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Rapporto di ESPO sui sistemi di governance dei porti europei
La maggior parte sono riconducibili ai tre tradizionali sistemi anseatico, latino e anglosassone. Evidente il dualismo nord-sud, ma le differenze stanno lentamente diminuendo
13 maggio 2011
L'European Sea Ports Organisation (ESPO) ha pubblicato il rapporto “European Port Governance” che raccoglie una serie di informazioni sulla governance dei porti europei e che è basato su una indagine condotta l'anno scorso tra i porti dell'associazione. Il rapporto, consultabile in questa pagina aperta in una nuova finestra del browser, analizza gli obiettivi delle Autorità Portuali, le loro funzioni, il sistema istituzionale in cui sono inquadrate e le loro risorse finanziarie.
Il rapporto prende spunto da un'ipotesi di “rinascita” delle Autorità Portuali che consenta loro di affrontare le nuove molteplici e mutevoli sfide economiche e sociali e identifica nel contempo una serie di fattori di governance in base ai quali determinare se le Autorità Portuali hanno un approccio alla governance meramente conservatore oppure assumono un ruolo di tipo più imprenditoriale e maggiormente rivolto allo sviluppo dell'attività economico-portuali.
Secondo quanto rilevato nel corso dell'indagine - ha spiegato l'associazione dei porti europei - nella maggior parte dei casi sussistono infatti ambizioni di una “rinascita” del ruolo delle Autorità Portuali, ambizioni che tuttavia sono frenate oppure incentivate a seconda dei differenti sistemi di governance in vigore.
La gran parte delle Autorità Portuali - rileva il rapporto - tende a svolgere un ruolo atto a facilitare le attività portuali e il loro sviluppo, mentre solo poche si avventurano in attività di tipo imprenditoriale. Quest'ultima tendenza è più ricorrente nel caso delle Autorità Portuali più grandi, principalmente della regione anseatica, e delle Autorità Portuali delle regioni anglosassoni, che specialmente nel Regno Unito sono per molti versi più vicine alle imprese commerciali. Inoltre, a differenza del resto dell'Europa dove la quasi totalità delle Autorità Portuali sono di proprietà pubblica, nel Regno Unito alcuni dei maggiori porti (e anche minori) sono di proprietà privata.
Ciò evidenzia - spiega il rapporto - che le differenze nei sistemi di governance sono determinate principalmente a livello regionale. L'indagine ha confermato che la maggior parte dei sistemi di governance portuale sono riconducibili ai tre tradizionali sistemi anseatico, latino e anglosassone. Le Autorità Portuali delle “nuove” regioni europee si collocano circa a metà strada tra questi modelli di governance, anche se la forte influenza del governo centrale rende molte di queste port authority più vicine al sistema di governance di tipo latino.
Tenendo conto che in Europa la maggior parte delle Autorità Portuali presenta una forma di governance che ricade in quella di tradizione latina oppure in quella di tipo anseatico - osserva il rapporto - la differenza tra i due sistemi di governance si traduce in un dualismo nord-sud che non è incentrato solo sulle differenze di proprietà o amministrazione delle aree portuali, ma anche su molti altri elementi della governance relativi in particolare all'autonomia funzionale e finanziaria, che in genere è più limitata nelle regioni meridionali dell'Europa.
Il rapporto sottolinea però che se da un lato questi limiti all'autonomia funzionale e finanziaria sembrano impedire alle Autorità Portuali con sistemi di governance di tipo latino di raggiungere i loro obiettivi e di realizzare investimenti, dall'altro in qualche modo, paradossalmente, non sembrano costituire sempre un vincolo per un approccio funzionale proattivo allo sviluppo dell'economia portuale.
Il rapporto evidenzia anche come i cambiamenti in atto, pur se non immediatamente sostanziali, tendano a rendere meno netto il confine tra i sistemi di governance di tipo anseatico e latino e come le dimensioni delle Autorità Portuali possano in qualche modo spiegare la diversità di governance.
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