- Oggi al Parlamento il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi, informando l'assemblea sulle vicende giudiziarie che hanno interessato alcuni dirigenti del suo dicastero e i cantieri delle cosiddette “grandi opere”, ha confermato le proprie dimissioni. «Lascio il governo - ha dichiarato - a testa alta, guardandovi negli occhi, continuerò a fare il mio dovere, come è giusto farlo in Parlamento».
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- Lupi ha sottolineato che le cronache degli ultimi tre giorni che lo riguardano «parlano di quasi due anni di indagine, di migliaia di pagine con i contenuti delle intercettazioni telefoniche e della decisione di non indagarmi perché - ha evidenziato - a fronte di tanto materiale investigativo, i pubblici ministeri - non io, che ben sapevo di non aver commesso nulla di illecito - non hanno ravvisato nulla nella mia condotta che potesse essere perseguito».
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- Il ministro ha spiegato anche i motivi che lo hanno indotto a non rimuovere dall'incarico di capo della struttura tecnica di missione Ercole Incalza, recentemente posto agli arresti nell'ambito di un'inchiesta dei giudici di Firenze su un giro di corruzione nelle grandi opere. Lupi, ricordando che Incalza occupava quell'incarico a seguito di procedura selettiva pubblica e con scadenza il 31 dicembre 2015, ha sostenuto che le ragioni per cui non lo ha rimosso da quel ruolo «risiedono nel fatto che, a seguito di un'approfondita istruttoria della sua posizione e anche su sollecitazioni più volte fatte qui in Parlamento da parte del gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle, ho potuto verificare come Incalza, nei vari procedimenti penali che lo hanno interessato, non ha subito alcuna decisione di condanna, neanche per i casi che si sono conclusi per prescrizione del reato, né alcun procedimento disciplinare sotto la responsabilità dei ministri che mi avevano preceduto. Ritengo questo - ha aggiunto - un elemento oggettivo necessario per una persona che, come me, crede nello Stato di diritto e nella presunzione di innocenza».
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- A seguito delle dimissioni del ministro l'Associazione dei Porti Italiani (Assoporti) e la Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica (Confetra) hanno sottolineato la necessità che prosegua l'iter di riforma della legge in materia portuale e venga definito il nuovo Piano Nazionale della Portualità e della Logistica.
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- Assoporti ha manifestato apprezzamento per il lavoro svolto dal ministro Lupi, ma ha espresso «forte preoccupazione» per l'iter della riforma portuale: «ci auguriamo - ha spiegato il presidente di dell'associazione delle Autorità Portuali italiane, Pasqualino Monti - che non venga vanificato il lavoro svolto per una riforma equilibrata di cui i porti hanno bisogno. È necessario altresì rifuggire sia alle tentazioni che ancora esistono di lasciare tutto com'è, sia di azzerare il lavoro fatto adottando soluzioni traumatiche, al di fuori del percorso di riforma tracciato. Soluzioni che potrebbero deteriorare in modo grave la situazione compromettendo gli sforzi che la portualità italiana sta attuando con successo per il rilancio della competitività dei porti e del Paese».
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- Per il presidente di Confetra, Nereo Marcucci, «alla fine di giornate convulse nel corso delle quali, come rileva lucidamente Michele Serra, avrebbe dovuto prevalere la civiltà giuridica da noi rivendicata (che non prevede l'impunità dei potenti e non prevede l'accanimento forcaiolo) debbono tornare al centro dell'attenzione di tutti, soprattutto del governo, le necessità del Paese. Auspico quindi con forza - ha affermato Marcucci - che il processo di ammodernamento della portualità e della logistica nazionali sia concluso. Il lavoro della commissione di tecnici voluta dal ministro Lupi per attuare la volontà del Parlamento è terminato da tempo. Tradurlo in norme di immediata attuazione - ha concluso il presidente di Confetra - può contribuire alla ripresa economica grazie ad un contesto più favorevole ed alla saturazione dei porti e della logistica del nord Europa».
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