94, ha evidenziato come «oggi, più che di un porto delle regole, occorra mirare a un porto delle strategie, ad un'Autorità Portuale che sappia guardare lontano, esprimere una chiara regia». «È inutile quindi - ha rilevato - che il presidente Merlo invochi il rispetto delle leggi: questo è un fatto scontato e doveroso. Al contrario il tema è quello delle scelte difficili e dolorose. Il presidente Merlo dovrà dimostrare la capacità, la volontà e il coraggio di assumerle». Renata Oliveri ha sollecitato l'Autorità Portuale ad «assumersi le sue responsabilità senza sudditanze politiche, istituzionali, ma anche economiche, nei confronti di nessuno». «Tutto - ha sottolineato - parte di lì: l'Autorità Portuale deve tornare a essere il motore dello sviluppo, non il notaio delle concessioni. E motore dello sviluppo lo si è partendo dall'interno e creando una squadra unita che si confronti con pari dignità all'esterno, pubblico o privato che sia. In questi anni l'Autorità Portuale ha dedicato risorse ingentissime (e non parlo solo di questi ultimi anni) per pianificare in grande e ridursi poi ad accettare previsioni di Piano Regolatore Portuale del tutto insufficienti e peraltro sostanzialmente inattuate. Non a caso il presidente Merlo è costretto a partire proprio da lì, elencando precise priorità. E almeno questo è un buon punto di partenza, anche se non è certo sufficiente».
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- Anche la Oliveri ha manifestato perplessità circa la privatizzazione di Ente Bacini e Stazioni Marittime: «perché uscire da Stazioni Marittime e da Enti Bacini? Non mi pare - ha spiegato - ci siano vere incompatibilità con la legge 84/94. Al contrario mi pare che siano società che prestino un vero servizio pubblico a garanzia degli utenti e dello stesso ruolo di governance dell'Autorità Portuale». Del medesimo tenore il parere sul tema della banchina pubblica in porto: «a Genova - ha ricordato - non c'è e la legge la prevede espressamente e fino ad oggi è stata elusa. Cosa intende fare la nuova presidenza (e il nuovo Comitato) su questi temi? Credo che affrontare i nodi reali del porto sia più importante che riaprire una campagna pubblica di controllo sullo stato delle concessioni».
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- Parlando dell'extragettito portuale, Renata Oliveri ha manifestato preoccupazione perché tali risorse verrebbero sì dedicate ad un parziale finanziamento del terzo valico ferroviario Genova-Milano e ad altre grandi opere di collegamento dei porti, ma ciò significherebbe - ha osservato - che «per le opere portuali non rimarrebbe nulla, che l'extragettito dei liguri dovrebbe finanziare grandi opere del network europeo che anche nel Paese più federalista dovrebbero essere realizzate dallo Stato centrale».
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