- Il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza (CIV) dell'Ipsema, l'Istituto di Previdenza per il Settore Marittimo, sollecita il governo a occuparsi del problema dell'esposizione all'amianto dei lavoratori marittimi. «I marittimi italiani - ha ricordato l'ente previdenziale - hanno aspettato dieci anni più degli altri lavoratori per vedere riconosciuto un diritto ed ora che sembrano arrivati ad un passo dalla concessione dei benefici previdenziali, rischiano di non poter riuscire a ricostruire la propria vita lavorativa (il curriculum di cui parla il decreto ministeriale) a causa della difficoltà insita nell'attività del marittimo: luogo e rapporto di lavoro diversi negli anni, residenza diversa dal compartimento marittimo in cui è iscritta la società armatoriale, demolizione della nave, cambio bandiera ecc.»
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- Con una apposita delibera il CIV dell'Ipsema sollecita una rapida e definitiva soluzione per una ricostruzione “possibile” della vita lavorativa dei marittimi chiedendo al ministero del Lavoro di dar corso alla proposta, a suo tempo avanzata anche dall'amministrazione dell'ente, di utilizzare l'estratto matricolare o la fotocopia del libretto di navigazione, quale documento probante di presunta esposizione all'amianto da parte del marittimo.
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- L'Ipsema ha ricordato che la legge n. 326 del 24 novembre 2003 riconosce anche al personale marittimo esposto a fibre di amianto per un decennio il diritto alla concessione dei benefici previdenziali e che, due anni dopo, un'altra legge (n. 266 del 23 dicembre 2005) ha trasferito dall'Inail all'Ipsema il compito di provvedere all'accertamento dell'esposizione all'amianto dei lavoratori marittimi. «Ad oggi - ha spiegato il presidente del CIV dell'Ipsema, Giovanni Guerisoli - sono circa 30.000 le domande censite dall'Istituto di Previdenza per il Settore Marittimo. L'ente ha, da tempo, segnalato la difficoltà di poter applicare al settore marittimo la disciplina generale che prevedeva sia l'avvio della istruttoria con la esibizione del curriculum lavorativo rilasciato dagli armatori che attesti l'eventuale esposizione a fibre di amianto, ma anche l'accertamento tecnico concreto. Le attività lavorative elencate nel decreto ministeriale, infatti, non sono solo riconducibili al lavoro svolto a bordo delle navi, nonostante l'esposizione all'amianto sia stata probabile, ma sono soprattutto imputabili alle tecniche di costruzione largamente impiegate in passato nella cantieristica navale».
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- «Il CIV dell'Ipsema - ha concluso Guerisoli - denuncia tale situazione che impedisce di poter dare una risposta concreta alle attese dell'utenza marittima ed auspica che vengano trovate delle soluzioni, amministrative o legislative, alle problematiche sollevate, Resta fermo, infine, che qualora il quadro normativo vigente, dovesse rimanere invariato, l'istituto si troverebbe in forte difficoltà e sarebbe costretto a declinare qualsiasi responsabilità anche di fronte al rischio di un contenzioso, con conseguenti notevoli oneri, stante le aspettative dei marittimi che quotidianamente reclamano il rilascio della certificazione».
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