- per renderli sempre più efficienti e rispondenti ai mutamenti dell'economia e degli scambi commerciali mondiali. Lo sottolinea una ricerca sul tema “Italian Maritime Transport: impact on the economic development. Scenarios, sea traffic analysis and case studies” presentata oggi da Alessandro Panaro responsabile infrastrutture di SRM - Studi e Ricerche per il Mezzogiorno nel corso della conferenza internazionale “Unity in diversity: the future cultural and economic bridge on the Mediterranean. Key issues: Maritime Traffics, Ports and Education” tenutasi in occasione della giornata di apertura della tredicesima convention nazionale del The International Propeller Clubs che si è svolta nel Castel dell'Ovo di Napoli ed è stata organizzata dal The International Propeller Club Port of Naples.
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- «La ricerca che presentiamo oggi - ha esordito Panaro - vuole essere un utile strumento conoscitivo e di supporto strategico agli operatori del settore marittimo, asset primario per il nostro Paese. L'impostazione dello studio è quella di osservare le realtà portuali non solo come infrastrutture, ma come strumento al servizio delle imprese e delle loro relazioni commerciali, nonché come “polo” di attrazione di investimenti pubblici e privati, non solo logistici. I dati - ha spiegato - forniscono tre messaggi su tutti. Il forte grado di internazionalizzazione dei nostri porti, atteso che il 63% del traffico è relativo alla navigazione internazionale, e quindi la necessità di investire su di essi per avere strutture sempre più efficienti e moderne di fronte ai crescenti mutamenti dell'economia mondiale. Il comportamento sempre più temibile dei nostri competitor nell'ambito del bacino del Mediterraneo: tra il 2005 e il 2012 i porti hub della sponda Sud del bacino hanno incrementato la propria quota nel mercato dei container dal 18% al 27%. L'esistenza di nuovi orizzonti e di nuovi mercati ad alto potenziale, quali quelli dell'area Med nordafricana e della Turchia: l'interscambio dell'Italia verso questi Paesi ammonta già a 65,7 miliardi di euro e, di questi, oltre il 70% (pari a 47,4 miliardi di euro) è realizzato con il trasporto marittimo».
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- «Come si nota bene dalla ricerca SRM - ha rilevato il presidente della Federazione del Mare, Paolo d'Amico - anche nel Mediterraneo le attività marittime hanno un ruolo trainante. In un simile scenario, mi preme sottolineare l'importanza dei cluster. In quello italiano è profonda da sempre la consapevolezza delle correlazioni che esistono, da un lato, tra le attività sviluppate da soggetti economici (armatori, cantieri, agenti, terminalisti, ecc.) e quelle invece che fanno capo ad organismi che hanno ruoli amministrativi o di vigilanza (Marina Militare, Guardia Costiera, Autorità Portuali); dall'altro, tra tutti questi attori del cluster marittimo ed i soggetti esterni che influiscono trasversalmente sul funzionamento del cluster stesso (settori bancario, assicurativo, ecc.). Altrettanto importante - ha osservato d'Amico - è favorire l'integrazione delle attività marittime a livello regionale. Una simile integrazione può avere una connotazione produttiva o tecnologica, ma comunque coinvolge una pluralità di attori: aziende industriali capofila con il loro indotto, istituti di ricerca, università, enti di formazione, istituti finanziatori. I cluster così formati operano per la diffusione di cultura e formazione marittima mirata, garantendo una migliore risposta del mercato locale del lavoro, promuovono l'innovazione e di conseguenza fungono da incubatori per nuove iniziative industriali o per lo sviluppo di quelle esistenti. Nello stesso tempo, si fanno promotori presso le istituzioni di un sistema di regole (ad esempio, in materia di finanza agevolata o in campo fiscale) coerente con il carattere delle attività marittime».
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- «L'Italia, che è l'attore più forte dell'area mediterranea sotto il profilo economico e finanziario - ha evidenziato inoltre d'Amico - può svolgervi un ruolo di leader ed esportare la propria esperienza in campo marittimo negli altri paesi costieri. I punti di forza di un cluster marittimo consistono nella capacità di elaborare una visione integrata delle esigenze del settore e creare sinergia; in relazione a ciò, rappresentare una interlocuzione credibile presso le istituzioni nazionali e dell'Unione Europea. Per definizione, tutto ciò che riguarda il mondo marittimo trascende i confini politici dei vari Paesi e gli interessi delle singole parti: in linea con questa peculiarità, la promozione di una rete di cluster nel Mediterraneo può contribuire a valorizzare il potenziale di crescita dei paesi dell'area, facendo leva sulla risorsa comune che è appunto questo mare, una risorsa su cui costruire concretamente una volontà comune».
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- Soffermandosi sull'argomento dell'odierna conferenza internazionale, il presidente nazionale dell'International Propeller Clubs, Umberto Masucci, ha spiegato che quest'anno l'associazione ha scelto «un tema che vuole unire le aree geografiche e le generazioni e inserito relatori giovani a fianco di personaggi di spicco del settore. Quest'anno - ha aggiunto - l'onore di ospitare la convention, che si tiene ogni due anni, è toccato a Napoli ed il Propeller napoletano l'ha trasformata in un grande evento internazionale. Nel corso della giornata abbiamo avuto anche, divisi tra mattina e pomeriggio, quattro brevi spunti di presidenti di Propeller Clubs locali (Mariano Maresca di Genova, Riccardo Fuochi di Milano, Simone Bassi di Ravenna e Renato Coroneo di Palermo) a testimonianza - ha sottolineato Masucci - del radicamento territoriale del Propeller e delle idee che emergono dai nostri dibattiti».
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