- Oggi, in occasione della giornata conclusiva a Cernobbio, sul lago di Como, della quarta edizione del Forum Internazionale di Conftrasporto, la confederazione aderente a Confcommercio, che raggruppa le associazioni del mondo del trasporto, della spedizione e della logistica, ha presentato un focus sui porti realizzato da Conftrasporto su dati Sispi da cui emerge che negli ultimi 20 anni le merci in container movimentate nel Mediterraneo sono aumentate del +500% e che nei porti italiani l'incremento è stato solo del +50%, una differenza che secondo la confederazione è colpa di un sistema frammentato e di una burocrazia pesante, che frenano la crescita dei porti nazionali, molti dei quali hanno piani regolatori vecchi di 60 anni, e soprattutto della carenza di un coordinamento, una cabina di regia a livello nazionale.
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- Il rapporto di Conftrasporto rileva che la distribuzione dei container terminal interessa 13 porti italiani su 57 e che l'attuale capacità teorica di movimentazione dei terminal operativi è di 16,7 milioni di teu, ovvero maggiore di circa il 60% della movimentazione effettiva registrata nel 2017, segno che le potenzialità sono decisamente più alte rispetto al risultato reale, anche se le situazioni sono particolarmente differenziate con terminal saturi in alcuni porti e poco utilizzati in altri.
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- Nel suo rapporto Contrasporto evidenzia che tra i problemi che gravano sulla portualità italiana c'è anche quello delle risorse per i piani operativi triennali delle Autorità di Sistema Portuale (AdSP): «per fare un esempio - spiega la confederazione - a fronte di una programmazione triennale di circa 6,3 miliardi di euro, la copertura finanziaria, in media, risulta di poco superiore a un terzo della spesa prevista. Mancando, poi, ogni forma di coordinamento centrale nella programmazione delle opere, il risultato è una situazione disomogenea, con regole che cambiano da scalo a scalo e un quadro di sistema disarticolato».
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- Il focus sottolinea inoltre che anche i vincoli normativi e le difficoltà operative di alcune Autorità di Sistema Portuale tendono a frenare lo sviluppo delle infrastrutture: «guardando all'avanzamento della spesa dei progetti infrastrutturali dei porti, co-finanziati con i fondi europei - precisa Conftrasporto - si scopre infatti che - a fronte di 60 progetti monitorati su 17 scali (per un costo di 718 milioni di euro) - la percentuale effettiva delle risorse finanziarie utilizzate è ferma al 41,76%. Con procedure diverse potrebbero partire investimenti pubblico-privati per 15 miliardi di euro».
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- Tra le questioni irrisolte che frenano la portualità italiana Conftrasporto include anche quella relativa all'assegnazione in concessione delle banchine e spazi portuali ai privati a causa della mancata emanazione, a quasi un quarto di secolo dalla legge 84 del 1994 su porti, di un regolamento nazionale che avrebbe dovuto normare in maniera uniforme tale nuova facoltà. «Abbiamo, così, assistito - sottolinea la confederazione - al proliferare di situazioni differenziate, con casi di concessioni rilasciate con impegni minimali a carico dei privati, senza garanzie reali per le Autorità Portuali, con criteri di determinazione del canone profondamente variabili da realtà a realtà. È fin troppo evidente che questo ha determinato e determina ancor oggi una distorsione del mercato. A partire dagli anni 2014 e 2105, proprio quando il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si avviava a regolamentare, il tema del rilascio, ma ancor più del rinnovo, è diventato centrale, per l'evidente preoccupazione che una diversa regolamentazione potesse vietare o comunque limitare i rinnovi di concessione».
