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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS | ANNO XVI - Numero 11/98 - NOVEMBRE 1998 |
Porti
I porti della costa statunitense del Pacifico: nulla di nuovo
sul fronte occidentale?
I porti della Costa Occidentale degli Stati Uniti si trovano di
fronte ad una crisi. Man mano che la pressione concorrenziale
costringe verso il basso le tariffe portuali e terminalistiche,
i costi - ed in particolare le spese correlate al personale -
continuano ad aumentare. Come se non bastasse, la produttività
- rispetto a quella canadese ed a quella della Costa Orientale
degli Stati Uniti - è bassa.
"Oggi, le tariffe continuano a calare e la nostra produttività
è bassa. Si tratta della ricetta ideale per un disastro".
Sono parole di Joseph Miniace, presidente e dirigente in capo
della PMA (Associazione Marittima del Pacifico), l'organizzazione
costituita da imprese di stivaggio, linee di navigazione ed altre
imprese di trasporto al fine di negoziare e gestire gli accordi
sul lavoro marittimo con la ILWU (Unione sindacale Marittimi e
Magazzinieri), nell'ambito dei colloqui relativi alle sfide che
attualmente i porti della Costa Occidentale degli Stati Uniti
devono affrontare.
Continua Miniace: "Altri porti hanno sviluppato strategie
di marketing elaborate ed aggressivi uffici vendita allo scopo
di procacciarsi affari; che poi, sono attività sottratte
ai nostri porti. La natura è stata benigna con noi, avendoci
dotato di porti dalle acque profonde e di una relativa vicinanza
alla maggior parte dei partners commerciali statunitensi. Noi,
peraltro, abbiamo perso approssimativamente il 3% della nostra
quota di mercato negli ultimi tre anni a vantaggio della concorrenza
costituita da altri porti. Il tre per cento può anche non
suonare come una cifra cospicua, ma, per un settore che ha sempre
avuto un margine di profitto del 2%, il 3% è un bel po'
di roba. Il nostro vantaggio rappresentato dalle acque profonde
e dal facile accesso alle direttrici di traffico non basta più.
Noi dobbiamo essere competitivi; per competere, bisogna essere
produttivi ed affidabili".
E, agli occhi di molti, questo non è avvenuto negli ultimi
anni. La situazione è stata difficile specialmente nel
1997, in particolar modo nei porti di Long Beach e Los Angeles,
dove - a causa di una combinazione di fermi lavorativi, carenza
di equipaggiamento ferroviario, carenza di personale e problemi
intermodali dovuti alla crisi della Union Pacific Railroad - si
è verificata un notevole congestionamento delle banchine.
Anche se la suddetta combinazione può essere considerata
un avvenimento eccezionale, alcuni dei problemi sono ricorrenti.
Infatti, a luglio di quest'anno si è verificata tutta una
serie di fermi lungo la Costa Occidentale degli Stati Uniti, dato
che due terminals a Portland ed uno a Seattle sono stati chiusi
per 24 ore. Inoltre, otto terminals di Los Angeles e di Long Beach
sono stati chiusi dalla ILWU per cinque ore. La PMA ha dichiarato
che "negli ultimi due anni, la ILWU ha causato più
di 135 chiusure illegali presso i porti della Costa Occidentale,
che sono costate al settore ben oltre 150 milioni di dollari.
I costi finali potrebbero approssimarsi ai 500 milioni di dollari,
dal momento che essi si trasferiscono alle compagnie di navigazione
utenti e di qui ai loro utenti".
La ILWU ritiene di essere stata nel giusto allorquando ha intrapreso
queste iniziative. Un portavoce ha commentato: "Queste ultime
proteste seguono alla decisione della PMA di adire il tribunale
al fine di diffidare i manifestanti che si erano rifiutati di
sciogliere i picchetti davanti alla Neptune Jade, nell'ottobre
del 1997. Noi ci sentiamo quindi autorizzati a portare avanti
la protesta". La PMA non ha citato la ILWU per danni, ma
ha chiesto un'ingiunzione che la costringa ad osservare le decisioni
di un arbitrato, una volta che l'arbitro abbia deciso che la situazione
era illegale.
Oltre agli scioperi, molti ritengono che anche i costi elevati,
in relazione a quelli di altri concorrenti, costituiscano un fattore
negativo. Naturalmente, gli investimenti in nuovi terminals e
nuove infrastrutture necessari a movimentare i volumi in continua
crescita rappresentano un importante fattore, ma lo è pure
il livello dei salari. In occasione delle ultime trattative contrattuali
nel 1997, gli stipendi medi dei lavoratori portuali sono aumentati
del 7% sino a 96.865 dollari USA, mentre i salari degli impiegati
sono aumentati dell'8,2% sino a 113.808 dollari. Al fine di fornire
un metro di paragone, si tenga presente che l'introito medio di
una famiglia dello stato di Washington, in cui si trovano i porti
di Seattle e Tacoma, è pari ad approssimativamente 36.000
dollari USA all'anno. Tuttavia, nel 1997 i ricavi portuali provenienti
dal tonnellaggio containerizzato sono aumentati solamente del
4,1%. Ci si aspetta che la crescita dei ricavi resti bassa nei
prossimi anni, e peraltro la ILWU è intenzionata a negoziare
nuovamente significativi aumenti allorquando - a luglio del 1999
- scadrà l'attuale contratto.
