Federmar-Cisal ha bocciato la strategia del gruppo armatoriale Evergreen per l'Italia e in particolare per Trieste, dove ha sede la filiale Italia Marittima (ex Lloyd Triestino), società di navigazione di navigazione che otto anni fa è entrata a far parte del gruppo armatoriale taiwanese (
inforMARE del
3 agosto 1998 e
3 gennaio 2006).
In particolare il sindacato ha criticato la decisione dell'Italia Marittima di non realizzare la nuova sede nel porto di Trieste. Secondo Federmar-Cisal, infatti, appare «una forzatura la decisione dell'azienda di eliminare la costruenda sede di Evergreen Europa, motivandola con la limitazione in altezza degli edifici. È una forzatura - ha spiegato oggi l'organizzazione sindacale - perché, nella concessione ottenuta dall'Autorità Portuale, Italia Marittima ha tutti gli spazi e le metrature più che sufficienti per impiantare le sedi che desidera: se invece è arrivata ad una decisione diversa è perché sono cambiati i suoi programmi o, per meglio dire, perché Evergreen, ossia i cinesi, hanno cambiato i loro progetti su Italia Marittima».
«Non è una novità - ha osservato Federmar-Cisal - che il gruppo Evergreen abbia chiuso il 2006 con risultati di gran lunga inferiori alle aspettative e non è nemmeno una novità che i prossimi anni saranno sempre più difficili per il gruppo, tenuto conto della dura concorrenza che sarà esercitata dalle maggiori imprese armatoriali mondiali, le quali si stanno attrezzando massicciamente per primeggiare nel comparto delle portacontenitori e soprattutto nei traffici con la Cina, l'India e gli altri paesi dell'Estremo Oriente. Evergreen sta inesorabilmente retrocedendo nella classifica mondiale in questo campo e sembra abbastanza logico che cerchi di prendere le contromisure, iniziando da una riorganizzazione strutturale del gruppo e delle attività». «In tale ambito - ha sottolineato il sindacato - Italia Marittima è destinata a diventare una branca di Evergreen Marine Corporation e sarà amministrata da gente che sta all'altra parte del mondo, senza alcuna esperienza del sistema europeo che regola la conduzione delle aziende (legislazione, contrattualistica, ecc.), gente che in primo luogo curerà gli interessi di Taiwan e poi, se rimarrà qualcosa, quello della città dove ha sede Italia Marittima, ossia di Trieste. Poco importa la struttura societaria che manterrà Italia Marittima dal prossimo mese di maggio: quello che importa è che non avrà alcuna autonomia decisionale, in misura ancora inferiore di quanto non lo abbia già al giorno d'oggi, considerato che ogni sua direzione od ufficio ha a capo un cinese chiamato a rispondere alla casa madre e che qualsiasi decisione assunta, anche minima, specialmente sul piano della spesa, deve avere il preventivo benestare di Taiwan».
Secondo Federmar-Cisal, «Evergreen non si può lamentare del trattamento ricevuto a Trieste e su questo sì che in sede locale dovrebbe essere fatta un'attenta riflessione: ha acquistato il Lloyd Triestino dalla Finmare, anziché a 400 miliardi, ad un costo di gran lunga ma di gran lunga inferiore; ha ottenuto una concessione di vaste dimensioni in Porto Vecchio laddove un colosso come le Assicurazioni Generali è stato costretto ad andare altrove per costruire la propria sede; ha avuto su un piatto d'argento, cioè con un onere insignificante, la gestione del Molo VII con la ciliegina offerta dai sindacati di modificare il contratto di lavoro per andare incontro alle esigenze operative della struttura; sta beneficiando annualmente di un contributo regionale per l'acquisto di contenitori, contributo abbastanza discutibile, essendo l'azienda, almeno a vedere i bilanci degli anni scorsi, largamente in attivo. A ciò si aggiungano i vantaggi derivanti dalle normative nazionali per il Registro Internazionale e per la tonnage-tax che da soli comportano svariati milioni di euro di risparmi».
Secondo il sindacato, Italia Marittima avrebbe offerto poco alla città giuliana. «Finora - ha rilevato Federmar-Cisal - i taiwanesi non è che si siano sprecati molto nei confronti della città: in otto anni qualche decina di assunzioni, anche queste sfruttando in gran parte i contratti a termine, tra gli amministrativi e con il contagocce quelle dei marittimi, ma il tanto declamato rilancio del traffico contaneirizzato del porto è rimasto soltanto sulla carta: di nuove linee non se ne parla, di aumentare il numero degli scali delle navi nemmeno. Anzi sembra, è notizia di questi giorni, che Evergreen voglia defilarsi dalla gestione del Molo VII, cedendo la TCT, la società che vi sta operando, ad altro terminalista».
«Dovendo fare un consuntivo sulla privatizzazione del Lloyd Triestino - ha concluso il sindacato - bisogna ammettere che la società è stata risanata e messa in grado di operare sul mercato; tuttavia, le aspettative che si erano create a Trieste circa le ricadute che il nuovo corso avrebbe generato per l'economia cittadina sono andate ampiamente deluse: infatti, almeno finora, mentre le parole da parte della società si sono sprecate, di sostanza se n'è vista ben poca».