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- Il rapporto pone anche l'attenzione sulla difficoltà dei porti ad adeguarsi alle nuove sfide portate dal gigantismo navale che ha determinato l'attuale presenza sul mercato di oltre 464 navi portacontenitori di capacità di carico compresa tra 10 e 20mila teu e altre 118 unità di grandi dimensioni che entreranno in circuito entro il 2020. Navi giganti che richiedono fondali più profondi, quindi lavori di escavazione, quindi ulteriori risorse. «Dalla ricognizione effettuata - precisa la confederazione - il fabbisogno complessivo di escavo nei porti italiani è stimabile pari a circa 85 milioni di metri cubi di materiali da dragare, di cui circa 30 milioni urgenti. Tali attività risultano, inoltre, particolarmente gravose in quei porti ricompresi all'interno di Siti di Interesse Nazionale (SIN), aree che necessitano di interventi di bonifica sotto la regia del Ministero dell'Ambiente. Nell'ambito degli 11 porti nazionali rientranti nei SIN, (tra cui Livorno, Piombino, Napoli, Porto Torres, Brindisi, Taranto, Venezia e Trieste) le attività di bonifica sono state completate in quota variabile tra lo 0% e il 20%, al netto di Piombino, attestatosi al 45%».
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- Per dare una risposta adeguata a questi ed altri problemi che gravano sulla competitività della portualità nazionale Conftrasporto ha presentato una serie di proposte alla riforma sulla legislazione in materia portuale introdotta a metà 2016, riforma che due anni fa alcuni ritenevano apprezzabile, altri giudicavano e parziale e insoddisfacente e che altri ancora oggi reputano superata.
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- Secondo Conftrasporto, in primo luogo va ripensata la Conferenza Nazionale di Coordinamento delle Autorità di Sistema Portuale (AdSP) riportandola alla configurazione originaria prevista dalla riforma, ovvero uno strumento concepito per essere la sede preposta a definire la strategia e la programmazione nazionale. Inoltre andrebbe rafforzata la Direzione Porti del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti in modo da poter svolgere non solo il già importante ruolo di vigilanza, ma anche la necessaria azione di armonizzazione nazionale delle procedure delle AdSP.
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- Per Conftrasporto bisognerebbe anche strutturare una task force nazionale tra Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e Ministero dell'Ambiente per fornire supporto alle Autorità di Sistema Portuale ai fini di un'omogenea implementazione nel territorio delle semplificazioni procedurali introdotte per la realizzazione degli escavi portuali. La confederazione ritiene anche auspicabile che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministero dell'Economia diano indicazioni e direttive uniformi ai revisori dei conti, ai fini di una loro omogenea attività di vigilanza sull'attività delle AdSP, dedicando anche una precisa formazione per le specificità dei sistemi portuali.
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- Tra le proposte di Conftrasporto ci sono anche quelle della creazione di un cruscotto di monitoraggio degli aspetti previsionali di medio e lungo periodo e dei piani operativi triennali di tutte le Autorità di Sistema Portuale e della promozione di una maggiore omogeneizzazione delle procedure per la security portuale, affrontando anche il tema della cybersecurity.
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- Secondo la confederazione andrebbe anche coordinato lo sviluppo dei sistemi ITS (Intelligent Transport System) evitando il replicarsi della esperienza dei port community system nati a macchia di leopardo con modelli profondamente differenziati da porto a porto. Inoltre, in questo ambito complessivo della digitalizzazione, si dovrebbe ragionare sulla funzione e sulla missione di Uirnet in chiave futura.
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- Conftrasporto ha proposto di intervenire pure sulle disposizioni relative alle concessioni portuali emanando senza indugio il Regolamento sulle concessioni portuali, previsto dall'articolo 18 della legge 84 del 1994 e - secondo la confederazione - nelle more dell'emanazione, in considerazione del ruolo dell'Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART), sarebbe opportuna una collaborazione tra l'ART e la Direzione Porti del MIT per arrivare ad una rapida armonizzazione del sistema. «Non è tollerabile - denuncia a tal proposito Conftrasporto - la differenza tra porto e porto, anche della medesima Autorità di Sistema, in termini di durata delle concessioni , piani di impresa, importi dei canoni di concessione, differenze che alterano la concorrenza e favoriscono vere forme di speculazione. Sarebbe, in particolare, opportuno - per Conftrasporto - attribuire all'Autorità di Regolazione dei Trasporti ART ruolo e competenze specifiche, non solo rispetto alle nuove concessioni portuali da rilasciare, ma anche rispetto a quelle esistenti ai fini del monitoraggio, del coordinamento e del controllo dell'attuazione dei piani d'impresa. Nell'ambito di tale revisione delle competenze dell'Autorità, andrebbero individuate diverse modalità di finanziamento della stessa , ponendo a carico della collettività una attività regolatoria effettuata a garanzia d superiori interessi pubblici».
