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I sindacati contestano la decisione del governo di attuare la parziale privatizzazione di Fincantieri
Secondo i rappresentanti dei lavoratori, l'intenzione è esclusivamente quella di “fare cassa”
22 novembre 2013
L'opinione di inforMARE
L'inserimento di Fincantieri nella lista delle società dello Stato da porre parzialmente sul mercato è - purtroppo - più che prevedibile allo stato delle cose. Diciamo purtroppo non proprio per le stesse ragioni per cui sono insorti i sindacati, con i quali concordiamo invece quando affermano che questo piano di privatizzazioni è teso unicamente a “fare cassa”.
Le otto aziende incluse nell'elenco - cioè CDP Reti, Enav, Eni, Fincantieri, Grandi Stazioni, Sace, Stm e Tag - appaiono essere tra le pochissime società statali appetibili per gli investitori. Se un governo come quello guidato da Enrico Letta, che nella sua azione ha mostrato essenzialmente l'intenzione di evitare in ogni modo conflitti sociali escludendo le partecipazioni statali dal perimetro del suo intervento per il risanamento dei conti pubblici, presenta un piano di privatizzazioni di questo tenore significa evidentemente che non ha altri margini di manovra.
Diciamo purtroppo, quindi, perché quella del governo, appunto perché contraria alle intenzioni manifestate sinora, appare una decisione estrema e non certo un messaggio agli investitori della volontà dell'esecutivo di condurre una forte azione di risanamento dei conti e di riduzione dell'enorme debito pubblico. Questo rivela il messaggio, infatti, quando ad una tale privatizzazione non si accompagnano misure per rendere più efficiente la macchina pubblica (i famigerati “interventi strutturali”), incluse ovviamente le sue partecipate. Non a caso - ci sembra - dal piano dell'esecutivo sono escluse Poste Italiane e Ferrovie dello Stato, quest'ultima toccata solo marginalmente.
Il messaggio inviato ieri dal governo è solo uno: l'Italia ha assoluto e urgente bisogno di fare cassa. È un segnale di estrema debolezza rivolto agli investitori e alle istituzioni estere. È insomma proprio il messaggio che, secondo quanto ricordato nei giorni scorsi dallo stesso primo ministro Enrico Letta, sinora l'Italia non ha lanciato non essendo ricorsa al fondo salva-Stati.
Quello che bisognerebbe far sapere ai mercati per tranquillizzarli circa la solidità dell'economia italiana non è quello che possiamo vendere, quanto ciò che intendiamo fare per la revisione e riduzione della spesa.
Bruno Bellio
L'inclusione del gruppo di cantieristica navale Fincantieri nell'elenco delle aziende pubbliche di cui il governo italiano intende avviare una parziale privatizzazione ha suscitato la protesta dei sindacati ( del 22 novembre 2013). Secondo l'Uilm, «la decisione di privatizzare il 40% di Fincantieri, assunta ieri dal governo è sbagliata e inaccettabile» «Non si può cercare - ha rilevato il sindacato - di far quadrare i conti pubblici, attraverso la svendita di asset industriali per mere logiche di bilancio. Fincantieri in questi anni si è saputa risollevare, ha saputo mantenere una posizione importante sui mercati internazionali attraverso enormi sacrifici da parte dei suoi dipendenti, oggi la si vuole mettere in vendita solo per far quadrare i conti del Paese e per essere in linea con le direttive di bilancio comunitarie. Come Uilm - ha ricordato l'organizzazione sindacale - abbiamo sempre sostenuto che, Fincantieri doveva essere messa nelle condizioni di mantenere quella competitività che negli anni l'hanno portata a essere leader sui mercati internazionali, questo doveva passare attraverso iniezioni di liquidità e un assetto societario stabile e in grado di garantirne l'italianità. Per queste ragioni come Uilm riteniamo che la quotazione in Borsa sia la strada più percorribile, mantenendo quel 60% di capitale pubblico che può garantirne il suo ruolo strategico all'interno del Sistema Paese; nello stesso tempo siamo anche convinti che i ritorni economici di questa operazione debbano essere indirizzati a incrementarne il capitale sociale, per rendere l'azienda , oggi sana, ancora più forte e in grado di posizionarsi nei confronti del mercato in maniera ancora più importante. Per queste ragioni come Uilm riteniamo che si debba richiedere un incontro urgente al governo per ribadire con forza che non accetteremo privatizzazioni che abbiano il solo scopo di fare cassa e nello stesso tempo di rendere più debole l'azienda; nel contempo sosterremo in tutti i modi l'opportunità di rendere ancora più solida e competitiva Fincantieri».
«Così - è il commento di Fiom-Cgil sul piano di privatizzazioni presentato dal governo - si sta per realizzare l'ennesima svendita dei pezzi tra i più importanti del patrimonio industriale del nostro Paese, finalizzata solo a fare cassa e destinata ad allungare la lista delle disastrose privatizzazioni realizzate in Italia in passato. La situazione economica del Paese, insieme alla necessità e all'urgenza di affrontare concretamente ed arrestare l'emorragia di posti di lavoro, dovrebbero, al contrario - secondo il sindacato - spingere il governo a promuovere scelte di politica industriale utili a generare ed orientare gli investimenti pubblici e privati verso i settori strategici per l'economia stessa». Nello specifico caso di Fincantieri, Fiom-Cgil ritiene che «il governo, invece di svendere, danneggiandola, la principale azienda del settore navalmeccanico, dovrebbe avviare un vero confronto con tutte le organizzazioni sindacali al fine di definire una politica generale della mobilità delle persone e delle cose, in grado di coinvolgere in un vero e proprio polo industriale, tutte le aziende produttrici di mezzi e sistemi di trasporto, che valorizzi e renda utile al Paese il patrimonio produttivo e di professionalità presenti in tali aziende, al fine di salvaguardare l'occupazione presente e crearne nuova, buona e stabile». Fiom-Cgil ha concluso sottolineando di non condividere «una pura logica di privatizzazioni per fare cassa, così come indicata dal governo» e annunciando che «attiverà immediatamente una campagna di assemblee per discutere della questione e decidere con le lavoratrici ed i lavoratori, le opportune azioni per contrastare tali decisioni, a partire da una significativa e visibile partecipazione alle iniziative decise dal Comitato Centrale Fiom per la difesa del lavoro, per una nuova politica industriale, contro le privatizzazioni e i piani di cessione, per i contratti di solidarietà e contro i licenziamenti, che si svolgeranno sui territori e che confluiranno, nelle giornate dell'11 e 12 dicembre, nelle manifestazioni organizzate a Roma fino ad arrivare a Palazzo Chigi».
Secondo Fim Cisl Liguria, «l'opportunità di recuperare risorse attraverso lo smembramento delle aziende nazionali per rifinanziare la Cassa Depositi e Prestiti e l'economia nazionale» costituisce «un grave errore di valutazione». «Auspichiamo - ha spiegato il segretario regionale Tiziano Roncone - una politica del buon senso e del dialogo che affronti veramente i problemi della gestione grandi aziende come Fincantieri, prendendo coscienza del fatto che queste aziende, con i dovuti investimenti e con piani industriali seri, possono essere la vera risorsa e motore per la nostra economia».
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