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Le amministrazioni portuali vogliono poter finanziare la realizzazione delle proprie banchine, non solo progettarle
Ci si avvicina all'autonomia finanziaria degli enti portuali. Se ne parlerà da domani al convegno internazionale "Port Planning and City-Port Relations" che si svolgerà al Voltri Conference Centre di Genova - Voltri
18 maggio 1999
"Le risorse generate dal porto dovrebbero tornare al porto" dice il sindaco di Genova, Giuseppe Pericu, ribadendo quanto ripetuto ancora una volta dal presidente dell'ente portuale cittadino, Giuliano Gallanti.
Dalle parole del primo cittadino genovese e da quelle degli altri rappresentanti della vita economica cittadina intervenuti oggi alla presentazione del convegno internazionale "Port Planning and City-Port Relations", che si aprirà domani al Voltri Conference Centre di Genova-Voltri (inforMARE del 12 maggio), si intuisce come il tema della manifestazione - almeno per quanto riguarda le vicende nazionali - non sarà limitato al rapporto di convivenza tra le città e l'attività dei propri scali marittimi. Si porrà anche l'interrogativo sulle capacità finanziarie, oltre che progettuali, che ogni singola città-porto ha di mutare il proprio assetto urbanistico e di indirizzare le proprie attività economiche. Nella prima giornata di lavori, dedicata alla situazione italiana, salirà quindi alla ribalta il tema dell'autonomia finanziaria degli enti portuali.
Lo stesso Gallanti ricorda che nell'ultima finanziaria il governo aveva presentato un emendamento utile ad assegnare alle port authority una quota delle tasse portuali, una soluzione che - se attuata - porterebbe nelle casse del porto genovese circa 40-50 miliardi di lire. Incontrata qualche difficoltà nelle stanze del ministero del Tesoro, ora il provvedimento è all'esame della commissione Trasporti della Camera.
Nel corso dei tre giorni del convegno si parlerà di pianificazione territoriale e urbanistica. In molte città europee si stanno in questi mesi redigendo i piani regolatori dei porti e la manifestazione genovese, a cui parteciperanno qualificati promotori e autori di queste soluzioni progettuali, diverrà punto di convergenza di proposte, suggerimenti e analisi. Ribadendo la necessità di ottenere margini di autonomia finanziaria, il presidente dell'Autorità Portuale di Genova sottolinea però che in Italia, a differenza di quanto avviene nella stragrande maggioranza delle nazioni europee e in particolare in quelle del Northern Range, l'ostacolo più arduo da superare - una volta oltrepassato quello progettuale - è costituito proprio dal finanziamento delle opere: "i fondi sono a carattere episodico" spiega Gallanti rilevando in particolare che "quello che il porto di Genova ricava da queste spartizioni è sempre notevolmente inferiore alle necessità".
L'incalzare delle richieste di autonomia finanziaria per i porti fanno però presumere che il momento sia propizio per varare un provvedimento legislativo in questo senso. Saldate con il finanziamento 'a pioggia' di alcuni giorni fa le richieste più pressanti per la realizzazione delle infrastrutture dei porti italiani emergenti - in primis Taranto, Civitavecchia, Cagliari, Brindisi - nessuno ha più intenzione (o l'ardire) di avanzare richieste per la realizzazione di nuovi approdi. Diminuisce perciò l'esigenza di ottenere consistenti somme di denaro in un'unica soluzione e sembra prossimo il giorno in cui le amministrazioni portuali, anche quelle che da decenni ne avrebbero diritto, potranno programmare il destino delle proprie banchine senza attendere che la somma di altri interessi giustifichino la realizzazione di opere di vitale importanza.
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