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Mauri (PD): per il rilancio del sistema marittimo-portuale italiano non servono solo investimenti e norme, ma anche l'attenzione del governo
Serve innanzitutto - ha spiegato - un ministero solo dei Trasporti e un vero ministro dei Trasporti
6 febbraio 2013
«Per rilanciare una politica dei porti e permettere al nostro sistema portuale di esprimere tutte le proprie potenzialità, non servono solo investimenti, non servono solo norme, ma anche attenzione. Serve un'attenzione specifica da parte del governo. Serve innanzitutto un ministero solo dei Trasporti e un vero ministro dei Trasporti. E serve poi qualcuno che si dedichi a tempo pieno alle politiche del mare». Lo ha sottolineato oggi Matteo Mauri, responsabile Trasporti del Partito Democratico, nel suo intervento al convegno “La forza del mare - Idee di governo per l'economia del mare” organizzato a Roma dal Dipartimento Trasporti del PD.
«Il Partito Democratico - ha dichiarato Mauri - è consapevole della forza e delle opportunità che il mare può dare, ma anche dei problemi che in questo momento ne bloccano le potenzialità. Ci candidiamo a governare anche per risolvere queste problematiche. Faccio alcuni esempi di provvedimenti che andrebbero fatti subito: primo - ha spiegato - l'autonomia finanziaria». Evidenziando che anche l'attuale governo cosiddetto tecnico «non si è certo distinto con il suo ministro sul tema dei trasporti», Mauri ha rilevato che «quello che si è riusciti a fare nell'ultimo anno, con il convinto sostegno del PD, è la riproposizione dell'autonomia finanziaria delle Autorità Portuali che il governo Berlusconi aveva bloccato (percentuale del gettito IVA e accise, finalizzate agli investimenti). Una scelta giusta - ha specificato - ma la cui applicazione è stata però insufficiente e timida perché ha previsto una percentuale solo dell'1% e per di più con un tetto massimo di 70 milioni di euro/anno, una goccia nel mare, appunto». È necessario - ha spiegato Mauri - «rimuovere il tetto di 70 milioni per sostenere i piani di sviluppo dei singoli porti e aumentare gradualmente la percentuale fino al tetto del 3% per le grandi opere portuali».
Sempre in tema di porti, Mauri ha menzionato la questione della riduzione del numero delle Autorità Portuali: l'argomento - ha precisato - «non ci vede pregiudizialmente contrari. Anzi, siamo del parere che tra le Autorità Portuali ne siano state infilate all'ultimo momento almeno un paio di troppo. La questione - ha osservato - non la si deve vedere tanto sotto il punto di vista economico, visto il numero limitato degli addetti e la loro autosufficienza economica. Si può invece prendere in considerazione una semplificazione per accorpamento se questa serve per “dirigere meglio il traffico”. La funzione di coordinamento è assolutamente di prima importanza per evitare il Far West tra i porti. Pensare però che si possa a tavolino decidere la vocazione dei singoli porti e indirizzarvi le merci - ha sottolineato - è una fantasia. I porti devono saper stare sul mercato, avere dirigenti capaci e dinamici, interpretare al meglio la vocazione economica del proprio territorio o la propria dislocazione geografica. Più che altro bisogna metterli nelle condizioni di essere competitivi con una seria politica per i porti, che oggi non c'è».
«Spostandoci invece sul piano della necessità assoluta di razionalizzazione delle procedure e della semplificazione burocratica - ha proseguito - siamo convinti che sia possibile procedere a tappe forzate verso lo sportello unico portuale, una riforma a costo zero, anzi che fa risparmiare. Un caso in cui una riforma avrebbe l'effetto di una rivoluzione».
Tra le altre misure che, secondo il PD, andrebbero assunte per favorire il rilancio della competitività del sistema marittimo-portuale italiano, Mauri ha citato anche «l'esenzione dal pagamento delle accise sui carburanti per le macchine che operano all'interno degli scali e il ripristino degli incentivi al trasporto combinato strada-nave (ecobonus), che il governo Berlusconi ha bloccato».
«Segnalo infine - ha concluso Mauri - che i ritardi della logistica e delle infrastrutture costano al sistema delle imprese italiane decine di miliardi all'anno, ed è necessario recuperare questo gap non solo attraverso gli investimenti di grandi dimensioni, ma anche attraverso le piccole e medie opere».
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