Tutto ciò è in assoluto contrasto con la Costa
Orientale statunitense, laddove l'Associazione Marittima di New
York (un organismo simile alla PMA) e la ILA (Associazione Marittima
Internazionale), controparte della ILWU, hanno annunciato di avere
stimato diverse riduzioni di tonnellaggio nel corso del 1998.
Questa iniziativa è considerata come un riconoscimento
dei cambiamenti richiesti alle esigenze del personale allo scopo
di conservare la competitività dei porti. Anche gli aumenti
salariali sono stati tenuti fermi, a norma dell'ultimo accordo
quinquennale stipulato del 1996.
Detto ciò, qual è la situazione attuale dei porti
della Costa Occidentale degli Stati Uniti? In termini di volumi
movimentati, essi sono ancora in una salda posizione. I volumi
containerizzati complessivi nella prima metà del 1998 sono
stati superiori del 3,9%, per 4.049.352 TEU, rispetto al corrispondente
periodo del 1997. La crisi asiatica ha, naturalmente, avuto un
notevole impatto, dato che le importazioni sono aumentate del
18% mentre le esportazioni statunitensi sono calate dell'11%.
Los Angeles e Long Beach, malgrado i problemi cui hanno dovuto
far fronte nel 1997, hanno continuato a crescere, ma i porti del
Pacifico nord-occidentale di Portland, Seattle e Tacoma hanno
tutti quanti visto diminuire i propri traffici.
Si tratta di un segnale che i carichi stanno dirottando verso
il Canada? La risposta sembrerebbe essere affermativa. Miniace
sottolinea che la porzione dei carichi containerizzati statunitensi
dei porti della Costa Occidentale è calata stabilmente
dal 53% al 50% negli ultimi quattro anni; l'ultima ondata di scioperi,
poi, non ha certo contribuito alla causa. Diverse navi sono state
dirottate dai porti della Costa Occidentale U.S.A. a luglio di
quest'anno. Il vettore giapponese K-Line ha spostato la Seto
Bridge da 3.456 TEU presso l'infrastruttura per containers
Deltaport di Vancouver, nella British Columbia (Canada), al fine
di scaricare 440 TEU, gran parte dei quali destinati a Chicago.
TABELLA 1 |
RISULTATI RELATIVI AI CONTAINERS NEI PRIMI SEI MESI DEL 1997 E 1998
DEI PORTI DELLA COSTA OCCIDENTALE DEGLI STATI UNITI
|
Porto | TEU scaricati gen-giu 1997
| TEU scaricati gen-giu 1998
| camb.to %
| TEU caricati gen-giu 1997
| TEU caricati gen-giu 1998
| camb.to %
| Totale TEU gen-giu 1997
| Totale TEU gen-giu 1998
| camb.to %
|
Long Beach | 812409
| 968109 | 19,2
| 518270 | 449195
| -13,3 | 1330679
| 1417304 | 6,5
|
Los Angeles |
674815 | 814124
| 20,6 | 438929
| 392594 | -10,6
| 1113744 | 1206718
| 8,3 |
Oakland | 157402
| 175601 | 11,6
| 335073 | 321844
| - 3,9 | 492475
| 497445 | 1
|
Portland | 13995
| 15423 | 10,2
| 89600 | 80155
| -10,5 | 103595
| 95578 | - 7,7
|
Seattle | 193137
| 229158 | 18,7
| 278461 | 220978
| - 20,6 | 471598
| 450136 | - 4,6
|
Tacoma | 145662
| 157371 | 8
| 216266 | 198788
| - 8,1 | 361928
| 356159 | -1,6
|
Altri porti |
17801 | 18159
| 2 | 6662
| 7853 | 17,9
| 24463 | 26012
| 6,3 |
Totale | 2015221
| 2377945 | 18
| 1883261 | 1671407
| -11,2 | 3898482
| 4049352 | 3,9
|
Fonte: Associazione Marittima del Pacifico
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Norman Stark, dirigente in capo della Vancouver Port Corporation,
ha commentato: "Questo è il primo colpo messo a segno
da Vancouver. Ciò rappresenta il più grosso dirottamento
singolo di contenitori diretti negli Stati Uniti della storia
del nostro porto. Le infrastrutture containerizzate di Vancouver
e le due ferrovie transcontinentali del Canada offrono la capacità
e l'idoneità atte a sfidare le tradizionali direttrici
intermodali dalla costa occidentale al Mid-West statunitense ed
oltre. Qualcosa come 440 TEU sono stati caricati su convogli della
Canadian Pacific Railway; di essi, 390 TEU erano destinati a Chicago,
mentre gli altri 50 erano diretti nel Canada orientale. Le operazioni
di carico sui treni sono state ultimate entro 11 ore dall'arrivo
della nave ed i boxes sono arrivati a Chicago in 75 ore. Questi
numeri mostrano che Vancouver costituisce una opzione veramente
competitiva per le linee di navigazione".