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- La confederazione auspica anche una riorganizzazione della governance delle Autorità di Sistema Portuale rilevando che è necessario superare l'ambigua natura giuridica delle AdSP valutando, in primis, la modifica dell'attuale elenco Istat che annovera le Autorità Portuali tra le amministrazioni pubbliche (sezioni Amministrazioni locali). Inoltre per Conftrasporto andrebbero ulteriormente approfonditi e, nel caso dettagliati, gli ambiti applicativi del decreto legislativo 165/2001 in tema di norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. «Ad esempio - precisa la confederazione - l'applicazione del contratto privatistico dei porti ai dipendenti delle AdSP mal si concilia con i vincoli della pubblica amministrazione».
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- Inoltre per Conftrasporto andrebbe complessivamente fatta anche una scelta definitiva e radicale in merito al funzionamento delle AdSP, ed in questo ambito andrebbe prevista la possibilità per il presidente di delegare ai dirigenti alcune competenze e funzioni, e andrebbe estesa la durata del mandato del presidente che dovrebbe essere portato da quattro a cinque anni, in quanto la confederazione ritiene che un anno di differenza possa rappresentare molto rispetto agli obiettivi prefissati.
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- Infine Conftrasporto chiede una rivisitazione della norma sull'Organismo di Partenariato della Risorsa Mare delle AdSP, che secondo la confederazione dovrebbe essere un luogo vissuto dai presidenti delle AdSP come sede di proposta e di ausilio alla programmazione, valorizzando il ruolo delle categorie economiche. Inoltre dovrebbe assorbire le funzioni attribuite alla commissione consultiva.
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- In occasione del Forum odierno è stata presentata anche un'indagine di Conftrasporto-Confcommercio, realizzata in collaborazione con Isfort, sull'impatto del crollo del Ponte Morandi avvenuto a metà agosto a Genova da cui risulta che il danno economico complessivo per le imprese dell'autotrasporto in transito per il nodo di Genova ha superato i 116 milioni di euro, cioè oltre due milioni di euro al giorno.
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- Il crollo del ponte Morandi comporta un allungamento di 120 chilometri per l'attraversamento di Genova da Levante a Ponente e di 70 chilometri in senso inverso, che genera un incremento dei costi pari a 568.500 euro ogni giorno, di cui l'80% a carico delle imprese di trasporto e il 20% delle aziende produttrici che si servono di mezzi propri.
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- Secondo Conftrasporto, l'incremento di un'ora nei tempi medi di percorrenza causata dalla congestione del traffico nel nodo genovese genera un aumento di costi per i circa 4mila camion che entrano ed escono ogni giorno dal porto di Genova pari a 265.200 euro, mentre per i 31.500 veicoli pesanti che attraversano la città il costo aggiuntivo è di 2,08 milioni di euro.
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- Concludendo oggi i lavori del Forum di Cernobbio, il vicepresidente di Confcommercio-Conftrasporto, Paolo Uggè, ha sottolineato che «con una logistica adeguata e trasporti funzionanti il nostro Paese può cambiare il suo ruolo». Nel suo breve intervento Uggè ha rimarcato la necessità di «vivere la situazione attuale nella consapevolezza di ciò che succederà domani» e che «il sistema dei trasporti deve dare una risposta adeguata alle evoluzioni in atto». Da parte sua - ha aggiunto - «Conftrasporto ha deciso di dare una risposta associativa di sistema, perché l'acqua con le mani non si può fermare».
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