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GENOVA, ACCORDO SUI CANONI DEMANIALI FRA AUTORITA' PORTUALE E TERMINALISTI
I terminal operators soddisfatti dei termini dell'intesa, che precede quanto verrà stabilito dal regolamento dell'articolo 18 della legge 84/94
29 novembre 1996
Autorità Portuale di Genova e terminalisti si sono accordati per la determinazione dei canoni di concessione. Esisteva una situazione di disomogeneità fra i vari terminalisti, che aveva dato luogo a un contenzioso quasi generale: su una proposta dell'Autorità Portuale, oggetto di successivi approfondimenti effettuati con l'apporto dei terminalisti, è stato perfezionato un accordo che il presidente Giuliano Gallanti ha definito "uno degli atti più significativi della vita portuale di quest'anno, insieme con la concessione del terminal multipurpose e con la definizione del piano triennale portuale". Il presidente ha accennato anche ad un sacrificio economico del bilancio dell'ente portuale di circa 10 miliardi di lire annui, che verrà compensato con minori spese per il personale in seguito alla prossima tornata di esodi.
I terminalisti si sono unanimemente dichiarati soddisfatti: Vaccino (VTE): "Genova, ancora una volta, è stato il primo porto italiano a definire con precisione la materia e servirà da guida per la redazione del regolamento relativo all'articolo 18 della legge di riforma". Musso (Genoa Terminal): "Termina la prima fase della privatizzazione del porto, quella 'eroica'; ora si passa allo sviluppo del nuovo assetto portuale. Genova è avanti anni luce rispetto agli altri porti nazionali". Cortesi (Terminal Rinfuse): "Accettiamo la sfida di altri porti, dove alcuni terminalisti non pagano canone (Venezia). Ma Genova ora ha le carte in regola per chiedere che a livello nazionale i porti applichino le stesse regole". Clerici (Terminal Frutta): "Il documento conclusivo dell'accordo è una prova di coerenza fra Autorità Portuale e terminalisti, ma anche dei terminalisti fra di loro".
L'accordo, ha detto Alessandro Carena, direttore amministrativo dell'Autorità Portuale nel corso di una conferenza stampa che ha preceduto la riunione del Comitato che ha approvato l'accordo, riguarda le imprese terminaliste come sono definite nell'articolo 18 della legge 84/94 e contempla i beni (banchine), non gli impianti, per i quali vi sarà una successiva cessione ai terminalisti (per i terminal VTE e Messina sono già state definite le condizioni di vendita). E' stato fissato un valore teorico di riferimento di 200.000 lire il metro quadrato riconducibile a un terminal container di nuova costruzione (il terminal VTE di Voltri), al quale si applicano sei parametri correttivi per ciascuno dei quali sono previsti coefficienti compresi fra 0,8 e 1 per rimodulare il valore massimo di riferimento in funzione delle effettive caratteristiche dei vari terminal. I parametri correttivi riguardano:
la destinazione merceologica prevalente (tre settori: container e ro-ro; merce varia e traffico specializzati; rinfuse e passeggeri);
lo stato di conservazione dei beni;
lo stato di accessibilità al terminal (collegamenti esclusivi o comuni);
i pescaggi a ciglio banchina;
i limiti di "tetto aereo" imposti dalla vicinanza all'aeroporto (gru di banchina troppo alte ad esempio possono costituire un ostacolo virtuale nella fase di atterraggio degli aerei);
le servitù a favore di terzi (alcune situazioni di promiscuità, come quelle che esistono nell'area portuale di Sampierdarena, possono causare disservizi).
Il valore delle aree concesse viene quindi calcolato moltiplicando il numero dei metri quadrati per la cifra ottenuta applicando i coefficienti idonei a rappresentare la realtà dei diversi terminal al valore massimo di riferimento che è, come detto, di 200.000 lire il metro quadrato. Il canone relativo viene quindi calcolato sulla base di un saggio d'interesse fissato al 5 % (più eventuale canone del 2 % per i manufatti che insistano sulle aree del terminal). Il canone così ottenuto verrà adeguato annualmente secondo l'indice Istat operai e impiegati relativo ai dodici mesi precedenti.
Gli investimenti infrastrutturali effettuati dal terminalista daranno luogo ad una deduzione del canone di una cifra pari al 5 % della somma investita, però con possibile rivalutazione del canone originario per il maggior valore assunto dall'area (rivalutazione mai superiore al 50 % della deduzione ammessa).
Con questa regolamentazione che precede quanto verrà disposto dal regolamento dell'articolo 18 della legge 84/94, il porto di Genova potrebbe e dovrebbe dettare legge in materia di canoni. Il segretario generale dell'Autorità Portuale, Fabio Capocaccia, ha detto che le trattative che hanno preceduto l'accordo sono state valutate anche in sede Assoporti, potendo esse costituire validamente l'impalcatura di una regolamentazione da adottare per tutti gli altri porti nazionali, ma non sono stati individuati i presupposti per rendere l'accordo genovese una base di discussione generale. Rimangono pertanto i forti squilibri tra i canoni a carico dei terminalisti genovesi e quelli che gravano sulle strutture terminalitiche degli altri porti. Esistono casi eclatanti: il terminal rinfuse di Genova, sottoposto ad un canone da corrispondere all'Autorità Portuale, deve subire la concorrenza di una simile struttura del porto di Venezia, che sfugge a qualsiasi gravame finanziario relativo all'affitto delle strutture portuali. E non è l'unico caso. La bozza dell'accordo concluso a Genova comunque è stata inviata al ministero dei Trasporti e della Navigazione.
Per quanto riguarda i canoni pregressi per i quali era stato instaurato un contenzioso fra Autorità Portuale e terminalisti, i relativi valori verranno concordati in un secondo tempo.
L'Autorità Portuale in questi giorni ha anche concordato con i riparatori navali una regolamentazionedell'intero comparto industriale che prevede la definizione del settore come "distretto industriale" con particolari provvedimenti dell'AP su viabilità, accessi, autorizzazioni, accosti, vigilanza, fruibilità degli spazi, con diretto concorso dei concessionari ai costi comuni sostenuti dall'Autorità Portuale.
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