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L'ex amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Italiane, Michele Mario Elia, ha lasciato il gruppo
Il ministro Padoan ha precisato che nella sua audizione di ieri presso le commissioni parlamentari non intendeva esprimere giudizi sulla precedente gestione dell'azienda
13 gennaio 2016
L'ex amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Italiane, Michele Mario Elia, lascia il gruppo. Lo ha annunciato oggi il Board dell'azienda sottolineando che «il consiglio di amministrazione e tutti i colleghi di Ferrovie dello Stato Italiane lo ringraziano per i 40 anni di vita professionale dedicati allo sviluppo del gruppo». Elia, classe 1946, è stato infatti assunto nel 1975 dall'azienda, in cui ha ricoperto diversi incarichi dirigenziali e di vertice tra cui quello di amministratore delegato dal 30 maggio 2014 fino al 26 novembre 2015, quando l'intero Cda di FS Italiane, incluso il presidente Marcello Messori, ha rassegnato le dimissioni.
Il consiglio di amministrazione del gruppo ferroviario italiano ha evidenziato che «Elia è stato attore in prima persona dei grandi cambiamenti organizzativi e delle principali innovazioni tecnologiche che hanno portato il gruppo FS a livelli di solidità ed efficienza tra i più elevati in Italia, in Europa e nel mondo».
Ieri, nel corso di un'audizione presso le commissioni Trasporti della Camera e Lavori pubblici del Senato, programmata per approfondire gli aspetti della privatizzazione del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, il ministro dell'Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, ha espresso critiche alla passata gestione del gruppo, che è ora guidato dalla presidente Gioia Ghezzi e dall'amministratore delegato Renato Mazzoncini. Tuttavia il ministro ha specificato che non intendeva né intende esprimere giudizi sulla precedente gestione dell'azienda, non essendo sua competenza, pur confermando, al tempo stesso, che è vero che il governo ha registrato l'esigenza di un cambiamento di strategia rispetto al passato, per ovviare a una serie di problemi.
Il ministro ha ricordato che la quotazione della società ferroviaria è prevista nei prossimi mesi del 2016 e, sottolineando che FS Italiane, di cui il Ministero dell'Economia e delle Finanze detiene l'intero capitale sociale, è la holding di un grande gruppo industriale, tra i maggiori del Paese, e che si tratta di un'azienda strategica e di una infrastruttura chiave dotata di grandi competenze tecniche e manageriali che fornisce servizi di trasporto o know how tecnico in Europa e in tutto il mondo, ha ribadito che la privatizzazione intende esaltare tali caratteristiche, ponendosi come obiettivi lo sviluppo ulteriore del gruppo, la creazione di un azionariato diffuso popolare e dei dipendenti tra i risparmiatori e il recepimento di risorse finanziarie da destinare alla riduzione del debito pubblico.
Padoan ha confermato che lo schema di decreto prevede la dismissione fino al 40% del capitale di Ferrovie dello Stato Italiane Spa, che potrà essere realizzata anche in più fasi, attraverso un'offerta pubblica di vendita sui mercati finanziari, rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia (inclusi i dipendenti del gruppo) e a investitori istituzionali italiani e internazionali. Il ministro ha ribadito tra l'altro che la proprietà dell'infrastruttura ferroviaria rimarrà pubblica, sottolineando che proprietà e gestione sono aspetti distinti e si possono quindi individuare varie soluzioni. Padoan ha specificato che il governo ha comunque ritenuto che, per la collocazione sul mercato, il modello preferibile fosse, come avvenuto anche per Enel e Poste Italiane, quello della privatizzazione dell'intera holding (sia pure entro la quota del 40%), piuttosto che quello della privatizzazione per segmenti.
Padoan ha inoltre confermato che la collocazione sul mercato non è mirata solo all'ottenimento di introiti, ma a un più generale processo di efficientamento dell'azienda, che si avrà anche attraverso il rilancio di quelle parti della rete e del trasporto ferroviario meno “pregiate” e attualmente in più grave sofferenza ed ha precisato che se questa politica di risanamento fosse già stata avviata, ci sarebbero meno ragioni per la privatizzazione, mentre invece con l'ingresso sul mercato si potranno anche reperire maggiori risorse per attuare gli investimenti richiesti dal settore.
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