La competitività della bandiera navale italiana è
minacciata dagli «extra costi legati alle normative per la
transizione energetica» e dalle «problematiche
quotidiane derivanti da una macchina burocratica che non trova
riscontro negli altri Paesi europei». L'allarme per il
possibile assottigliarsi della consistenza della flotta italiana,
con « uno spostamento delle navi di armatori nazionali sotto
bandiera di altri Stati, anche comunitari», è stato
lanciato dal presidente di Assarmatori, Stefano Messina, in
occasione dell'odierna assemblea dell'associazione che aderisce a
Conftrasporto-Confcommercio e che riunisce armatori italiani,
europei e di Paesi terzi che operano regolarmente in Italia.
Aprendo l'evento, che si è svolto al Grand Hotel Parco
dei Principi di Roma, Messina si è rivolto direttamente al
ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini,
presente all'assemblea: «ammainare la bandiera italiana - ha
affermato il presidente di Assarmatori - significa ammainare una
parte importante dell'italianità del mondo, è una
cessione di sovranità, significa mettere in discussione una
parte consistente dell'occupazione marittima italiana, spostare
all'estero centri decisionali dai quali dipendono gli
approvvigionamenti, i servizi svolti oggi da aziende italiane».
Toccando corde care a Salvini, e assai di più al primo
ministro Meloni, Messina ha ricordato che «a breve il nostro
Paese sarà chiamato a dare attuazione a quanto ci chiede la
Commissione Europea, ovvero estendere i benefici previsti dal nostro
regime di aiuto anche alle attività esercitate su navi che
battono bandiere europee. A quel punto - ha avvertito il presidente
di Assarmatori - gli armatori potrebbero optare per altre bandiere,
che garantiscono alle compagnie di navigazione una burocrazia
semplice, intuitiva, moderna e digitalizzata, immediata nelle
risposte e soprattutto improntata al pragmatismo».
«Un'opera di strutturale semplificazione - ha proseguito
Messina nella sua relazione all'assemblea - non è più
rinviabile ed è attuabile a costo zero, mentre l'eccesso di
burocrazia ha un costo, anche in termini di perdita di
competitività. Il motto di questo governo è “non
disturbare chi lavora” e per questo ci aspettiamo molto.
Vogliamo preservare la bandiera italiana ma dobbiamo essere messi
nelle migliori condizioni per competere in un settore, come quello
dello shipping, che è per definizione internazionale».
Riferendosi al tema dell'occupazione marittima, Messina ha
sottolineato che «nel nostro settore c'è spazio per
nuova forza lavoro, ne abbiamo bisogno. Tuttavia - ha denunciato -
le procedure di arruolamento comportano lungaggini, sono costose e
farraginose, con la conseguenza che i giovani guardano con maggiore
interesse altrove».
Il presidente di Assarmatori si è soffermato anche sulla
questione delle norme per la riduzione delle emissioni delle flotte:
«gli armatori italiani - ha detto Mesina - sono pronti a fare
la loro parte, ma le regole dettate dalla Unione Europea in materia
di aiuti di Stato per poter usufruire dei 500 milioni di euro
stanziati nel Fondo Complementare al PNRR ne hanno immaginato
investimenti per tecnologie che non esistono o che, se esistono,
prevedono l'uso di carburanti non ancora disponibili. I limiti
territoriali e temporali hanno fatto il resto, posto che per molte
tipologie di navi la cantieristica europea non è più
in grado di costruire».