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Federmar-Cisal, ingiustificate le ventilate ipotesi di trasferimento di Italia Marittima
Il sindacato invoca chiarezza sulla collocazione e il futuro della compagnia
31 marzo 2010
Federmar-Cisal auspica che si faccia chiarezza sulla collocazione e il futuro di Italia Marittima (ex Lloyd Triestino). «I conti non tornano con Italia Marittima - spiega oggi il sindacato in una nota a firma del segretario regionale del Friuli Venezia Giulia, Giorgio Marangoni - perché da una parte l'azienda fa intravvedere la possibilità di lasciare Trieste e l'Italia se non si dovessero realizzare determinate condizioni mentre dall'altra continua ancora a dichiarare di volere portare a compimento il progetto, per la verità ormai alquanto datato, del trasferimento della propria sede in Porto Vecchio, due posizioni completamente in antitesi».
«Non vi è dubbio - osserva l'organizzazione sindacale - che il 2009 sia stato un anno estremamente negativo per Italia Marittima, ma non è stata la sola impresa di navigazione nel mondo a dovere risentire degli effetti della crisi poiché molte delle compagnie che operano nel settore hanno subito perdite anche maggiori rispetto a quelle denunciate dall'azienda triestina. Da tenere inoltre in considerazione che una parte delle perdite di Italia Marittima proviene dalla sua politica dei noleggi delle navi (due terzi della cinquantina di unità che compongono la flotta con cui svolge l'attività di trasporto sono locate a scafo nudo od a time charter), politica che può essere sostenuta senza particolari conseguenze in tempi normali, ma che diventa pesante ed onerosa e fonte di salassi in tempi di crisi allorché calano i ricavi».
«Se un domani Evergreen deciderà di trasferire altrove la sede e le attività di Italia Marittima - prosegue Federmar-Cisal - lo farà senz'altro, come avviene per qualsiasi imprenditore privato, in base alle sue convenienze ed in barba a Trieste ed ai triestini. Quanto però Evergreen non si può lamentare è del trattamento ricevuto finora in Italia, dall'acquisto del Lloyd Triestino, pagato, tra successive revisioni e detrazioni varie, molto meno dei 400 miliardi di lire ufficiali, alla concessione del molo VII offerta su un vassoio d'argento, a quella particolarmente vantaggiosa dell'area in Porto Vecchio per la costruzione della nuova sede, al terminal di Taranto, all'interporto ferroviario di Cervignano e, per finire, ai rilevanti benefici economici derivanti dalle apposite norme in materia di sgravi fiscali e contributivi».
«Considerato che di recente Evergreen ha incrementato le tariffe tra Europa ed Estremo Oriente e che, da quanto trapela, si accingerebbe a varare un consistente programma di costruzioni di nuove navi - conclude il sindacato - è da supporre che la compagnia taiwanese ritenga ormai superata la fase critica della crisi e giudichi che il settore stia ritornando alla normalità. Appaiono pertanto del tutto ingiustificate le ventilate ipotesi di trasferimento che riguardano la collocazione ed il futuro di Italia Marittima, ipotesi che, aldilà del loro evidente carattere strumentale, non fanno altro che destare preoccupazione e sconcerto tra i lavoratori di questa azienda».
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