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Vi sono casi in cui le autorità cinesi non hanno rispettato le regole di un comportamento civile nei riguardi di navi ed equipaggi nei loro porti, tanto che il Baltic and International Maritime Council (BIMCO) e l'International Maritime Bureau (IMB) dell'International Chamber of Commerce (ICC) sono intervenuti per conto dell'industria marittima nei confronti del governo cinese. Sono infatti accaduti episodi, in cui sono stati coinvolti il Chinese Public Security Bureau, le autorità portuali, la polizia e la Marina cinesi, che hanno indotto i due organismi internazionali marittimi ad intervenire.
La nave portacontainer Vosa Carrier è un esempio eclatante della situazione. Attaccata dai pirati l'11 ottobre scorso, venne scortata nel porto di Hui Lai e qui al comandante e all'equipaggio venne estorta la confessione di aver effettuato contrabbando. Venne così confiscato il carico, del valore di due milioni e mezzo di dollari.
Un'altra portacontainer, la Asian Friendship, il 28 novembre scorso fu trattenuta per otto ore mentre i rappresentanti dell'autorità portuale di Guangdong, dopo l'esame dei documenti di bordo, le imposero di partire per Shanwei.
Peggior sorte toccò alla Anna Sierra, che fu abbordata dai pirati nel golfo di Tailandia. Dopo aver mandato l'equipaggio alla deriva su alcune zattere, i pirati salparono per il porto di Bei Hei, dove la nave è rimasta per tre anni. Nonostante i pirati siano stati rimpatriati, le autorità cinesi chiedono ora 400.000 dollari per rendere la nave all'armatore.
Altri casi riguardano la Petro Ranger e la Tropicana.
Questi fatti hanno spinto il BIMCO e l'IMB ad inoltrare la protesta e a chiedere al governo di Pechino un intervento per l'identificazione dei responsabili di questi episodi, veri atti di pirateria, e affinché vengano prese misure perché incidenti del genere non si ripetano. |
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