- Intervenendo oggi a Livorno al convegno sul tema “Il piano regolatore del porto di Livorno. Dalla certezza esistenziale allo sviluppo” organizzato dall'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Livorno, il presidente dell'Autorità Portuale labronica, Giuliano Gallanti, ha difeso l'operato dell'ente per l'approvazione del nuovo strumento programmatorio del porto sottolineando che «quello che dovevamo fare lo abbiamo fatto, e ci abbiamo messo meno di nove mesi per realizzarlo».
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- «Sulla tempistica - ha specificato Gallanti - non possiamo farci niente, c'è di mezzo quella che gli inglesi chiamano la Red Tape, l'eccessiva burocrazia». Sul contenuto del Piano Regolatore Portuale pre-adottato in Comitato Portuale il mese scorso (inforMARE del 20 giugno 2012), invece, Gallanti non ha avuto incertezze nell'evidenziare la bontà delle scelte pianificatorie adottate: «col Prp - ha spiegato - abbiamo cercato di concentrare le attività commerciali dello scalo in poche grandi aree specializzate. Il porto moderno deve avere terminal con determinate dimensioni, è ovvio che le mega navi che stanno per arrivare nel Mediterraneo avranno bisogno di spazi adeguati». Gallanti ha precisato che una delle grandi emergenze che lo scalo labronico deve affrontare nell'immediato è quella dei collegamenti ferroviari ed ha richiamato l'attenzione sull'importante accordo raggiunto nei mesi scorsi con la Regione Toscana e con RFI per l'infrastrutturazione ferroviaria delle banchine: «tra non molto - ha ricordato - saremo finalmente collegati via ferro ai principali mercati di riferimento e Livorno potrebbe veramente diventare il primo scalo ferroviario italiano, un po' come Anversa in nord Europa».
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- Più in generale Gallanti ha evidenziato la fase critica attualmente attraversata dai porti italiani in materia di governance degli scali: «in Italia - ha rilevato - sta accadendo oggi ciò che negli scali del Northern Range è ormai la norma: le grandi finanziarie, i fondi di investimento e le banche stanno acquistando i grandi terminal. Le Autorità Portuali - ha sottolineato - devono essere dotate di una maggiore forza contrattuale». In Italia - ha aggiunto - «ci sono due scuole di pensiero: secondo alcuni, le authorities devono essere dei semplici amministratori di condominio, gestori del demanio pubblico, secondo altri dovrebbero invece essere business oriented e avere la facoltà di fare investimenti al di fuori dell'area portuale. Io sono a favore di quest'ultima tesi».
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- «I porti del Nord Europa - ha proseguito Gallanti - hanno capito prima di noi che uno scalo marittimo non è un semplice porto emporio, ma un anello di una complessa catena logistica: per questo hanno cominciato ad investire sugli inland terminal, facendoli diventare dei veri e propri centri di smistamento e manipolazione della merce. Ed è uno dei motivi del loro grande successo: hanno fiumi navigabili, sono ben collegati ai mercati di riferimento e hanno interporti efficienti».
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- Secondo il presidente dell'Autorità Portuale di Livorno, inoltre, la voce della portualità italiana non arriva oltreconfine: «l'Italia - ha detto - è poco presente in Europa, eppure la direttiva sulle concessioni che sta per essere predisposta promette di avere un impatto devastante sugli equilibri politici locali».
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- «Pochi giorni fa - ha concluso Gallanti - ho letto lo studio sulla portualità italiana elaborato dalla Cassa Depositi e Prestiti: vi si legge una cosa nota, e cioè che i porti di riferimento per l'Alta Italia (Pianura Padana) non sono Genova, Livorno o La Spezia, ma Rotterdam, Anversa, Amburgo. Questo ci deve far riflettere, così come ci deve far riflettere il fatto che nemmeno un contenitore sbarcato in uno dei porti delle penisola raggiunge la Svizzera o la Baviera».
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