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CRONACA
L'incognita Trump grava anche sul canale di Panama
Mentre il tycoon sogna di impossessarsene armi in pugno, una proposta di legge propone l'avvio di trattative con il governo panamense
Washington
21 gennaio 2025
Trump il pacificatore. Trump il bellicista. Mentre buona parte
del mondo si chiede ancora se il nuovo presidente statunitense è
l'uno o l'altro, quando invece è proprio la sussistenza di
questa incertezza che dovrebbe allarmare, negli Stati Uniti ci sono
molti tra le fila del Partito Repubblicano che già vedono il
neo presidente partire all'assalto per difendere quelli che sono
ritenuti gli interessi nazionali. Uno di questi è il
controllo del canale di Panama. Non che il tentativo di
riappropriarsene sia una novità. La strategica via d'acqua
centroamericana, costruita all'inizio del secolo scorso dagli USA,
già dopo la definitiva restituzione della gestione del canale
alla Repubblica di Panama a fine secolo è stata al centro
degli appetiti di esponenti della destra americana. Brame ora
cavalcate sapientemente dal presidente tycoon che ha esplicitamente
parlato di un possibile ricorso alla forza per rientrare in possesso
del canale panamense.
Già prima dell'insediamento di Trump, il deputato
repubblicano Dusty Johnson del Sud Dakota, che è membro della
commissione Trasporti e Infrastrutture e della commissione
parlamentare Select Committee on China che ha il compito di
analizzare e proporre misure per contrastare l'influenza della
Repubblica Popolare Cinese, ha pensato di spianare la strada al neo
presidente presentando il Panama Canal Repurchase Act, una proposta
di legge il cui obiettivo è l'acquisto del canale di Panama.
L'iniziativa legislativa è stata presentata espressamente a
seguito delle ripetute dichiarazioni di Trump della volontà
di riportare il canale sotto la proprietà americana al fine
di aumentare la sicurezza nazionale ed economica. La proposta
prevede il conferimento al presidente statunitense
dell'autorizzazione ad avviare e condurre, in coordinamento con il
segretario di Stato, trattative con il governo della Repubblica di
Panama per riacquistare il canale.
«Il presidente Trump - ha affermato Johnson prima ancora
che Trump ridiventasse presidente - ha ragione a prendere in
considerazione il riacquisto del canale di Panama. Gli interessi e
la presenza della Cina nella regione del canale sono motivo di
preoccupazione. L'America deve proiettare la propria forza
all'estero: possedere e gestire il canale di Panama potrebbe essere
un passo importante verso un'America più forte e un mondo più
sicuro». Johnson ha ricordato che nel 2018, Panama è
stato il primo paese dell'America Latina ad aderire alla Belt and
Road Initiative della Cina, e da allora gli investimenti delle
aziende cinesi nelle infrastrutture del canale sono aumentati,
aziende cinesi che, inoltre, gestiscono i due porti su entrambe le
imboccature del canale.
Il deputato repubblicano ha ricordato poi che il 72% di di tutti
i transiti attraverso il canale panamense sono effettuati da navi
che provengono o sono dirette verso un porto statunitense e che il
canale è una via di transito essenziale anche per le navi
della Guardia Costiera USA e del Dipartimento della Difesa.
Sottolineando che un eventuale blocco dei transiti nel canale di
Panama costringerebbe le spedizioni marittime a percorrere 8.000
miglia in più attorno al Sud America, Johnson ne ha fatto
anche una questione economica evidenziando che le oltre 10.000 navi
che annualmente attraversano il canale di Panama pagano miliardi di
dollari di pedaggi che, se la proprietà del canale fosse
statunitense, andrebbero a beneficio dell'America.
A Panama, dove ancora esponenti del governo in carica non hanno
commentato la proposta di legge di Johnson, a respingerla come
«giuridicamente impossibile e operativamente inutile» è
stata Nivia Rossana Castrellón, ex vice ministro degli Esteri
di Panama. «Quando gli Stati Uniti trasferirono il controllo
totale del canale a Panama il 31 dicembre 1999 - ha affermato
Castrellón - non si trattò di un semplice atto
amministrativo. Questo trasferimento rappresentò
l'implementazione di un sofisticato quadro giuridico che rende
praticamente impossibile qualsiasi tentativo di reversibilità,
attraverso tre livelli di tutela giuridica: innanzitutto - ha
spiegato - la costituzione di Panama dichiara il canale un
“patrimonio inalienabile” della nazione, il che
significa che non può essere venduto, trasferito o ceduto in
nessuna circostanza. Modificare questa disposizione richiederebbe
quindi una modifica della carta costituzionale. In secondo luogo, il
Trattato sulla neutralità permanente e il funzionamento del
canale di Panama, firmato da Panama e dagli Stati Uniti e approvato
da 40 Paesi, in vigore in perpetuo, stabilisce Panama come unico
garante della neutralità e del funzionamento del canale.
Questo trattato internazionale, di cui gli Stati Uniti sono parte,
non contempla meccanismi per trasferire l'amministrazione a Paesi
terzi. In quanto firmatari di questo trattato, gli Stati Uniti sono
legalmente tenuti a rispettare il ruolo di Panama come unico
amministratore del canale. In terzo luogo, la legge panamense
contiene un quadro operativo che garantisce il suo funzionamento
autonomo sotto il controllo panamense, creando una struttura
amministrativa che si è dimostrata notevolmente efficace».
«In un momento in cui la stabilità delle rotte
commerciali globali è più importante che mai - ha
proseguito Castrellón - le proposte di “riacquisto”
del canale non solo ignorano barriere legali insormontabili, ma
ignorano anche una realtà fondamentale: il canale di Panama
funziona in modo efficiente sotto la sua attuale amministrazione,
fungendo da punto neutrale per il transito marittimo globale. La
preoccupazione per l'influenza cinese, sebbene legittima nel più
ampio contesto geopolitico, non influisce sull'indipendenza
operativa e sulla neutralità del canale».
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