- Stamani, presso la “ Sala Giunta” del Comune di Salerno, il direttore nazionale dell'Apostolato del Mare in Italia, Don Giacomo Martino, ha presentato il rapporto di ricerca “Il benessere dei lavoratori del mare” realizzato a cura della Fondazione Migrantes in collaborazione con le Capitanerie di Porto, con la conduzione dell'Università di Genova e grazie all'aiuto economico della Regione Liguria e di Fondazione Carige.
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- Si tratta di una ricerca unica nel suo genere e costituisce, per la prima volta nella storia della marineria, una fotografia dei cinque milioni di lavoratori del mare che ogni anno arrivano nei porti italiani.
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- L'indagine evidenzia come quello dei marittimi sia un popolo relativamente giovane (quasi il 50% non raggiunge i 35 anni), con una buona scolarizzazione, e che per il 60% padroneggia due o più lingue (sino a sette diversi idiomi).
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- Un elemento motore della vita del marittimo è costituito dalla sua famiglia: il 62% dei marittimi è sposato o separato e quindi con una famiglia propria. Queste famiglie rimangono per lunghi mesi “orfane” per l'assenza di uno o di entrambi i genitori. Nell'epoca delle comunicazioni planetarie la possibilità media di telefonare a casa per quattro marittimi su 10 va da un minimo di 30 giorni ad una media di 40-42 giorni, fino a punte ancora consistenti di oltre due mesi. Risulta di ben 120 giorni la media del tempo in cui il marittimo è lontano da casa. Questo significa che, a fronte di imbarchi estremamente brevi come quelli degli italiani sui traghetti (da uno a due mesi consecutivamente), gli stranieri che transitano nei porti italiani hanno contratti che vanno mediamente dai 6 ai 12 mesi, con punte fino a 24-26 mesi.
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- Inoltre l'indagine rileva che il marittimo ha sì intenzione di lavorare per racimolare il capitale necessario ad intraprendere un'attività a terra, ma che per taluni la realtà si rivela diversa: vivere in giro per il mondo a contatto con economie diverse da quelle del paese di origine induce infatti questi risparmiatori a spendere di più.
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