C'è tempo per fare qualcosa alla svelta? Miniace pensa
di sì: "La concorrenza non permette inefficienze.
La prima cosa che dobbiamo fare è quella di strutturare
una squadra della costa occidentale. Se programmiamo di conservare
e realizzare una nostra quota di mercato, la ILWU e la PMA devono
lavorare assieme in squadra. Quando lo faremo, costituiremo una
squadra formidabile. Per comprovare il mio punto di vista, si
guardi a come ci siamo mobilitati per far fronte al fiasco della
Union Pacific. La PMA e la ILWU hanno agito rapidamente di concerto
allo scopo di istituire un programma di addestramento per avventizi
che ha generato 1.000 nuovi lavoratori, i quali sono gli avventizi
meglio addestrati nel settore. La PMA e la ILWU hanno inoltre
congiunto le proprie forze al fine di indurre lavoratori portuali
esperti a trasferirsi da altri porti a Los Angeles ed a Long Beach
al fine di contribuire al soddisfacimento della domanda di lavoro.
Il che ha provato ai nostri clienti che la PMA e la ILWU sono
in grado di lavorare insieme allo scopo di risolvere i problemi
e di creare una forza-lavoro stabile, affidabile e produttiva".
Ciò di per se stesso è stato un passo importante
e Miniace vorrebbe che continuasse. Tornando al discorso della
minaccia apportata dalla concorrenza, ha poi dichiarato: "Il
settore è in fase di cambiamento e noi abbiamo l'esigenza
di tenere il ritmo, pena l'esclusione dal giro d'affari".
Il potere che la ILWU esercita sul settore è immenso,
alcuni dicono in modo dannoso, ma la PMA - a suo dire - non sta
cercando di far sì che avvengano dei cambiamenti al riguardo.
Miniace ha commentato: "Non sto suggerendo che la ILWU debba
perdere il proprio ruolo nel nostro settore. Come ho detto prima,
io credo in una forte unione e credo anche che si debbano pagare
buoni salari".
Due sono i principali cambiamenti che alla PMA piacerebbe avvenissero.
In primo luogo, il sistema di comunicazione della ILWU. Secondo
il sistema attuale, che - come informa la PMA - è in uso
presso la ILWU sin dal 1934, la destinazione ad un terminal viene
comunicata il giorno stesso del lavoro da compiere. Miniace ha
dichiarato: "I datori di lavoro non sanno mai chi andrà
presso la propria postazione giorno per giorno. Abbiamo una forza-lavoro
che ogni giorno si sposta da una località all'altra e sa
solo all'ultimo momento quale lavoro andrà a fare".
Questa prassi - ha aggiunto - spesso richiede così tanto
tempo che i portuali sovente arrivano al loro posto con un'ora
di ritardo. Come si poteva prevedere, la ILWU nega che questo
avvenga tutti i giorni.
L'altra importante sfida che la ILWU si trova a dover affrontare
è il progresso della tecnologia. L'accettazione di questo
fatto, a giudizio di Miniace, dovrà costituire l'oggetto
delle prossime collaborazioni tra la PMA e la ILWU: "L'informatizzazione
rappresenta la rivoluzione di oggi e può cagionare uno
sbalzo di produttività nonché un drammatico cambiamento
quanto alle modalità in cui la nostra attività viene
condotta".
Un portavoce della ILWU ha espresso la propria consapevolezza
in ordine alle problematiche commerciali coinvolte ed all'esigenza
di venire incontro alla tecnologia. Infatti, essi affermano che
il proprio atteggiamento in questa direzione è in linea
con quello della PMA. Tuttavia, il problema è che entrambe
le parti, a prima vista, sembrano concordare sui principi fondamentali
a ciò inerenti, vale a dire che un cambiamento è
necessario al fine di migliorare la produttività e battere
la concorrenza di altri porti e di altre opportunità di
instradamento; tuttavia, al momento attuale, sembra esserci un
mare a frapporsi tra i due diversi modi di concepire come ciò
vada fatto. L'ultima parola spetta a Miniace: "I cambiamenti
fanno paura. La gente era impaurita 40 anni fa, quando arrivò
la containerizzazione, ed oggi è spaventata dalla informatizzazione.
D'altro canto, noi non possiamo permettere che il timore ci impedisca
di continuare ciò che i pionieri del moderno settore marittimo
hanno iniziato".
(da: Containerisation International, ottobre 1998)
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